...a 'volti' nella complessita'. Personale dell'artista che indaga il volto come luogo principale dell'essenza comunicativa umana ed innesca delle surreali metamorfosi, delle mutazioni fisionomiche regolate da varianti figurative ancora inesplorate. A cura di Paolo Marzano.
a cura di Paolo Marzano
Sconcertante l’interpretazione dello spazio attinente al senso del vivibile-visibile dell'uomo. Indagare, infatti, il volto, come ‘luogo’ principale dell'essenza comunicativa umana, innesca delle surreali metamorfosi, delle mutazioni fisionomiche regolate da varianti figurative ancora inesplorate: è questo, il lavoro di Sandro Bellomo.
Il volto è obiettivo arduo, è lingua minoritaria significante e allo stesso tempo spazio volumetrico ‘illimitato’.
L’artista newyorkese, gestisce l’apparato grafico con segni d’intensità complessa, traccia, sbozza, segna con energia gestuale, sagomando il volto, riorganizzandone l’assunto di ambiente composto da linee-forza.
Sottrae superficie alla forma e aggiunge elementi materici, confermando l’alternata dipendenza del volto, tra ‘luogo’ contenitore e ‘spazio’ contenuto. E’ proprio il volto umano che, per Bellomo, assume l’essenza di volume figurativo capace di proporre, come condizione necessaria, la condivisione spaziale per l'essenza relazionale dell’uomo con il suo ambiente. Prima che entità concettuale, il segno ritrova, nell'opera di Bellomo, la sua ‘originaria’ potenza espressiva. Lo spazio, infatti, si attiva, genera linee di fuga, vortici e bande di colori; l’onda emozionale, dà origine alla forma artistica di Bellomo.
Esaltante è la variazione delle espressioni desunte dalle sovrapposizioni delle superfici, la confluenza dei tratti decisi e la loro compenetrazione, origina dei piani che si assommano all’opera: il volto, diventa in un attimo forma e fondo Ciò che Bellomo rinnova nella sua pratica artistica, è il potenziale del segno che si dinamizza fino all’estremo, diventando ‘taglio’. Egli, sostituisce l’azione di ‘apporre’ materia alla forma, con la sua ‘sottrazione’, solidificando ‘gesti’ tramutati in ‘vuoti’ che fluidamente, significano. L’artista, poi, trafigge con ‘spasmi coloristici’ acrilici, le taglianti sinopie e, nella sovrapposizione degli strati, declama così, il luogo vitale della figura: lo spazio. Come ‘colpi di scalpello’, distribuisce segni, aprendo la via ad un programma alternativo per lo sviluppo di composizioni complesse, l'artista, così, risolve la problematica mutazione, ritrae la moderna maschera di dolore o la risata plateale che deforma il volto, rigenerandone le coordinate ‘sensazionali’. Siamo di fronte ad un ‘utensile’ gestuale sensibile e allo stesso tempo altamente sofisticato.
La varietà dei tratti e la molteplicità delle caratteristiche segniche, fondono i gesti scultorei e comunicano la potenza espressiva degli spazi che diventano idee di un mondo con-formato dove la diversità è sublimata in ricchezza e la natura stessa dei volti, segue la visione diversificata dei mondi-emozione, possibili. Ogni segno aggiunge forza e il volto si trasforma, cambia aspetto, umore, sesso, essenza, umanità. Un volto che attraversa, in un gesto dell’artista, le diverse età dell’uomo, una paradossale palingenesi si autoalimenta, diventando atto tangibile; ricrea costantemente senso nuovo e rinnova il luogo nella densità della materia di cui è fatto. Bellomo ricerca paesaggi nuovi, ‘mimetizzati’ nelle espressioni e nella volumetria ‘introspettiva’ dei volti umani.
Con audacia sperimentale, Bellomo colora le sottili sensazioni umane, ritrae tutti i rilievi dinamici dei volti e ne rivela la concreta indeterminatezza, provocata dall’emozione intensa della vita quotidiana. Il tempo lascia sul volto tracce incancellabili e nell’anima tagli inguaribili: questa è la prova diretta dell’appartenenza dell’uomo alla terra come a formare un unico corpo. L’approccio formale coinvolge quel ‘linearismo primitivista’ distintamente di matrice precolombiana, che distrae la sua essenza materica con l’esaltazione dei segni forti, capaci di evidenziare l’accento kokoschkiano dell’espressione coloristica, nella libertà nei segni-gesti. Bellomo sviluppa uno studio consapevole e disincantato che attraversa, rielaborando, le avanguardie artistiche. Distilla caratteri di intime affinità espressionistiche (Ernst L.Kirchner, Emil Nolde) e integra con rapporti boccioniani le profondità dei piani. Informa di una ‘concreta’ materialità visiva post-cubista lo spazio dell’opera.
Da qui, il passo è breve, per interagire con l’angosciosa ‘fluidità’ baconiana che, unita alla pratica surreale ‘filiforme’ giacomettiana, trova l’ambito della sperimentazione nel segno-taglio che contiene, avviluppandolo materialmente, il dinamismo capace dello spazio contemporaneo. I volti lanciano sguardi proiettati nello spazio, attendendo, da questo, l’alternativa definizione di completezza, ciò giustifica i ‘colli’ allungati o contratti, tesi, come per osservare i vasti terreni dell’oltre, visibili solo e soltanto dal centro delle composizioni. Bellomo individua degli stati d'animo innovati da un’inedita plasticità, scorge ‘formatività’ visive nuove e scandaglia funzioni ‘altre’ del segno, tracce profonde come ‘rughe’ ascritte a volti partecipanti alla figura-azione, appartenente, ai molti aspetti, dei tanti profili, dello stesso uomo.
Non vi è dubbio, dunque, la velocità dei flussi conoscitivi che il presente offre, ibridano vortici emozionali, generando metaforiche gallerie del vento, dove l’interattività, modella identità complesse e moltiplica le sensazioni, come espressività auto-rigeneranti, in continua formazione, di questo, Bellomo è testimone partecipe.
libreria I VOLATORI
piazza delle Erbe, Nardo (Le)
ingresso libero