Thomas Brauer
Guillermo Faivovich
Martin Gimenez
Miguel Mitlag
Monika Sziladi
Gabriela Galati
L'obiettivo di questa mostra e' presentare un gruppo d'artisti che lavorano specialmente con cio' che puo' chiamarsi "l'attitudine artistica di designazione, attitudine relazionata con un certo aspetto del Concettualismo e del Post Concettualismo". Con Thomas Brauer, Guillermo Faivovich, Martin Gimenez, Miguel Mitlag, Monika Sziladi.
a cura di Gabriela Galati
L’obiettivo di questa mostra è presentare un gruppo d’artisti che lavorano specialmente con ciò che può chiamarsi l’attitudine artistica di designazione, attitudine relazionata con un certo aspetto del Concettualismo e del Post Concettualismo.
In rapporto a questo aspetto l’artista sceglie di sviluppare, indicare, mostrare cose e farne un’insieme con parti della realtà, includendo, per esempio, elementi della natura, configurazioni già esistenti nella città, per strada, dentro una casa o in un edificio, in maniera artistica, facendo in modo che siano percepite e considerate come parti fondamentale della produzione artistica.
Invece di una produzione “ex nihilo” è un’ elezione, è sottolineare situazioni gia esistenti che non erano state considerate prima come artistiche, cioè, non erano state proposte come opera d’arte fino a quel momento. Questo aspetto della designazione è anche in rapporto con l’attitudine di “scelta” con cui l’artista considera la sua “scelta cosciente” come parte intrinseca della pratica artistica, enfatizzando la sua importanza sopra la paternità dell’opera, considerando questa scelta un’opera in se. Scegliere è l’operazione di base generata dal ready-made, dal dire che un oggetto è arte perché l’artista decide che lo sia. Ma l’artista non si appropria solamente di oggetti, ma anche di immagini, di immagini del Web, di opere altrui, di altri testi, della storia. Quindi, sceglie, mette in contesto e re-significa elementi esistenti come opera.
Designazione e scelta sono lateralmente relazionate con il concetto di Post-produzione proposto da Nicolas Bourriaud (Bourriaud 2004). Ma mentre per Bourriaud l’idea di post-produzione vede l’artista come un DJ che mescola e lavora con degli elementi ready-made, l’idea di designazione è più vicina a mostrare che a mescolare; cioè, designare, scegliere configurazioni già esistenti. Il punto di accordo è dato dall’individuazione dell’artista come un “surfer della rete significante”, qualcuno che propone percorsi e modalità per leggere l’ipertesto che rappresenta la cultura contemporanea.
Thomas Brauer (Queens NYC, 1978. Vive e lavora a New York) crea mappe geografiche tridimensionali di diverse città in cui mescola vere storie del posto, problematiche attuali in rapporto con questi posti e storie e iconografie proprie. Le opere di Brauer di solito vengono realizzate con tecniche miste su carta nelle quali uno stupendo dominio del disegno e del colore da vita a una cartografia autobiografica e fantastica.
Guillermo Faivovich (Buenos Aires, 1977. Vive e lavora a Buenos Aires) Il disegno dello spazio e i rapporti dell’arte con l’architettura sono fondamentali per questo artista che lavora con la fotografia, il disegno, l’installazione e site-specific. In molte delle sue mostre, le fotografie non sono state scattate dall‘artista, e la parte più importante del progetto è la scelta secondo i loro rapporti significativi ed estetici. Faivovich considera la disposizione spaziale delle fotografie e la loro autorizzazione di riproduzione come parte integrante dell’opera. L’artista lavora anche a progetti relazionati con fenomeni naturali, specialmente meteoriti.
Martin Giménez (Buenos Aires 1962. Vive e lavora a New York) Nelle sue opere, tutti gli elementi vengono accuratamente scelti dalla realtà di modelli veri e disposti dall’artista per rimettere in atto situazioni quasi rituali: dipinti monocromi dove un personaggio maschile, di solito un bambino o un’ uomo, interagisce con diversi oggetti, generalmente mobili antichi o animali.
Il rituale è anche una parte importante nei suoi video, dove immaginari rituali svuotati di tutti i significati vengono messi in scena convertendo in automi i corpi della gente vista sullo schermo; rendendoli semplici attori di una serie d’istruzioni.
Miguel Mitlag (Buenos Aires 1968. Vive e lavora a Buenos Aires) I media da lui utilizzati sono la fotografia e l’installazione, l’artista lavora preparando uno scenario con cose comuni di produzione industriale, quasi dipingendo nelle fotografie con i colori artificiali di questi oggetti di solito troppo saturati. In questa maniera, Mitlag esplora le possibilità di questi manufatti banali e quotidiani, ed anche i limiti della fotografia in rapporto al confine tra documentazione e misse-en-scene.
Monika Sziladi (Budapest 1974. Vive e lavora a New York) realizza fotografie di vetrine senza alcuna mise-en-scene. L’artista rivela, sotto una prima impressione di “bellezza”, un lato più sinistro di questi manichini esposti teoricamente per sedurre e vendere. Non è affatto difficile trovare un parallelo con diversi aspetti della società consumistica: dalla moda fino alla TV, la crudeltà (non così ben) nascosta dietro immagini attraenti.
Opening: Sabato 27 settembre 2008, ore 18.30
Nt Art Gallery
via dal Luzzo 6/c - Bologna
Orario: martedi' - sabato 11-13 e 16-20, domenica e lunedi' su appuntamento
Ingresso libero