Maceo
Giacomo Balla
Fortunato Depero
Enrico Prampolini
Mario Sironi
Adolfo Wildt
Duilio Cambellotti
Lucio Fontana
Leonetto Cappiello
Marcello Dudovich
Gino Boccasile
Erberto Carboni
Bruno Munari
Alessandra Imbellone
Anna Villari
"Maceo. Anni romani. 1934-1943". Il percorso espositivo e' focalizzato su un perido cruciale nel suo percorso artistico e personale e propone complessivamente una novantina di opere e una decina di tele di altri protagonisti della pittura romana dello stesso periodo: da Monachesi a Surdi, da Ghiglia a Calandi, da Rivaroli a Cespa. "Un ventennio di manifesti. L'arte della pubblicita'. Il manifesto italiano e le avanguardie. 1920-1940" presenta la collezione di Massimo & Sonia Cirulli Archive, la piu' importante e piu' ampia raccolta privata di manifesti storici oggi esistente in Italia. Il percorso si articola in 5 sezioni con quasi 200 opere di oltre 60 autori.
Maceo. Anni romani. 1934 - 1943
a cura di Alessandra Imbellone
Ai Musei San Domenico viene presentata al pubblico, in anteprima, l’intero nucleo di dipinti di Maceo Casadei, in arte Maceo, realizzati dal 1934 al 1943 e acquistati negli anni ’50 da una importante galleria romana e da allora custoditi nel caveau della galleria stessa e mai esibiti o posti sul mercato. I dipinti, registrati in una lista tuttora esistente, provenivano tutti dallo studio romano dell’artista, com’è confermato dall’iscrizione che compare su molte delle opere: “Via dello Statuto 58”, l’indirizzo dell’atelier di Maceo.
Trascorso mezzo secolo dall’acquisto, questo importantissimo corpus di opere è tornato sul mercato e 22 dipinti sono stati recentemente acquisiti dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, che ha deciso di esporli nella mostra monografica che i Musei della città dedicano al maestro, scomparso nel 1992. La mostra è focalizzata sugli anni romani di Maceo, quelli del decennio tra il 1934 e il 1943, anni cruciali nel suo percorso artistico e personale. Propone complessivamente una novantina di opere di Maceo (il corpus oggi tornato alla luce è messo a confronto con una attenta selezione di opere del maestro dello stesso periodo e ambito) e una decina di tele di altri protagonisti della pittura romana dello stesso periodo: da Monachesi a Surdi, da Ghiglia a Calandi, da Rivaroli a Cespa.
Nuove ricerche condotte a Roma e nell’archivio personale di Maceo hanno consentito di acquisire importanti documenti che consentono di definire con precisione i diversi contorni delle vicende romane dell’artista e di focalizzare la mostra attorno a quattro sezione: le vedute urbane; il nudo femminile, le nature morte e la guerra. Sì, la guerra. Soggetto di molte di queste opere è la guerra. Maceo del resto conosceva bene e molto da vicino la realtà del secondo conflitto e gli anni che lo precedettero. Nel 1934, trasferendosi a Roma con la famiglia , accetta l’assunzione all’Istituto Nazionale Luce di Roma come disegnatore e pittore nel reparto trucchi cinematografici. Durante la guerra, dal 1941 al ’43, opera come reporter al fronte, scattando migliaia di fotografie ed eseguendo oltre quattrocento ‘impressioni’ di guerra, alcune delle quali, nel 1942, vengono esposte alla Galleria Il Milione di Milano.
La mostra documenta la sua partecipazione a numerose esposizioni romane, assieme ai grandi artisti dell’epoca, e tre grandi esposizioni personali a Roma e una a Milano del tutto dimenticate. In quel fatidico decennio fu anche progettista, per conto dell’ente romano, di numerosi padiglioni fieristici. Nel 1937, due sue opere vengono acquistate dal Ministero dell’Educazione Nazionale ed esposte alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. A questo intenso e fecondo periodo della sua carriera artistica risalgono inoltre la sua collaborazione, come cartellonista, con Balla e Sironi, e i suoi contatti con Mafai. La sua pittura, di impronta figurativa, assume nelle opere di questo decennio una straordinaria forza lirica ed una capacità evocativa che risente, nella originalità dell’espressione pittorica, della sua quotidiana pratica con la ricerca fotografica e cinematografica.
La mostra, promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, è diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Alessandra Imbellone. Gli altri contributi sono di Giulio Zavatta, Alessandra Bigi Iotti, Giordano Viroli e Rosanna Ricci. La stessa Imbellone ha condotto, in vista dell’esposizione forlivese, ricerche nell’archivio personale di Maceo, acquisendo importanti documenti che consentono di definire con precisione i diversi contorni delle vicende romane dell’artista, vicende che fanno da sfondo alle opere esposte nella mostra.
Maceo (Forlì, 1899 – 1992) inizia a dipingere giovanissimo nello studio del pittore forlivese Giovanni Marchini. Nel 1912 emigra con la famiglia in Francia, stabilendosi a Lione dove studia presso l’Accademia libera di nudo. Qui frequenta l’artista concittadino Pietro Angelini. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale come mitragliere reggimentale in Trentino, fa ritorno a Lione, da dove poco tempo più tardi rientra in Romagna per dedicarsi attivamente alla pittura. Le ristrettezze economiche lo obbligano ad operare anche come ritoccatore fotografico. Nel periodo compreso tra gli anni Venti e Trenta esegue scene teatrali, ornati e fregi murali. E’ del 1934 il trasferimento nella Capitale e, con l’assunzione all’Istituto Nazionale Luce, l’inizio della sua esperienza romana che proseguirà sino al ’43.
Tra il 1946 ed il 1947 è a Venezia dove frequenta Filippo de Pisis. Dall’inizio degli anni Cinquanta opera assiduamente a Forlì, svolgendo anche un’intensa attività di promozione culturale nel campo delle arti visive. Durante frequenti soggiorni in Francia, esegue dipinti ed acquerelli ispirati in particolare al paesaggio urbano parigino ed alla campagna lionese. Nel 1959 realizza una delle sue maggiori opere decorative nella chiesa dei Servi di Maria a Roma. Nel 1968 dona alla Pinacoteca comunale di Forlì un’ingente raccolta di sue opere.
Dalla iniziale lezione marchiniana al vago impressionismo degli artisti lionesi, Maceo Casadei va considerato tra i principali continuatori della tradizione figurativa ottocentesca in ambito romagnolo, vibrante ed arioso nelle sue scene paesaggistiche, tonale e lirico nelle composizioni d’interno e nelle immagini di figura.
Mostra promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione con il Comune di Forlì e i Musei San Domenico, a cura di Alessandra Imbellone e coordinata da Gianfranco Brunelli.
Catalogo a cura di Alessandra Imbellone, edito da Silvana Editoriale.
Curatori dell’allestimento sono gli Studi Wilmotte et Associes di Parigi e Lucchi & Biserni di Forlì.
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UN VENTENNIO DI MANIFESTI. L’arte della pubblicità. Il manifesto italiano e le avanguardie. 1920-1940
A Forlì, negli ampi e solenni ambienti dei Musei San Domenico, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì propone la più ampia esposizione sino ad oggi allestita riguardante un momento assolutamente fatidico della storia della comunicazione italiana, quello che intercorre tra gli anni venti e il 1940. Sono gli anni dell’ascesa al potere del Fascismo, della crescita dell’ industrializzazione, della creazione e sviluppo dei nuovi miti, primo fra tutti quello di una Italia grande e moderna.
La scelta di questo tema non è casuale: Forlì fu infatti oggetto di importanti interventi urbanistici ed architettonici durante il Ventennio, come testimoniano alcuni importanti edifici pubblici che si affacciano sulle principali arterie cittadine: la Stazione ferroviaria, la Casa del Balilla (v.le della Stazione), il Collegio aeronautico “Bruno Mussolini” (p.le della Vittoria), il Palazzo delle Poste (p.zza Saffi), la Casa del Mutilato (v. Maroncelli), oggi integrati e rifunzionalizzati nell’attuale tessuto urbano.
La mostra diventa quindi occasione per riflettere su un momento storico che, urbanisticamente, connotò la città e di cui rimangono testimonianze importanti.
Il materiale esposto proviene dal Massimo & Sonia Cirulli Archive (con sedi a New York e Bologna), la più importante e più ampia collezione privata di manifesti storici oggi esistente in Italia.
Anche se il soggetto principale dell’esposizione è rappresentato dai manifesti, protagonisti indiscussi, la mostra si propone di approfondire altri ambiti e temi della comunicazione proponendo opere di scultura e pittura, bozzetti originali, modelli legati alla produzione industriale e alla celebrazione patria e diversa documentazione di grande interesse, come la raccolta di 27 figurazioni grafiche di Bruno Munari per “il Cantastorie di Campari” o i disegni di Adolfo Wildt per l’Opera nazionale Orfani di Guerra.
Cinque le ricche sezioni in cui si articola la mostra (quasi 200 le opere esposte e oltre sessanta gli autori).
Si prende avvio da quella intitolata “Richiami classici e nuovi modelli, la donna e l’uomo moderni” con opere di Cambellotti, Cappiello, Dudovich, e di altri protagonisti del cartellonismo nazionale. La “meccanizzazione e il gioco della figura umana” sono indagate attraverso una spettacolare sequenza di opere tra cui spiccano i manifesti di Boccasile, Fortunato Depero, Federico Seneca, Atla. Un tema su cui si giocò l’immagine del Paese fu quello della “Velocità” con manifesti che celebravano le gradi imprese automobilistiche e aeronautiche; tra gli autori, Carla Albani, rara cartellonista donna, e Lucio Fontana. Direttamente collegato al precedente, è il tema del “Volo”, con modellini originali di aereo, un arazzo di Balla dedicato agli aereomobili, manifesti di Umberto Di Lazzaro e Luigi Martinati. Due sezioni di approfondimento sono riservate alle pubblicazioni editoriali celebrative d’epoca e ai bozzetti, questi ultimi non solo di manifesti ma di monumenti e altri materiali destinati a comunicare o tramandare il Regime e le “Italiche Virtù”. Tra i molti documenti, opere rare o uniche firmate da Thayaht, Ram, Sepo, Calzavara, Depero, Masoero e Bruno Munari.
La sezione conclusiva è riservata alla “Astrazione della forma” con manifesti e opere di Bertelli (celebre il suo Mussolini in bronzo), Chelini, Carboni, Mondani, Pluto e, ancora, Boccasile, Sironi, Depero, Balla…
Ecco come Anna Villari, curatrice della mostra, introduce alla mostra stessa:
“Tra la fine della prima Guerra Mondiale e l’inizio della seconda, in bilico tra le certezze, le conquiste e gli entusiasmi della modernità e le crisi e gli errori della politica, l’Italia ha conosciuto nel campo delle arti una delle sue più fervide stagioni creative.
Si tratta di due decenni dominati in tutta Europa e in America dalle sperimentazioni delle avanguardie, in una varietà di linguaggi e di soluzioni che per la pria volta vanno incontro alle nuove esigenze della comunicazione di massa, della propaganda, della diffusione del mercato, di una unificazione, insomma, del vivere e del gusto.
Il manifesto assume in questo quadro un ruolo preponderante, divenendo il veicolo principale – e prediletto sia dagli imprenditori che dal pubblico - di una nuova immagine dell’Italia, che si vuole dinamica, veloce, arguta o, nel caso della grafica di propaganda, sicura e assertiva.
Un’Italia comunque “moderna”, infatti capace, anche nel confronto con i altri paesi occidentali, di un linguaggio figurativo audace e sperimentale.
Campo di ricerca per i più grandi artisti del nostro Novecento – dai futuristi Balla, Depero, Tato e Prampolini a Sironi, padre del monumentalismo e del muralismo, ad Adolfo Wildt, Duilio Cambellotti, Lucio Fontana – il mondo del manifesto pubblicitario ha visto concentrarsi negli anni ’20 e ’30 di talenti riconosciuti in tutto il mondo: Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Diulgheroff, Gino Boccasile, Erberto Carboni, Bruno Munari, Sepo, Seneca, insieme a molti altri, autori di prove grafiche ancora oggi sorprendenti per l’essenzialità del segno, gli arditi accostamenti cromatici, la varietà dei caratteri grafici.
A dialogare con i manifesti, che sono anche testimonianza storica concreta dello sviluppo della grande industria italiana – Fiat, Campari, Olivetti tra le altre – è esposta una sezione di sculture, bozzetti, riviste, fotografie, libri illustrati dell’epoca, grazie ai quali si rende ancora più evidente il continuo trasmigrare di idee e soluzioni da un campo all’altro delle arti, e l’eccezionale forza simbolica, comunicativa e globale del segno novecentesco”.
Mostra promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, in collaborazione con il Comune di Forlì e i Musei San Domenico, a cura di Anna Villari, Massimo e Sonia Cirulli, coordinata da Gianfranco Brunelli.
Catalogo a cura di Anna Villari, edito da Silvana Editoriale.
Curatori dell’allestimento sono gli Studi Wilmotte et Associes di Parigi e Lucchi & Biserni di Forlì.
Ufficio Stampa:
Studio Esseci – Sergio Campagnolo
tel. 049.663499 info@studioesseci.net; http://www.studioesseci.net
Inaugurazione e vernice per la Stampa: sabato 20 settembre alle ore 11.30, presso la Sala del Refettorio dei Musei San Domenico (p.zza Guido da Montefeltro, 12)
Complesso Museale San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro, 10 - Forli'
Orario: dal martedì al venerdì 9.30-13.00 / 15.00-17.30 sab. e dom. 10.00-18.00
lunedì chiuso. La biglietteria chiude un’ora prima.
Ingresso ai Musei, alla mostra “Maceo. Anni romani 1934-1943” e alla contestuale mostra “L’arte della pubblicità. Il manifesto italiano e le avanguardie”:
Intero 6 €; ridotto 4 € per gruppi superiori alle 15 unità, minori di 18 e maggiori di 65, titolari di apposite convenzioni, studenti universitari, disabili.
Gratuito per scolaresche (primarie e secondarie), bambini fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, accompagnatore disabile, due accompagnatori per scolaresca, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino.