Galleria d'Arte Leuco'
Reggio Calabria
via Crocefisso, 44-46
327 5478667
WEB
Pasquale Fameli
dal 2/10/2008 al 8/10/2008

Segnalato da

Stefania Pennacchio




 
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2/10/2008

Pasquale Fameli

Galleria d'Arte Leuco', Reggio Calabria

Nuove Strade. "Il giovane fotografo non vuol creare un'aura attorno ai frammenti del reale effimero, dotandoli di cifra artistica ma, con la sua 'Street Photography', vuol proprio cogliere la loro concreta e profonda artisticita' " Lucio Barbera


comunicato stampa

a cura di Lucio Barbera

“Il vero viaggio di scoperta – diceva Marcel Proust – non consiste nel cercare nuove vie, ma nell’avere nuovi occhi”.

Sembra questa la direzione imboccata da Pasquale Fameli (Gioia Tauro 1986), nel compiere, da autodidatta, il suo road trip nel mondo della fotografia e del contesto urbano, liberando la prima dalla trappola della documentazione oggettiva, e restituendo al secondo la celata poesia dei particolari insignificanti tradizionalmente esclusi dalla percezione artistica.
La fotografia nasce come testimonianza di un’immagine reale: l’occhio meccanico, quasi protesi sensoriale di quello umano, può vedere ciò che esiste. Divenuta adulta, e pur essa sottoposta alla manipolazione genetica del digitale, dunque non più estensione della vista, ma ormai un’aseità macchinica che si interfaccia alla mente umana, la fotografia ci ha consentito di vedere ciò che non esiste (irrealtà), proiettandoci nella realtà virtuale, frutto di fantasia, immaginazione e delle infinite possibilità combinatorie del computer.
Tra i possibili scenari (realtà, irrealtà, realtà virtuale) che sembrano coprire lo spettro delle immagini e della visione c’è, tuttavia, nascosto, spesso introvabile, quasi negato, se non addirittura rinnegato da un presente divenuto anestetico (contrario a qualsiasi estetica e induttore della sonnolenza mentale), una porzione di reale (non virtuale) che nessuno guarda; anzi, che nessuno vede. Sono elementi abbandonati, di per sé insignificanti, (segnali stradali, una molletta per appendere i panni, una staccionata, cartelloni pubblicitari, semplici muri, graffiti, manifesti strappati, costruzioni in disfacimento), quasi rifiuti banali che fanno parte del panorama visivo della quotidianità.
Sono questi gli oggetti che va scovando il giovane artista calabrese che il suo convincente esordio espositivo compie nella sede della “Leucò Art Gallery”, di Stefania Pennacchio e Taciana Coimbra, divenuta in poco tempo un fertile laboratorio di arti visive, con proposte interessanti e da seguire con la massima attenzione.
Ma, se da una parte l’attenzione che Fameli dedica a questi “scarti visivi”, può far pensare ad un atteggiamento New Dada, legato alla poetica dell’oggetto trovato, dall’altra ci si rende subito conto che non di questo si tratta, posto che gli oggetti non sono per nulla “trovati”, ma con estrema sensibilità “cercati” e, soprattutto, che l’artista intende coglierne le intime e segrete relazioni per manifestare una toccante esperienza personale e collettiva.
Ci si avvede allora che il giovane fotografo non vuol creare un’aura attorno ai frammenti del reale effimero, dotandoli di cifra artistica ma, con la sua “Street Photography”, vuol proprio cogliere la loro concreta e profonda artisticità, comprendere e fissare la loro segreta poetica e, quindi, per dir tutto, il dramma del non (saper) vedere ciò che si sta accanto e che abbiamo sotto gli occhi divenuti ciechi.
Utilizzando la foto e la stampa digitale, non per inventare immagini con assemblaggi e alterazioni, ma solo per raggiungere una compiutezza formale e la rarefatta semplicità dell’idea e dell’emozione, Fameli coniuga il rigore delle regole tecniche e la flessibilità delle soluzioni espressive, l’essenzialità e l’immediatezza, per estrarre, quasi come il giovane Jean-Baptiste Grenouille di Patrick Suskind, il profumo della poesia, dell’effimero, del precario, della involontaria bellezza che dura un attimo e sfiorisce.
Mediando la grande lezione del fotografo statunitense Aaron Siskind, il giovane artista calabrese si trova a compiere, con acuta sensibilità, attraversamenti nell’immaginario pittorico, dando vita a quel che si può definire l’Espressionismo del banale. Ma ciò non accade per un omaggio della fotografia alla pittura, quanto per la capacità di Fameli di scoprire per le strade un suo personalissimo museo d’arte.
Ed ecco i suoi scatti. Fili sottili, come di una trama aerea, collegano la rigida architettura di un palazzo all’immagine della splendida modella di Cavalli il cui occhio sembra scrutare l’inafferrabilità del destino, mentre solo un occhio sensibile può cogliere quello spazio naturalmente vuoto, quasi una involontaria e spontanea installazione, tra le diverse età di una affascinante Silvana Mangano, prorompente nella sua sensualità e i desideri di chi, ormai avanti negli anni, forse si prepara, o soltanto sogna, un nuovo viaggio proposto da un’agenzia turistica.
E poi ci sono i giochi di movimento tra le gambe di un ragazzino e lo scarto di uno skateboard; lo scenario pietroso e informale di pavimenti e muri, che diventa teatro di corrispondenze tra l’auto e la fontanella e tra il tombino e la finestra; l’imperativa freccia sul muro che spalanca le porte dell’inferno; la precarietà dei segnali stradali che non sanno di appartenere alla Pop Art; le insegne rotte, come un silente omaggio a Frank Stella; i manifesti strappati alla Rotella, pelle di quel corpo chiamato città; la poetica del muro alla Tapies; le tag, anonime firme dei writers che si dipanano come segni di Kline.
Sa cogliere gli attimi, di luce e colori, di un contesto reale, Fameli, sia quando si apposta davanti alle pensiline di una fermata di autobus per guardare, come un pipistrello, attraverso i riflessi, davanti e di dietro, sia quando, facendo ricorso a plongèè, scruta dall’alto due passanti su una pavimentazione strutturalmente astratta. Come astratto, quasi alla Mondrian, può diventare il semplice retro di una pescheria e di straordinaria bellezza, come di pittura sontuosamente campita, è di per sé dotato un semplice cancello rosso con i suoi battenti serrati.
Certo, l’artista deve ancora precisare la sua strada per via di selezione e di concentrazione in modo raggiungere una sua cifra sensibile e stilistica, ma già da ora un’altra strada indica. Suo grande merito, infatti, non è tanto quello di averci offerto le immagini di ciò che non vediamo, quanto di averci indicato la possibilità di vedere con occhi diversi la poesia insita in ciò che non guardiamo: una realtà poetica, ecco la sua preda.

Lucio Barbera

Inaugurazione 3 ottobre 2008 ore 19.00

Leucò Art Gallery
via Crocefisso, 44-46 Reggio Calabria

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