Scalinata Sligge
Ovada (AL)

Rapporto annuale 2008
dal 7/12/2008 al 5/1/2009
0143 833338
WEB
Segnalato da

Ezio Minetti




 
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7/12/2008

Rapporto annuale 2008

Scalinata Sligge, Ovada (AL)

Ruben Esposito, Antonio Marangolo, Ezio Minetti, Andy Rivieni e Francesco Rojas. Gli artisti condividono in questo spazio i loro studi, in una sorta di Factory. In mostra gli esiti di un anno di convivenza e confronto.


comunicato stampa

SLIGGE SHOW di Carlo Pesce

Se vuoi sapere tutto su di me, basta guardare la superficie dei miei dipinti...
Andy Warhol

Quando si cita un luogo, normalmente, si fa riferimento a quello che è nel presente, omettendo, per vari motivi, di rapportalo a quello che è stato, o che ha rappresentato, nel passato. Così, anche un’area come quella che convenzionalmente viene chiamata Sligge è ricordata quasi esclusivamente per ciò che è adesso, vale a dire un importante punto di aggregazione culturale nel tessuto urbano di Ovada. È chiaro che in queste poche righe, redatte per spiegare una mostra, non si può ricostruire una vicenda architettonica che si è conclusa con questo fabbricato, si può dire però, che prima di diventare una fucina di cultura – figurativa e musicale soprattutto – Sligge, come molti ovadesi ricordano, ospitava una famosa industria dolciaria, un precedente “simpatico” che può dare adito a qualche ironico commento.
Sligge è adesso una sorta di Factory al cui interno, oltre a un paio di ampi vani polifunzionali, ci sono gli studi di cinque artisti (Ruben Esposito, Antonio Marangolo, Ezio Minetti, Andy Rivieni e Francesco Rojas).

Per forza di cose la convivenza costringe a eliminare gli egoismi e gli individualismi che identificano l’artista nella società odierna. In riferimento a Sligge, poi, non si può parlare di “bottega”, secondo quell’accezione accreditata nei secoli passati: qui non esiste una gerarchia, ogni partecipante mantiene le sue peculiarità, all’interno però, di un quotidiano confronto con gli altri. È per questo che, osservando da vicino i lavori di ciascun abitante, si nota il ricorso a elementi comuni che tendono a essere rielaborati secondo i cliché di percorsi personali ben riconoscibili. Direi che questo elemento comune è determinato dall’intensa riflessione sugli effetti del tempo. Ogni artista attivo a Sligge sente come propria questa “missione” insistendo e sperimentano un’azione che determina enormi accelerazioni visive, una ridda di sensazioni che esaltano soggetti estremamente variegati.

Inoltre, l’artista che ha la propria “officina” in questo spazio, assai spesso, si trova a rivestire gli stessi abiti di un fruitore esterno, di un fruitore che si trova a contatto con una realtà vissuta dalla quale non è escluso aprioristicamente. In questo modo egli ha la possibilità di partecipare, di ascoltare, di esprimere direttamente un proprio giudizio. È chiaro, dunque, di come l’artista possa trovarsi all’interno di un movimento interattivo, nella duplice veste di attante e giudicante, in una posizione che lo costringe a rivedere in continuazione l’esito del suo lavoro, sia per un normale processo di autocritica, sia a causa di fattori esterni che lo inducono a un continuo confronto creativo. Questo processo induce a una crescita continua, a un miglioramento che diventa palpabile in rapporto a quanto prodotto in precedenza, condividendo un’esperienza di crescita propria e collettiva.

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