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Bruno Del Monaco
dal 20/11/2008 al 13/12/2008

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Bruno Del Monaco



 
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20/11/2008

Bruno Del Monaco

PicaGallery, Napoli

Le case dell'Arte. Fotografie. "Le immagini di del Monaco, piu' che raccontare 40 anni di arte contemporanea a Napoli, fanno scoprire la vivacita' e l'intensita' di una citta' che nel tardo Novecento ha trovato nell'arte una propria forma d'essere, pur senza mai percepirsi come luogo d'arte, come luogo pieno d'atmosfera giusta per l'arte" (D. Pitteri)


comunicato stampa

La terribile e travolgente fisicità dell’arte.
di Daniele Pittèri

Una delle cose che mi ha sempre affascinato dell'arte è la sua terribile fisicità, il suo nascere con una destinazione in sé, con una collocazione prestabilita, in stretta relazione col circostante, con lo spazio, con la realtà dei luoghi.

Per lunghi secoli, direi quasi fino al termine all'Ottocento, ogni opera non era mai casuale, nasceva da un bisogno, dal desiderio o dalla necessità di un qualcuno diverso dall'artista che sapeva già la funzione che quell'opera avrebbe dovuto assumere e il luogo ove avrebbe dovuto essere collocata. A questa fisicità così tanto concreta da essere destinazione, ne corrispondeva poi un'altra, quella del luogo in cui l'artista eseguiva l'opera, luogo che spesso coincideva con quello di destinazione (si pensi alla Sistina o al Cenacolo dipinto nel refettorio), ma che nel frattempo, nel corso dell'esecuzione veniva a trovarsi privato della propria funzione, della propria identità per assumere quella di officina, di laboratorio di spazio (o meglio di "stanza" recuperando con questo termine il suo significato poetico) dove le idee prendono forma e concretezza, dove diventano materia, grazie alla tecnica e grazie, soprattutto, al pensiero e alla creatività.

Si tratta di due fisicità diverse, la prima statica e durevole, che prende forza da ciò che è, ossia dal proprio contenuto (le opere che ospita, le funzioni o i riti che vi si compiono), la seconda dinamica ed effimera, che esiste solo nel momento e nel tempo limitato al processo creativo. Della prima abbiamo milioni di testimonianze, pur se ad un certo punto sono nati i musei, luoghi/non luoghi in cui le opere sono state artificiosamente raccolte strappandole al luogo d'origine, al quale nella maggior parte dei casi erano legate in maniera radicale. Della seconda fisicità, di quella dinamica e creativa, proprio per il suo essere fuggitiva e momentanea non ne è rimasto quasi nulla. Anzi, per lungo tempo, nulla, assolutamente nulla.

Bruno del Monaco ci ridona questa fisicità perduta dell'arte. E lo fa con la leggerezza del documentarista,
direi quasi con l’istinto e l'ispirazione del reporter che coglie l' attimo, che sa che la realtà fugge via e che con
uno scatto si deve acchiappare non solo ciò che accade, ma anche il clima in cui accade.

Tuttavia proprio in questo particolare, in questa capacità di ridonare attraverso un'immagine ciò che non si vede, ciò che l'immagine non riproduce e rappresenta si consuma una frattura insanabile fra la testimonianza o il racconto e l'agnizione. Le immagini di del Monaco, infatti, più che raccontare 40 anni di arte contemporanea a Napoli fanno scoprire la vivacità e l'intensità di una città che nel tardo Novecento ha trovato nell'arte una propria forma d'essere, pur senza mai percepirsi come luogo d'arte, come luogo pieno d'atmosfera giusta per l'arte.

Sono immagini vivide quelle di del Monaco, proprio perché parlano di quell'atmosfera, proprio perché rintracciano quei luoghi in cui dell'arte ha preso avvio il processo creativo: un caffè, la saletta di una libreria, un'aula universitaria, un atelier, un portico. Stanze, appunto. Alcune immagini paiono soffermarsi su particolari secondari e insignificanti, che colgono gesti casuali o oggetti lontani.

Invece emanano una forza straordinaria: lì dentro c'è tutto quello che non si vede, il senso di un fermento, di
un ragionamento, di un discutere, di un restare attoniti, ammaliati, sorpresi di fronte alle parole o ai gesti altrui.
È così che le fotografie, per chi guarda, diventano scoperta, perché quei particolari offrono all'osservatore la

possibilità di ripercorrere il tempo e l'occasione di intromettersi in uno spazio, "entrando" nell'immagine e girovagandovi dentro, attorno, sopra, lateralmente, andando oltre essa, scoprendola. Più che quarant’anni, Le Case dell' arte racconta energie, mette a nudo, nei luoghi, molti dei quali ormai scomparsi, quella fisicità dinamica senza la quale l'arte semplicemente non è.

Immagine: Lucio Amelio e Ileana Sonnabend

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Fabrizio Stenti
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