Ruben Esposito, Antonio Marangolo, Ezio Minetti, Andy Rivieni e Francesco Rojas. Gli artisti condividono in questo spazio i loro studi, in una sorta di Factory. In mostra gli esiti di un anno di convivenza e confronto.
SLIGGE SHOW di Carlo Pesce
Se vuoi sapere tutto su di me, basta guardare la superficie dei miei dipinti...
Andy Warhol
Quando si cita un luogo, normalmente, si fa riferimento a quello che è nel presente, omettendo, per vari motivi, di rapportalo a quello che è stato, o che ha rappresentato, nel passato. Così, anche un’area come quella che convenzionalmente viene chiamata Sligge è ricordata quasi esclusivamente per ciò che è adesso, vale a dire un importante punto di aggregazione culturale nel tessuto urbano di Ovada. È chiaro che in queste poche righe, redatte per spiegare una mostra, non si può ricostruire una vicenda architettonica che si è conclusa con questo fabbricato, si può dire però, che prima di diventare una fucina di cultura – figurativa e musicale soprattutto – Sligge, come molti ovadesi ricordano, ospitava una famosa industria dolciaria, un precedente “simpatico” che può dare adito a qualche ironico commento.
Sligge è adesso una sorta di Factory al cui interno, oltre a un paio di ampi vani polifunzionali, ci sono gli studi di cinque artisti (Ruben Esposito, Antonio Marangolo, Ezio Minetti, Andy Rivieni e Francesco Rojas).
Per forza di cose la convivenza costringe a eliminare gli egoismi e gli individualismi che identificano l’artista nella società odierna. In riferimento a Sligge, poi, non si può parlare di “bottega”, secondo quell’accezione accreditata nei secoli passati: qui non esiste una gerarchia, ogni partecipante mantiene le sue peculiarità, all’interno però, di un quotidiano confronto con gli altri. È per questo che, osservando da vicino i lavori di ciascun abitante, si nota il ricorso a elementi comuni che tendono a essere rielaborati secondo i cliché di percorsi personali ben riconoscibili. Direi che questo elemento comune è determinato dall’intensa riflessione sugli effetti del tempo. Ogni artista attivo a Sligge sente come propria questa “missione” insistendo e sperimentano un’azione che determina enormi accelerazioni visive, una ridda di sensazioni che esaltano soggetti estremamente variegati.
Inoltre, l’artista che ha la propria “officina” in questo spazio, assai spesso, si trova a rivestire gli stessi abiti di un fruitore esterno, di un fruitore che si trova a contatto con una realtà vissuta dalla quale non è escluso aprioristicamente. In questo modo egli ha la possibilità di partecipare, di ascoltare, di esprimere direttamente un proprio giudizio. È chiaro, dunque, di come l’artista possa trovarsi all’interno di un movimento interattivo, nella duplice veste di attante e giudicante, in una posizione che lo costringe a rivedere in continuazione l’esito del suo lavoro, sia per un normale processo di autocritica, sia a causa di fattori esterni che lo inducono a un continuo confronto creativo. Questo processo induce a una crescita continua, a un miglioramento che diventa palpabile in rapporto a quanto prodotto in precedenza, condividendo un’esperienza di crescita propria e collettiva.
Scalinata Sligge
Ovada (AL)