Pandemie. L'artista presenta un percorso di pittura e scultura che si sviluppa tra le sale seicentesche della galleria come un racconto, fatto di immagini, volumi e pause. Al centro c'e' il corpo, trasformato in simulacro e luogo di una continua riflessione sulla vita in divenire. A cura di Olga Gambari.
a cura di Olga Gambari
La galleria Allegretti riapre la stagione con una personale di Nicola
Samorì, dal titolo "Pandemie", a cura di Olga Gambari. Il giovane
artista presenta un percorso di pittura e scultura che si sviluppa
tra le sale seicentesche della galleria come un racconto, fatto di
immagini, volumi e pause.
Per l'artista, nato a Forlì nel 1977, questa personale rappresenta
un esperimento di dialogo tra la pittura e la scultura, per lui
linguaggi e forme osmotiche da sempre. Al centro c'è il corpo, luogo
di una continua riflessione sulla vita in divenire.
Samorì trasforma il corpo in simulacro, realizza calchi dal reale
per poi allontanarsene il più possibile, rinnegando il dato verista
e non rendendolo riconoscibile, in un assemblaggio di parti
frammentate e poi ricomposte.
Le tecniche della scultura, della grafica, della fotografia e della
calcografia si sovrappongono in un'idea espansa e sperimentale di
"pittura", del tutto sovvertite però, tra materiali diversi,
inserti, strappi, reazioni chimiche, colature, incollature,
pennellate.
Busti, figure acefale, braccia, gambe, mani, piedi e teste, che
vivono sia come sculture originali, sia come transustanziazioni
pittoriche.
La loro è una fisiognomica meravigliosa e inquietante; sono
antiritratti fatti di lineamenti deformati e dissolti, non umani, o
non più, in cui confluiscono stilemi della statuaria egizia, etrusca
e assira, innesti di immaginari alieni. Appaiono come figure
fantasmatiche, che si originano da impronte del cranio e del volto,
con inserti di calchi epidermici anche di altre parti del corpo.
Le composizioni del corpo vinto e stravolto vengono trattate, in un
secondo momento, agendo sull'aspetto epidermico della pittura.
Corrosioni, ossidazioni, combustioni, applicazioni di acetati, e poi
carte passate al torchio, carte sporcate, cancellate, bollite. Tutti
elementi con cui si deve misurare la pittura a olio, abbinata anche a
colle, inchiostri, terre, polveri.
Tutto si stratifica su tavole, fogli di alluminio e rame, tele.
Questo attuare mutilazioni, incisioni e corrosioni profonde viola il
concetto classico di Bellezza. L'artista ne infrange e contamina
l'integrità, l'algida perfezione, liberando il potenziale di essere
e manifestarsi dell'essere umano, non più imbrigliato nella
tradizione della storia dell'arte.
È come se l'artista instillasse un virus che pian piano corrompe
tessuti e forme, in unna pandemia inarrestabile.
Eppure, dopo questa distruzione dolorosa e drammatica, il corpo fatto
a pezzi viene accolto e curato dalla pittura stessa. Le membra sfatte
e vinte sono ricomposte con pietas.
L'artista ci porta nella sua wunderkammer, che è insieme luogo
sacro, quadreria, gipsoteca, laboratorio, museo archeologico, morgue,
spazio erotico.
Inaugurazione 25 Settembre alle ore 19
Allegretti Contemporanea
via Francesco D'Assisi, 14 - Torino
Ingresso libero