Palazzo Duranti Marzoli
Palazzolo Sull'Oglio (BS)
vicolo Duranti, 1

Somewhere the sun is shining
dal 7/11/2008 al 22/11/2008
da martedi a domenica dalle 15 alle 19
030 7401001
WEB
Segnalato da

mArte comunicazione




 
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7/11/2008

Somewhere the sun is shining

Palazzo Duranti Marzoli, Palazzolo Sull'Oglio (BS)

Una collettiva per celebrare i quarant'anni di attivita' dello Studio F.22 Modern Art Gallery. 50 opere di grandi dimensioni di artisti contemporanei: Emilio Scanavino, Jorge Eielson, Joel Stein, Achille Perilli, Julio Le Parc, Franco Costalonga, Jorrit Tornquist , Sergio Sarri, Keizo Morishita, Ariel Soule' e Roberto Bricalli.


comunicato stampa

a cura di Floriano De Santi

Lo storico Palazzo Duranti Marzoli di Palazzolo S/Oglio (Brescia) ospita dall’8 al 23 novembre una mostra collettiva organizzata dal gallerista Franco Rossi per celebrare i quarant’anni di attività dello Studio F.22 Modern Art Gallery. La rassegna, dal titolo “SOMEWHERE THE SUN IS SHINING” presenta una straordinaria selezione di 50 opere di grandi dimensioni (molte di cm 200x200) dei maestri contemporanei Emilio Scanavino, Jorge Eielson, Joël Stein, Achille Perilli, Julio Le Parc, Franco Costalonga, Jorrit Tornquist , Sergio Sarri, Keizo Morishita, Ariel Soulé e sculture di Roberto Bricalli.

L’evento, a cura di Floriano De Santi, figura di primo piano della storia e della critica d’arte italiana, è organizzato con il Patrocinio della Provincia di Brescia, Assessorato allo Sport, Tempo libero e Volontariato, del Comune di Palazzolo sull’Oglio e con il fondamentale contributo dell’Associazione Angelo Marzoli, della METRA, di Marte Comunicazione e dell’I.P.S: “Giovanni Falcone” di Palazzolo s/Oglio,

Nell’occasione verrà presentato al pubblico l’importante volume “STUDIO F.22 MODERN ART GALLERY 1968-2008. LA BELLEZZA DELL’ARTE COME PROGETTO E DESTINO”, a cura di Floriano De Santi, che in una raffinata edizione di 304 pagg. a colori, ripercorre, attraverso documenti fotografici e contributi scritti di tanti protagonisti del panorama artistico-culturale del secondo Novecento, la storia quarantennale che dal 1968 ha visto la galleria palazzolese affermarsi come indiscusso punto di riferimento nel panorama dell’arte internazionale.

Come si legge nel catalogo che accompagna l’evento: ”Questa mostra è un omaggio al lavoro quarantennale di un personaggio come Franco Rossi che ha saputo dare avvio e sviluppare una vivace istituzione culturale, aperta agli apporti di entrambe le frontiere che corrono lungo il fiume Oglio, quella regionale e provinciale e quella più marcata del Nord che ormai ha aperto all’Europa e al mondo con il richiamo di artisti qui venuti da ogni parte. Quarant’ anni, una vita nell’arte, lo Studio F.22, e Franco Rossi sono stati testimoni di un’epoca, una delle più felici del secondo Novecento”

Di seguito un significativo stralcio del saggio di Floriano de Santi dedicato alla mostra.
“…Davanti ai dipinti di questi artisti riuniti nella rassegna emblematicamente intitolata “Somewhere the sun is shining”, l’attenzione si concentra sul recupero della dimensionalità della superficie contro ogni ritornante tentazione di profondità sia spaziale che metaforica. Si delinea una situazione particolare d’indagine che punta, sulla continuità con le esperienze artistiche non figurative della tradizione moderna, ma con un più marcato interesse per la strutturazione del pattern visuale mediante elementi linguistici, che tendono alla ripetizione e alla disseminazione iconica. Prende così avvio l’arte programmata e cinetica, il suo furor razionale di invenzione nuova e impegnata. (…) In effetti, la sintassi di cerchi, di rombi, di triangoli e di rettangoli, nelle opere di Julio Le Parc, di Joël Stein e di Franco Costalonga, modula una scrittura optical in cui il sottile equilibrio di spazi e di elementi costruttivi evoca un concreto senso d’infinito sospeso al di là del tempo. Qui la severità del ritmo nasce da chiarezza poetica, suggestiva nelle analogie programmate, con un’analisi della struttura intrinseca della composizione che si manifesta nella scala delle distanze cromatiche. Dinamismo ed energia luminosa sono, per i cinetici, dei valori intermedi, impropriamente diremmo virtuali, equivalenti a quel valore intermedio della ricerca del Futurismo tra materia e spirito, irriducibile all’una o all’altra, che è la psiche. Quella di Emilio Scanavino è una poiesis di segno, che sul foglio si esprime altrettanto efficacemente che sulla tela, legata indiscutibilmente alle premesse della “pittura d’azione”.

Ma dietro il suo segno non si avverte alcun tipo di spazio attivo, quello spazio che Kline sbarra o che per Pollock è il luogo della vertigine; il segno scanaviniano parla in prima persona, è lui il protagonista, non il braccio che l’ha vergato. Parrà poco, ma questa è la sua più importante scoperta, ed è quanto poi lo avvicina alla white writing di Mark Tobey, vista sempre come suo opposto, mentre vi sono delle segrete e radicali affinità. A parte l’astrattismo di Achille Perilli che pare prenda avvio dal quotidiano labor limae delle “avanguardie storiche” e dal caleidoscopio esperenziale della musica debussyana, la “pittura oggettuale” di Jorrit Tornquist e di Jorge Eielson rivela una marcata impronta mentale e analitica. Essa si accompagna a un ripensarla a partire dalle sue complessioni di base, dalla superficie-supporto, liberata spesso dal telaio, al colore considerato nella sua fisicità primaria. Nello stesso tempo, il quadro, ricondotto ai suoi elementi fondamentali, rompe la sua unità tradizionale e risulta costituito da una serie di sintagmi accostati o instaura una più diretta relazione con la parete e con l’ambiente.

Lo scandaglio iconosferico si afferma e si diffonde negli stessi anni in cui si configura, non solo in Italia, un’arte di reportage che assume come termine di riferimento i segnali della nuova realtà urbana, dominata dai mezzi di comunicazione di massa. Non è la città intesa come progetto, come distribuzione razionale di funzioni, ma la città così com’è, imprevista e sfuggente. Mentre il lavoro di ricognizione di Keizo Morishita e di Ariel Soulé si presenta anche come memoria paesaggistica, come recupero di una storia “nascosta” in cui sopravvive il mondo metamorfico dell’arcaico, del favoloso e del magico, quello di Sergio Sarri accetta con franchezza e senza evasioni consolatrici la kermesse con questa realtà e la rinuncia ad una posizione contemplativa di fronte a uno spettacolo in cui ci sentiamo tutti drammaticamente coinvolti. Non sono solo alcuni particolari di alta e colta arte classica ad aver influenzato in maniera diretta il lavoro di Roberto Bricalli, ma è l’eidos di una visione più strutturata e costruita, senza essere per questo innaturale, ad essere penetrata nel mondo delle forme plastiche dell’artista. I suoi bronzi e i suoi marmi risentono, nell’ultimo decennio, di un cambiamento evidente che, dalla rigidità tipologica nata da una vera infatuazione per Moore e per l’arcaismo della cultura precolombiana, si è dischiusa ad un interesse verso le possibilità metamorfiche della materia. Sono “teste” che si scompongono, non più secondo la regola costante della tridimensionalità cubista, ma secondo il ritmo interno dello spazio, dove la percezione della profondità trova il punto di sintesi con il gioco di luci e ombre e dove il valore della tradizione si mescola con una riflessione sul mestiere stesso di scultore”.

Inaugurazione ore 19.15

Palazzo Duranti Marzoli
vicolo Duranti, 1 - Palazzolo Sull'Oglio (BS)
Orario: da martedì a domenica dalle 15 alle 19

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