Inaugurazione del nuovo museo con cui la citta' riconferma la sua centralita' e l'antica tradizione nell'ambito degli studi e delle ricerche sulle culture orientali, nonche' il suo impegno per il dialogo multietnico e l'integrazione. Un lungo percorso necessario alla definizione del corpus espositivo con 5 ambiti geografici e aree culturali: Asia Meridionale, Cina, Regione Himalayana, Paesi Islamici e Giappone, in cui sono state suddivise le raccolte, esposte in distinte gallerie ricavate negli ambienti di Palazzo Mazzonis.
Nel clima di rinascita culturale che caratterizza ormai da alcuni anni il capoluogo
piemontese, si colloca l’attesa apertura, il 5 dicembre 2008, di una nuova importante
istituzione museale dalle ricche e preziose collezioni.
Il Museo d’Arte Orientale - con cui la città riconferma la sua centralità e l’antica
tradizione nell’ambito degli studi e delle ricerche sulle culture orientali, nonché
il suo impegno per il dialogo multietnico e l’integrazione – apre dopo un complesso
iter. Un lungo percorso necessario alla definizione del corpus espositivo,
all’elaborazione del progetto museologico, alla ristrutturazione e all’adeguamento
della sede di Palazzo Mazzonis, pregevole edificio del centro storico, e alla
progettazione di un percorso allestitivo capace di dare adeguato respiro alle
affascinanti opere custodite, espressione di culture millenarie.
Il risultato è un Museo di grande respiro - promosso dal Comune di Torino in
collaborazione con la Regione Piemonte, realizzato dalla Fondazione Torino Musei
grazie al contributo della Compagnia di San Paolo - che guarda all’Oriente nella sua
pluralità di ambiti geografici e di tradizioni culturali e artistiche; un museo che
grazie ad un patrimonio di 1500 opere provenienti da diversi paesi dell’Asia
(dall’India al Giappone, dall’Afghanistan al Tibet) con alcuni pezzi di assoluta
eccellenza, si può porre a fianco delle principali istituzioni europee dedicate a
questo ambito artistico.
Soprattutto, un Museo la cui missione culturale ha anche, inevitabilmente, un
risvolto sociale importante, connesso alla dimensione multiculturale e dinamica
delle città italiane e al processo di globalizzazione in atto. La valorizzazione della
tradizione artistica di popoli e culture diversi da quelli occidentali è infatti un
contributo importante al delicato processo di integrazione delle migliaia di persone
provenienti dai paesi orientali che ora vivono in Italia e in Piemonte.
La sede stessa del MAO, collocato nella parte più antica della città - il quadrilatero
romano, cuore della Torino multietnica, crocevia di popoli e di lingue diverse e
oggetto in questi anni di un ampio progetto di riqualificazione urbana - assume
un valore simbolico, in linea con questi obiettivi.
Ma il MAO – la cui direzione è stata affidata al professor Franco Ricca - è anche il
punto d’arrivo di un percorso culturale e scientifico che ha una storia antica e
radicata.
Avviata all’Orientalistica nel XVI secolo per volontà di re Carlo Emanuele I, Torino
vanta innanzitutto un’Università che ha alle spalle una grande tradizione di studi
sanscritistici annoverando, fra i suoi principali esponenti, studiosi insigni quali
Gorresio, Vallauri, fino a Oscar Botto recentemente scomparso.
Vi è poi l’impegno della città nella ricerca archeologica, con gli scavi condotti negli
anni ’50 nello Swat, in collaborazione con l’Ismeo, e proseguiti grazie alla creazione
del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia, che
ha svolto fruttuose campagne anche in Mesopotamia sotto la direzione di Tucci e
Gullini. Torino ha del resto sempre avuto istituzioni sensibili all’incentivazione delle
relazioni con il mondo orientale, come dimostrato dalla costituzione negli anni
passati - da parte di Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino - del
Cesmeo-Istituto Internazionale di Studi Asiatici Avanzati, la cui attività istituzionale
è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo.
Di qui anche la preesistenza in città e in regione di significativi nuclei
collezionistici, appartenenti a diverse istituzioni pubbliche e private, posti ora alla
base delle raccolte del nuovo museo tramite trasferimenti, donazioni o comodati a
lungo termine: un corpus significativo implementato in questi anni grazie a
un’importante campagna di acquisti sostenuta dal Comune di Torino e dalla
Fondazione Torino Musei - che ha permesso di assicurare alle collezioni del MAO
carattere organico e strutturato - e grazie al contributo della Compagnia San Paolo,
che ha provveduto all’acquisizione di opere di particolare pregio e spettacolarità,
cedute in comodato al Museo d’Arte Orientale di Torino.
Sono cinque gli ambiti geografici e le aree culturali - Asia Meridionale, Cina,
Regione Himalayana, Paesi Islamici e Giappone - in cui sono state suddivise le
raccolte, esposte in distinte “gallerie” ricavate negli ambienti di Palazzo Mazzonis.
La settecentesca residenza nobiliare, privata ormai di ogni arredo interno e
sottoposta dopo la guerra a devastanti interventi di ricostruzione, è ora fortemente
connotata, grazie al progetto allestitivo dell’architetto Andrea Bruno, da un
suggestivo “cubo” vetrato a copertura del cortile interno, che accoglie il visitatore
e lo indirizza al percorso museale: elemento di transizione tra il mondo occidentale
appena lasciato alle spalle e quello orientale, in cui ci si immerge da questo momento
in poi.
La galleria dedicata all’Asia Meridionale, al piano terreno, ospita le collezioni del
Gandhara, dell’India e del Sud est Asiatico.
Accanto ai fregi del grande stupa di Butkara, frutto degli scavi condotti negli anni
’50 dalla sede piemontese dell’Ismeo, la sezione dedicata al Gandhara ospita una
serie di statue in scisto, stucco e terracotta acquistate negli ultimi anni.
Nelle sale destinate all’arte indiana sono collocati rilievi e sculture che vanno dal II
secolo a.C. al XIV secolo d.C. e comprendono importanti esempi dell’arte Kushana
- come la grande testa di Buddha, in arenaria rossa maculata (I – II sec. d. C), una
delle più mature testimonianze della scuola di Mathura - dell’arte Gupta e del
Medioevo Indiano: tra i pezzi più significativi, in quest’ultimo caso, citiamo una
grande stele in arenaria del X – XI sec. d.C. proveniente dall’India centrale, rara
immagine buddista dell’epoca raffigurante Tara (la più nota figura femminile del
pantheon mahayanico, la salvatrice, ma anche la stella che illumina il cammino), e
una scultura dalla ricca composizione e dall’elegante ornato, proveniente dall’India
nord-orientale e riconducibile allo stile Pala-Sena, che presenta Shiva
(Maheshvara) e la consorte Parvati (Uma).
Del Sudest Asiatico il MAO offre esempi dell’arte thailandese, birmana e
cambogiana, che riflettono l’introduzione di iconografie e stili di origine indiana,
ma anche le elaborazioni originali seguite alla fine degli stati indianizzati. Sono
presenti sculture Khmer in pietra provenienti dall’area di Angkor e, accanto a
queste, opere birmane e thailandesi in legno e in bronzo, laccate e dorate, che
vanno dal X al XVIII secolo. Monumentale – tra gli esempi che si possono ricordare
- la scultura lignea di un Buddha coronato (XIII sec. d. C.) dai canoni stilistici
della scuola di Pagan: alta oltre 180 cm, l’opera risulta intagliata in un unico
tronco.
La Galleria Cinese, al primo piano del corpo centrale, ospita oggetti d’arte della Cina
antica dal 3.000 a.C. al 900 d.C. circa, con vasellame neolitico, bronzi rituali,
lacche e terrecotte. Cultura e costumi dei periodi Han (206 a.C.-220 d.C.) e Tang
(618-907) sono documentati da oltre duecento oggetti e statuette dell’arte
funeraria, fra le quali compaiono le figure di cammellieri e mercanti che rivelano
l’influenza esercitata dal mondo occidentale attraverso la Via della Seta. Interessanti
nelle collezioni del Museo torinese qui esposte un vaso yunjiu zun sul tema della
montagna popolata da immortali, un recipiente particolarmente raro per
l’impugnatura del coperchio formata da un “uomo piuma”, il cui processo di
metamorfosi da umano a uccello appare raramente così ben sottolineato; e ancora
un bellissimo cavallo fittile della prima metà del VI secolo d.C, parte di un corredo
funerario, riferibile alla dinastia Wei settentrionale, estremamente pregevole per
eleganza e grazia.
Ma tra gli oggetti più importanti della collezione cinese del MAO, non vanno
dimenticati una preziosissima brocca con coperchio a testa di fenice in gres
porcellanato, con invetriatura verde-gialla, riconducibile alla Dinastia Sui (inizio VII
secolo d.C.) - un manufatto bellissimo, il cui coperchio e la cui ansa (configurata
come un lungo drago) sono plasmati a mano, paragonabile fino ad oggi soltanto ad
un altro esempio conosciuto e conservato al Museo del Palazzo Imperiale di
Pechino – e la statuina fittile di uno straniero dal volto velato ( forse un
cammelliere persiano o, secondo altri, un sacerdote zoroastriano intento ad officiare
il rito del fuoco), pezzo assolutamente unico probabilmente modellato a mano,
ove di solito le statuine funerarie Tang sono invece realizzate a stampo.
Al secondo piano – nella sezione dedicata alla Regione Himalayana - sono collocate
importanti collezioni di quell’arte buddhista tibetana che efficacemente traduce in
pitture e sculture le radicali innovazioni introdotte nel Buddhismo dal diffondersi dei
tantra. Questa produzione, che naturalmente risente l’influenza della cultura e
dell’arte indiane e cinesi, inevitabilmente manifesta un certo sincretismo, ma risulta
tuttavia originalissima nelle straordinarie creazioni iconografiche che strettamente
seguono ad ogni nuova visionaria interpretazione dottrinale emergente dalle pratiche
tantriche. Si trovano fra tali opere sculture in legno e in metallo, strumenti rituali
riccamente decorati e numerosi dipinti a tempera su tessuto (thang-ka) databili dal
XII al XVIII secolo. Il museo dispone inoltre di due preziosi manoscritti del XV secolo
e possiede una delle maggiori raccolte europee di copertine lignee dei volumi del
Canone Buddhista Tibetano (bKa’-’gyur) intagliate e dipinte.
Le distruzioni operate in Tibet nel corso della Rivoluzione Culturale cinese hanno
disperso una parte notevole dello straordinario patrimonio artistico del paese che,
giunta in Occidente, vi ha tuttavia creato vivaci motivi di studio e di interesse. Al
MAO, fra altri suoi tesori, si trovano importanti frammenti in bronzo dorato
provenienti dai 18 grandi stupa di gDan-sa-mthil, il più importante centro
politico-religioso del Tibet alla metà del XV secolo.
Una ricca collezione di vasellame e piastrelle invetriate per la decorazione
architettonica – a evocare i suggestivi scenari delle grandi costruzioni di Isfahan,
Samarcanda e Istambul - è invece esposta nella galleria del terzo piano dedicata
all’arte dei Paesi Islamici.
L’arte islamica, il cui punto di partenza va individuato nell’incontro del mondo arabo
con le progredite civiltà artistiche bizantina e sasanide, ha manifestato nella
produzione ceramica una meravigliosa fertilità nello sviluppo di motivi decorativi:
oltre all’ornato geometrico che esplora tutte le possibilità della simmetria piana e
accanto all’arabesco che richiama elementi fitomorfi del mondo tardo-antico, si
sviluppano nell’arte islamica un’elegante decorazione calligrafica e un repertorio
figurativo che ricalca in particolare le tipologie sasanidi.
Le collezioni del museo illustrano l’evoluzione della produzione ceramica dal IX al
XVII secolo, sottolineando le interazioni stabilite con la porcellana cinese e
l’influenza esercitata sulle maioliche e faenze italiane. Il MAO possiede inoltre
pregevoli raccolte di bronzi, meravigliosi testi manoscritti arabi - fra i quali trovano
posto in particolare pagine del Corano tracciate in eleganti caratteri cufici, su
pergamene del X secolo - preziosi volumi miniati persiani del XVI secolo e
un’importante collezione di velluti ottomani degli inizi del XVIII secolo.
Infine il Giappone.
Nelle due sale al primo e secondo piano della manica laterale sono offerti al
visitatore significativi esempi della raffinata produzione artistica giapponese. Qui
trovano posto importanti statue lignee di ispirazione buddhista (dal XII al XVII
secolo) - come l’imponente Kongo Rikishi (h. 230) scolpito in legno di cipresso,
raffigurante un dvarapala (guardiano del monastero), straordinario esempio di
scultura del periodo Kamakura (XIII secolo) - ed eccezionali paraventi (degli inizi
del XVII secolo) che descrivono templi ed edifici dell’antica Kyoto e illustrano eventi
dell’epica giapponese. In particolare: due grandi paraventi di 382 x 152 cm l’uno,
risalenti al periodo Edo (metà del XVII secolo) e attribuibili ad un artista della
scuola Tosa, descrivono con colore, inchiostro e foglia oro, le battaglie di Ichinotani
e Yashima con una cura straordinaria dei particolari; mentre un’altra coppia di
paraventi è dedicata alle figure del Drago e della Tigre, evocatori della primavera e
dell’autunno (il drago designa l’Est, abita i cieli e simboleggia la pioggia fecondatrice;
la tigre designa l’Ovest e simboleggia la terra nutrice), riconducibili alla scuola di
Kishi Ganku e almeno in parte al maestro stesso. Sono inoltre esposti ventagli
dipinti e xilografie policrome in gran parte assegnabili al XVIII secolo, insieme con
una ricca collezione di oggetti laccati di raffinata fattura ed a tre splendide
armature di samurai dello stesso periodo.
Un corpus espositivo dunque quello del MAO di assoluto rilievo, di cui si sta
ultimando la schedatura e la catalogazione informatica.
Un viaggio affascinante in molti e diversi Orienti, sottolineato opportunamente
anche dalle scelte allestitive, che hanno voluto assicurare - pur nell’armonia generale
– una forte identità e una caratterizzazione specifica a ciascuna “galleria” e,
dunque, ai differenti ambiti culturali presentati: un viaggio in cui il visitatore è
chiamato all’esplorazione di cinque mondi artistici e culturali, i cui rimandi,
connessioni, relazioni e interscambi si potranno cogliere grazie al supporto di un
articolato apparato didascalico e a postazioni multimediali interattive collocate
lungo il percorso che consentiranno diversi approfondimenti interdisciplinari.
Torino. Apre il MAO. L’Arte ha nuovi Orienti.
anteprima per la stampa Giovedì 4 dicembre 2008, ore 12
apertura al pubblico dal 5 dicembre 2008
Museo d'Arte Orientale
Via San Domenico, 9 Torino
Da martedì a domenica: ore 10-18
Chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un'ora prima.
Biglietto unico valido tutto il giorno per le collezioni permanenti e per le mostre temporanee: intero euro 7,50, ridotto euro 6,00
Prenotazione visite con guida autonoma e con guida del museo: tel. 011.4436928
dal lunedì al venerdì dalle ore 9,30 alle ore 12,30
Attività e laboratori da martedì a venerdì 9 - 17 su prenotazione
Per informazioni e prenotazioni: tel. 011.4436928
dal lunedì al venerdì dalle ore 9,30 alle ore 12,30