Mostra personale. "La sua e' una pittura mentale, non sentimentale, anche se bimbi, amorini e dolcezze vi occupano una grande parte. Ed e' una pittura che nasce da una visione filosofica, anche se la filosofia si mimetizza in immagini soavi, talmente soavi da scandalizzare la nostra sensibilita' nevrotica e sofferente."
Il lavoro di Knap è tanto raffinato intellettualmente da sembrare
elementare. La sua è una pittura mentale, non sentimentale, anche se
bimbi, amorini e dolcezze vi occupano una grande parte. Ed è una pittura
che nasce da una visione filosofica, anche se la filosofia si mimetizza
in immagini soavi, talmente soavi da scandalizzare la nostra sensibilità
nevrotica e sofferente.
Jan Knap nasce a Chrudim, nell'ex-Cecoslovacchia, nel 1949. Dimostra già
in età adolescente una precoce attenzione all'arte e riceve i primi
rudimenti del mestiere da uno scultore oggi dimenticato. Alla "scienza"
della pittura, peraltro, Knap sarà sempre profondamente interessato. Ma
è una scienza che deve approfondire da solo, impiegando anni di
tentativi e di esperimenti per capire le qualità e le proprietà dei
colori, le finezze tecniche, i trucchi e i segreti di una grammatica
artigianale che in passato era tramandata di bottega in bottega, e che
oggi ogni pittore deve scoprire da solo, lentamente, faticosamente.
Dopo la primavera di Praga Knap decide di abbandonare il Paese e si
trasferisce in Germania, iscrivendosi all'Accademia di Düsseldorf, dove
ha per maestro Gerhard Richter.
La formazione di Knap, però, non si esaurisce nell'ambito artistico. Più
tardi, a Roma, dal 1982 al 1984, compirà studi di filosofia e di
teologia, resi anche più intensi dall'avvicinamento alla religione
cattolica. Tutta l'iconografia dell'artista, la famiglia di angioletti e
di piccoli santi che abita nei suoi paesaggi, non nasce da una leziosità
emotiva, da un ottimismo banale, da un gusto dell'idillico e
dell'edulcorato. È invece la traduzione, in immagini di straordinaria
luce, di una prospettiva teoretica radicata, di una convinzione
metafisica profonda, raggiunta non attraverso le tranquille vie
dell'abitudine, ma attraverso una riscoperta dolorosa.
Dopo gli anni di Düsseldorf l'artista si trasferisce a New York, dove
rimane dal 1972 al 1982. Il suo lavoro, attraversata una fase
espressionista e una breve stagione astratta segnata dall'interesse per
Mondrian, giunge alla fine degli anni Settanta a una figurazione
immediata, primitivista, contraddistinta da una prospettiva ripida e
ribaltata.
Nel 1979 Knap fonda il gruppo "Normal" con Peter Angermann e Milan Kunc,
con cui espone ad Aquisgrana nel 1981 e a Düsseldorf nel 1984.
Nonostante la lontananza geografica che separa i tre artisti (in questo
periodo Knap vive a New York, Angermann presso Norimberga e Kunc a
Colonia) e nonostante la differenza dei loro esiti pittorici, il Gruppo
trova un comun denominatore nel desiderio di superare gli eccessi
dell'ermetismo concettuale. "Normal", però, ha vita breve anche se le
sue istanze di semplicità, di immediatezza, di anti-intellettualismo
rimarranno vive nella pittura di Knap come, del resto, in quella di
Angermann e Kunc.
Dopo il soggiorno a Roma si trasferisce a Colonia, dove rimane fino al
1989. Subito dopo viene a vivere in Italia, a Modena. Nel 1992, infine,
rientra nell'ex Cecoslovacchia dove sceglie di abitare in un piccolo
paese non lontano da Austerlitz, tra Brno e Praga: poco più che un
villaggio, circondato dai prati e dalle colline che ricorrono in
numerosi suoi quadri.
A tanti irrequieti spostamenti l'artista fa corrispondere una fedeltà
profonda alle ragioni della sua pittura che in questi anni prosegue
coerente con le proprie premesse. La pittura di Knap ci raggiunge con il
suo candore e la sua sapienza, la sua classicità e la sua
contemporaneità, la sua eloquenza e il suo mistero. Edenica nei suoi
significati e nei suoi ideali, è una pittura tutt'altro che "buonista",
anzi è soffusa di una muta intransigenza verso le certezze dell'arte del
nostro tempo. Ma è soprattutto una pittura luminosa. Come un sorriso,
come un miraggio.
Dai primi anni Ottanta la sua pittura si articola, essenzialmente, in
tre grandi categorie di soggetti: i santi, la famiglia e l'iconografia
sacra. Il soggetto più ricorrente dei suoi quadri è un nuovo paradiso
terrestre: una commedia umana (o una divina commedia) in cui compaiono
santi, angeli, una coppia di sposi con i loro bambini. Una famiglia, o
una Sacra Famiglia (i confini sono molto labili perché il sacro
s'incarna nell'umano e l'umano si eleva al sacro, in un'oscillazione che
non si interrompe) vive nella luce di un eterno giardino, o in una casa
di bambola, compiendo i piccoli gesti dell'esistenza di tutti i giorni,
secondo ritmi e azioni e compiti che non sono quelli del ventesimo
secolo, ma nemmeno quelli del passato.
L'esigenza teoretica sottesa alla sua iconografia è quella di una
divinità che non incute soggezione né, tanto meno, timore e tremore, ma
si rende simile alle creature più piccole. Quell'immagine che già Sartre
trovava sconvolgente: un Dio che ha tre anni, che ride...
Le reminescenze trecentesche e quattrocentesche evidenti
nell'iconografia e gli elementi classici non indicano solo una volontà
di evocazione dell'antico, ma anche un modo diverso di pensare il flusso
cronologico. Quando Jan Knap adotta spazialità e forme
neoquattrocentesche non intende operare una citazione ma creare
atmosfere, richiami, assonanze linguistiche.
Ogni suo quadro è composto, in realtà, di molti quadri. Ogni
particolare, ingrandito, potrebbe tradursi in opera autonoma. Si assiste
come a un lavoro di intarsio, in cui molte idee si accostano
spazialmente, quasi a formare un polittico ideale. Ogni opera nasce da
una proliferazione narrativa, dal piacere di moltiplicare gli elementi
figurali, di seguire i mille rivoli di una storia visiva.
Tratto dal testo critico di Elena Pontiggia per il catalogo "Jan Knap",
Milano 2001
Inaugurazione 8 novembre 2008
Duetart Gallery
vicolo Santa Chiara 4 - Varese
Orari: dal martedì al sabato dalle ore 15.30 alle 19.30
Ingresso libero