La ricerca di Liu Jianhua si inserisce nel tessuto culturale cinese e nelle dinamiche di un paese in rapido mutamento, dove l'esigenza e' quella di trovare un linguaggio capace di testimoniare e formalizzare la complessa fase di trasformazione economica e sociale del paese. L'artista egiziano Moataz Nasr torna ad esporre a San Gimignano con 'A Memory Fills with Holes', un nuovo nucleo di opere appositamente realizzate per questo progetto espositivo. La ricerca multidisciplinare porta Op de Beeck ad esprimersi con materiali e mezzi diversi: sculture, installazioni, opere multimediali, video, film, disegni e fotografie.
LIU JIANHUA - Dream in Conflict
Galleria Continua è lieta di presentare Dream in Conflict la prima mostra personale di Liu Jianhua in Italia. Considerato uno degli artisti più rappresentativi della stagione artistica cinese contemporanea, negli ultimi anni, ha avuto modo di affermarsi anche in ambito internazionale esponendo in molte capitali europee, così come negli Stati Uniti. Invitato nel 2003 a prendere parte alla 50° Biennale di Venezia partecipa, in seguito, anche alla Biennale di Singapore (2006) e a quella di Mosca (2007).
La ricerca di Liu Jianhua si inserisce profondamente nel tessuto culturale cinese e nelle dinamiche di un paese in rapido mutamento, dove l’esigenza è quella di trovare un linguaggio capace di testimoniare e formalizzare la complessa fase di trasformazione economica e sociale del paese, pur conservando come istanza centrale, quella di maturare attraverso il confronto con il contesto internazionale.
Le opere presentate in questa personale ci permettono di prendere in esame diversi aspetti del lavoro di Liu Jianhua che si presenta eterogeneo nell’utilizzo dei materiali quanto rigoroso rispetto alle tematiche affrontate. Protagonista di Dream in Conflict è l’essere umano nelle sue diverse sfaccettature: sogni, indole, natura, inclinazioni ma anche desideri e debolezze.
Dream è il titolo della grande installazione che occupa la platea dell’ex cinema teatro. L’opera prende spunto da un evento che cinque anni fa sconvolse il mondo: l’esplosione dello shuttle Columbia al rientro da una missione spaziale. Partendo da un dato di fatto, la propensione dell’essere umano a superare i propri limiti e ad indagare il mondo che lo circonda, l’artista allarga la riflessione interrogandosi sul rapporto tra uomo e universo. Fino a che punto l’uomo potrà spingersi in questo percorso di conoscenza? Quanto scienza e tecnica potranno realmente sostenerlo in questa impresa?
La ceramica è uno dei materiali con cui Liu Jianhua predilige lavorare, lo utilizza in Dream ma anche in Boxing Time, un’installazione realizzata con guanti da box che riportano incisi nomi di paesi diversi. La ceramica, spiega l’artista, è un materiale apparentemente resistente, la sua superficie risulta rigida. In realtà è un materiale molto fragile. E’ proprio questa dualità, tra apparenza e sostanza, a guidare la scelta dell’artista.
Fiches e dadi, disposti l’uno su l’altro, disegnano la città di Shanghai in Unreal Scene. Shanghai, prosegue l’artista, è una delle città più emblematiche della Cina, “è la società del capitale ed ha avuto un ruolo estremamente complesso nella storia del paese, già a partire dagli anni Trenta”.
Completa il percorso espositivo, The crown of desire, un’enorme, scintillate e sontuosa corona con la quale l’artista rappresenta ironicamente lo status più alto del sistema nobiliare europeo, il potere regale. Secondo Liu Jianhua l’animo umano è per natura incline a sentimenti meschini quali la cupidigia, l’avidità e la brama di potere. The crown of desire è lì a ricordarcelo nella speranza che la società del futuro possa protendere verso valori più alti.
Liu Jianhua nasce a Ji'an, nella provincia cinese dello Jiangxi nel 1962. Vive e lavora a Shanghai.
A soli 12 anni, al fine di apprendere le raffinate tecniche di lavorazione della ceramica, Liu Jianhua lascia la famiglia e si trasferisce a Jingdezhen, capitale storica della porcellana cinese. Nel 1989, terminata l’accademia, inizia ad insegnare e, contemporaneamente, sotto l’influenza del movimento New Wave Art, sperimenta nuove tecniche, come ad esempio l’uso del vetroresina. Dopo alcuni anni di sperimentazione, la ceramica torna a essere parte integrante del suo lavoro e realizza il celebre ciclo, The Memory of Enchantement of the Frolic Ceramic Sculture Series (1998), piatti in ceramica al cui centro posiziona piccole sculture di donne senza testa e senza braccia vestite col tradizione abito cinese. Utilizzando questi soggetti-simbolo Liu Jianhua affronta due problemi centrali della società cinese: il tabù sessuale e il ruolo della donna nella Cina contemporanea. I segni e le ferite lasciate dalla politica di modernizzazione sono spesso oggetto di riflessioni nel lavoro dell’artista. Emblematica a questo riguardo The Change of Memory, un’installazione composta da enormi tronchi di albero in ceramica. Con questa opera Liu Jianhua ricorda la sua città natale prima che la frenetica ricostruzione imposta dal governo distruggesse vecchi edifici e abbattesse alberi secolari. I tronchi, vuoti e pietrificati, simboleggiano la perdita delle radici e della memoria. Anche la grande installazione Yi Wu Survey è una sorta di omaggio alla memoria, nella fattispecie a quella di Yi Wu, un villaggio, che come molti altri in Cina, è stato inghiottito dal boom economico: le ruspe lo hanno spazzato via e, al suo posto, è sorto un piccolo nucleo industriale.
Tra le numerose esposizioni a cui Liu Jianhua ha preso parte in questi ultimi anni ricordiamo, per le mostre personali: Liu Jianhua, Beijing Commune, Pechino, Cina (2008); Export—Cargo transit, Shanghai Gallery of Art at Three on the Bund, Shanghai, Cina (2007); Daily Fragile, Tomb, King’s Lynn Art Center, King’s Lynn, UK (2007); Anomalous Thoughts, Galleria Continua, Beijing, Cina (2006). Per le mostre collettive: Intrude: Art & Life 366, Zendai Museum of Modern Art, Shanghai, Cina (2008); Facing Reality, National Art Museum of China, Beijing, Cina (2008); New world Older—Present- day Installation Art and Photography, Groninger Museum, Olanda (2008); A Vista of Perspectives, Hexiangning Art Museum, Shenzen OCT Contemporary Art Terminal, Shenzen, Cina (2007); Mahjong: Contemporary Chinese Art From the Sigg Collection tour Exhibition, Museum der Moderne, Salzburg, Austria (2007); China Now Kunst Der Gegenwart Sammlung Essl, Vienna, Austria; Busan Biennale Busan, Corea (2006); The Elegance of Silence: Contemporary Art from East Asia, Mori Art Museum Tokyo, Giappone (2005); First International Biennal of Contemporary Chinese Art, Montpellier Art Museum, Montpellier, Francia (2005).
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MOATAZ NASR - A Memory Fills with Holes
A due anni di distanza dalla sua prima personale a Galleria Continua, l’artista egiziano Moataz Nasr torna ad esporre a San Gimignano con A Memory Fills with Holes, un nuovo nucleo di opere appositamente realizzate per questo progetto espositivo.
Simon Njami, nel testo critico che accompagna la mostra, coglie l’essenza dell’opera di Moataz Nasr e con queste parole commenta il titolo della mostra A Memory Fills with Holes (Una memoria piena di fori): "Quanto tempo ci vuole per dipingere un quadro o concepire un’installazione? Una vita intera, certe volte. E il risultato che ci viene consegnato, per quanto materiale sia, non può inscriversi nella temporalità dell’istante. La misura del tempo, nell’esercizio artistico, è alterata dal lavoro di creazione e di restituzione. Nei suoi ultimi lavori, Moataz Nasr ce ne dà un esempio stupefacente. Fa risorgere dalla sua memoria che a volte si confonde con la nostra, degli avvenimenti che non hanno più la priorità delle prime pagine dei giornali.” Ecco dunque come l’artista utilizza gli avvenimenti come materia prima del suo lavoro: "Si tratta qui di un esercizio personale. Un tentativo di dare un senso alle cose e di decriptare tutti i sismi che agitano una vita e costituiscano quello che è ormai convenzione, chiamare “la memoria collettiva”. ... Il Medio Oriente, l’Iraq, la perdita della personalità, la confusione dei sentimenti nella quale l’epoca ci trascina non sono che dei sintomi di quello che Freud chiamava II malessere della civiltà (1929). Ma Nasr non intende colpevolizzarci. Semplicemente, si augura che ricordiamo che niente di quel che sconvolge dovrebbe esserci estraneo. Ne siamo la causa e la conseguenza.”
Il mondo islamico è percorso da una vena di incredibile vitalità, lo racconta Gaia Serena Simionati nel libro di prossima uscita “AISH - pane e vita- Un altro Islam” (Skira Editore). L’autrice, parlando dell’opera di Nasr, scrive: “…Esiste poi in modo denso Moataz Nasr (1961), il cui cognome in arabo significa, indubbiamente non a caso, secondo il criterio del nomen omen e valutando le sue opere: Vittoria. L’artista, nato al Cairo, esplora il silenzio dei dettagli. Nell’evidenza delle cose non viste, rende vivo il corollario della cultura della tradizione, esplicitando l’antico in tecnologie moderne come ad esempio nella video installazione, “A Hear of Dough, Another of Mud”. Il delizioso lavoro, composto da una proiezione video e da una parete fatta di tante piccole orecchie composte di pane e argilla, racconta la storia egiziana di Goha e, non a caso, ha “vittoriosamente” vinto il premio come opera migliore nell’VIII Biennale del Cairo.”
Moataz Nasr è, dunque, uno dei maggiori artefici ed esponenti dell’arte pan-araba contemporanea. Testimone del complesso processo culturale che il mondo islamico sta attraversando, la sua opera si pone l’obbiettivo di superare i particolarismi e i confini geografici per farsi portavoce delle istanze e delle problematiche dell’intero continente africano. L’artista sostiene che la sua vera attività artistica ha avuto inizio solo nel 2002, quando, in occasione della partecipazione alla 5° Biennale di Daker, si è sentito, per la prima volta, un artista africano. Tabla, esposto nel 2003 alla Biennale di Venezia, è il lavoro che dà inizio a questo nuovo percorso artistico. L’installazione -composta da tamburi che risuonano seguendo il grande tamburo madre del video- si pone come metafora della relazione tra governo e governati. “Qui Nasr ha portato il dramma del potere indietro fino al livello centrale. Mentre scrivo queste parole, mentre le nazioni occidentali e orientali concorrono a portare avanti la retorica rumorosa che presagisce alla guerra, è impossibile non proiettarci al di là delle frontiere dell’Egitto” (Simon Njami).
Uno dei temi centrali della poetica di Moataz Nasr è l’incapacità dell’uomo di agire, o meglio, di reagire. Secondo l’artista, sono proprio l’indolenza e la passività che impediscono ogni possibilità di reale cambiamento sociale, politico e di pensiero. In A Memory Fills with Holes l’autore sviluppa ulteriormente questo tema andando oltre la necessaria presa di coscienza politica e identitaria; la fragilità politica, l’impossibilità di sviluppare un progetto esistenziale hanno mutato il quadro africano, i sentimenti di instabilità hanno così raggiunto l’identità dei singoli individui. Particolarmente emblematico, in questo senso, uno dei video che compongono il percorso espositivo, "Two Faces of a Coin": un uomo, al centro di una stanza, prova ripetutamente ad infilarsi una maglietta il cui collo è completamente cucito. L’impossibilità di portare a compimento il gesto fa crescere nell’uomo, e in tutti quelli che ci provano dopo di lui, un senso di profonda rabbia e frustrazione.
In Propaganda, altra opera inedita presentata in questa personale, Moataz Nasr riscopre la tradizione tribale del ricamo su pelle per raccontare la propaganda americana prima dell’invasione dell’Iraq. “E’ una tecnica molto antica”, spiega l’artista. “Veniva usata per decorare le tende dei faraoni prima che questi partissero per una battaglia o per una battuta di caccia. In seguito le persone iniziarono ad utilizzarla per fare tende speciali per i matrimoni e i funerali. E oggi è utilizzata soltanto per fare tende quando uno dei nostri cari muore!! È una storia incredibile...” Ecco dunque che la flebile ombra di una passata grandezza s’imprime nei tessuti attraverso gesti millenari, e colloca l’opera all’interno del contrasto fra visioni opposte entrambe sotto l’azione di una memoria che ha bisogno di ricordare mentre continua a perdere le sue parti.
La trama narrativa della mostra prosegue attraverso dialoghi e rimandi che, da un’opera all’altra, danno vita ad un linguaggio perentorio che collega storie, provenienze, sentimenti e culture.
Moataz Nasr nasce ad Alessandria D’Egitto nel 1961, vive e lavora al Cairo.
L’esigenza di appartenere ad un preciso contesto geopolitico e culturale mantenendo forte il legame con il proprio luogo d’origine è un elemento portante dell’opera e della vita di Moataz Nasr. Il linguaggio con cui si esprime è soprattutto quello dell’installazione o della video installazione. Numerose le sue partecipazioni ad eventi di rilievo internazionale tra questi ricordiamo la Biennale di Venezia (2003), la Biennale di Seul (2004), la Biennale di Sao Paulo (2004), la Triennale di Yokohama (2005) e le rassegne collettive Arte all’Arte (San Gimignano, 2004), Le Opere e i Giorni (Certosa di Padula, 2004), Africa Remix (Dusseldorf, Kunst Palast, 2004; Hayward Gallery, London, 2005; Centre Pompidou, Paris, 2005; Mori Art Museum, Tokyo, 2006; Johannesburg Art Gallery, Johannesburg, 2007), Ghosts of Self and State, Monash University Museum of Art di Melbourne (2006) e, non ultima, la personale presso The Khalid Shoman Foundation, Darat al Funun, Amman, Giordania (2006). Tra le collettive più recenti: Machine-RAUM, Vejle Art Museum e Spinning factory, Vejle, Danimarca (2007); 11 artists from Africa Remix, Maseru, Lesotho; Durban, South Africa; Cape Town, South Africa, (2007); Traversées (Crossings), Grand Palais, Paris, Francia (2008); Les Recontres Internationales de la Poto, Centre Cervantes, Fes, Marocco (2008).
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HANS OP DE BEECK - Celebration
Galleria Continua è lieta di annunciare Celebration, la terza mostra dell’artista belga Hans Op de Beeck negli spazi espositivi di San Gimignano.
La propensione per una ricerca di carattere multidisciplinare porta Op de Beeck ad esprimersi con materiali e mezzi diversi: sculture, installazioni, opere multimediali, video, film, disegni e fotografie. Il concepimento e la costruzione di scenari immaginifici si sviluppa a partire da immagini che affiorano dalla memoria, siano questi luoghi oppure situazioni domestiche o urbane che l’artista restituisce al visitatore come nuova esperienza visiva, emotiva e sensoriale.
In occasione della sua partecipazione alla recente Biennale di Singapore, Hans Op de Beeck ha presentato Location (6). Pensata per il Westergasfabriek di Amsterdam, un’ex officina del gas successivamente convertita in centro culturale polifunzionale, Location (6) offre agli occhi dello spettatore la veduta di un paesaggio sconfinato e meditativo, rischiarato dal biancore della neve e della nebbia. Questa installazione scultorea nella quale è possibile sedersi per osservare il paesaggio prosegue idealmente Location (5), l’ormai celebre modello a grandezza naturale che rappresenta un ristorante affacciato su un’autostrada deserta, opera ora esposta in permanenza in Giappone al Towada Art Center.
Per questa nuova personale italiana Hans Op de Beeck propone un video inedito, Celebration (2008).
Girato in Arizona, il video offre allo spettatore la visione frontale di una tavola imbandita che trova collocazione –decisamente improbabile- all’interno di un paesaggio fatto di rocce imponenti, terra arsa dal sole e cactus. La scena è costruita come un vero e proprio tableau vivant dove l’unico movimento è dato dal vento che smuove la tovaglia. Anche il tempo sembra immobile, fermo a quel attimo che prelude alla celebrazione, forse quella di un anniversario di matrimonio. Tutto è pronto, i festeggiamenti stanno per iniziare, eppure, minuti dettagli affatto trascurabili, tradiscono l’inevitabile consumarsi di una tragedia. Il video trasmette un senso di vuoto, come se la festa dovesse necessariamente disilludere.
Hans Op de Beeck nasce a Turnhout nel 1969. Vive e lavora a Brusseles.
L’artista costruisce e mette in scena luoghi urbani e famigliari, contemporanei e fittizi, situazioni e personaggi che risultano estremamente familiari allo spettatore: angoli isolati dedicati alla riflessione o spazi affollati, talvolta popolati da goffi personaggi che in parte ci mostrano come viviamo oggi, i percorsi che seguiamo e il modo in cui cerchiamo, con grande inettitudine, di gestire il tempo, lo spazio e gli altri.
Incomunicabilità, attesa, perdita sono i temi che ricorrono nelle opere dell’artista belga. Una vena melanconica sembra accompagnarlo così come un gusto romantico che si codifica nella ripresa di alcuni stereotipi di rappresentazione del romanticismo che Op de Beeck reintroduce come valori attuali.
Numerose le mostre personali e collettive di livello internazionale a cui Op de Beeck ha preso parte in questi anni. Il Reina Sofia (Madrid), lo Scottsdale Museo d'Arte Contemporanea (Arizona), il Towada Art Center (Towada), lo ZKM (Karlsruhe), il MACRO (Roma), la 6° Biennale di Shanghai (Shanghai), la Kunstverein Hannover (Hannover), la Whitechapel Art Gallery (Londra) e il PS1 (New York) sono solo alcuni degli spazi prestigiosi dove l’artista ha avuto modo di esporre.
Tra le mostre personali realizzate nel 2008 ricordiamo Location (6), Biennale di Singapore, Repubblica di Singapore; Location (6), Westergasfabriek (Holland Festival), Amsterdam, Olanda; Circumstances, Rogaland Museum of Fine Arts, Stavanger, Norvegia. Sempre per le personali citiamo, infine, Extensions, Treasury of Saint Peter, Leuven, Belgio e Centraal Utrecth Museum, Utrecht, Olanda (2007); Video in tutti i sensi - My Brother’s Gardens, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2006); T-Mart, MuHKA, Museum of Contemporary Art, Anversa, Belgio (2005).
Per ulteriori informazioni sulla mostra
Silvia Pichini responsabile comunicazione
press@galleriacontinua.com mob 347 45 36 136
Immagine: Liu Jianhua - Dream in conflict
Inaugurazione sabato 29 novembre 2008 18-24
Galleria Continua
via del Castello, 11 San Gimignano (SI)
Fino al 24 gennaio 2009, da martedì a sabato, 14-19
ingresso libero