Quel che resta e' la pittura. In mostra possiamo rileggere tutte le fasi attraverso le quali e' passato il lavoro dell'artista: a partire dal superamento dell'informale, ormai sentito come un vuoto esercizio accademico, fino all'affermazione del realismo figurativo. A cura di Maurizio Calvesi.
a cura di Maurizio Calvesi
Frittelli arte contemporanea dedica il secondo appuntamento della
stagione espositiva a Umberto Buscioni, protagonista di un
eccezionale percorso nella pittura figurativa del secondo Novecento e
oggi al centro di una rinnovata attenzione critica e di pubblico.
Per questa occasione Maurizio Calvesi ha curato una mostra antologica
e un esaustivo catalogo dal titolo Quel che resta è la pittura, in
cui è ripercorsa la ricerca artistica di Buscioni dagli esordi, agli
inizi degli anni ‘60, fino ai nostri giorni.
Aldilà di classificazioni, categorie e correnti quel che resta è la
pittura, una pittura condotta con mestiere, dove la superficie del
quadro è protagonista e in cui ogni rimando metaforico è secondario,
poiché quello che veramente muove l'artista è l'analisi del mezzo
pittorico.
Nel corpo stesso della pittura l'artista trova i mezzi narrativi per
raccontarci le storie della nostra vita. In questo viaggio dal
lontano 1959 passiamo dal senso di attesa e fiducia che emerge nei
dipinti dai colori pastello degli anni Sessanta, all'algido
equilibrio raccontato dal candore dei marmi o delle dinamiche
bandiere nei quadri degli anni Settanta, per giungere negli anni
Ottanta al tema del viaggio alla ricerca della propria interiorità,
quando i cromatismi degli angeli caduti si accendono e divengono
quasi elettrici, raccontandoci il cortocircuito tra spiritualità e
postmoderno. Nella pittura del decennio seguente il colore si fa
scuro, scendono le ombre notturne e le figure si scompongono in
giochi di tende e sipari finché, nelle opere più recenti, l'artista
torna a sorprenderci con dipinti ancora inediti, caratterizzati da un
rosa acceso che fa da sfondo alle storie mitiche dell'Età dell'Oro.
In mostra possiamo rileggere tutte le fasi attraverso le quali il
lavoro di Buscioni è passato: dal superamento dell'informale, ormai
sentito come un vuoto esercizio accademico, all'avvicinamento alla
realtà attraverso quello che Crispolti definisce un Animismo
viscerale, passando a Possibilità di Relazione in cui egli torna
definitivamente al reale attraverso un progressivo recupero degli
oggetti che conducono l'artista ad un segno pittorico sempre più
netto, fino ad arrivare alla fase Pop in cui Buscioni raggiunge un
linguaggio più maturo, in coincidenza con quella che Cesare Vivaldi
definì la Scuola di Pistoia formata da Barni, Buscioni, Ruffi e
Natalini.
Siamo negli anni Sessanta, quando motociclette, camicie, cravatte,
aquiloni, bandiere diventano per Buscioni le parole con cui costruire
un personale linguaggio. Egli sottopone questi oggetti ad una
scomposizione per poterli poi, con totale libertà e audacia,
ricomporli sulla tela. Emerge così con ancor maggior evidenza che
l'interesse vero dell'artista è tutto da ricercarsi nelle linee,
nelle forme e nei colori che si vanno disponendo sulla superficie del
quadro. Buscioni persegue una personalissima indagine sui codici
della pittura, come elaborazione sia di temi ricavati per sintesi
dalle icone delle sue bandiere e cravatte e altre stoffe decorate,
sia di citazioni dal repertorio iconografico della tradizione
pittorica ormai integrata nel proprio vocabolario. È così che
vediamo apparire negli anni Settanta i marmi, gli Evangelisti, gli
Angeli caduti, ma anche predelle e lunette.
La fedeltà e la coerenza che caratterizza tutto il suo percorso
artistico si ravvisa anche nei quadri più recenti dove ancora una
volta emergono l'amore e la fiducia profonda che Umberto Buscioni
nutre per la pittura. Le tele più recenti esposte negli spazi della
galleria Frittelli testimoniano l'evoluzione del percorso artistico
di Buscioni, segnato dal fondamentale incontro con la Pop art degli
anni Sessanta e oggi ancora aperto a nuove sperimentazioni. Nella
piena maturità espressiva l'artista crea opere avvolte da
un'atmosfera sospesa, nelle quali persone e oggetti sono colti nella
loro quotidianità, privati di pesantezza fisica e cromatica.
Trasparenti e leggeri, questi figuranti sognati sono spinti da un
vento misterioso che tutto fa muovere e la cui origine rimane
enigmatica.
Pittore da sempre e per sempre, l'autore frequenta il Rinascimento e
il Manierismo consapevole delle proprie radici culturali,
rielaborando la tradizione artistica secondo una propria singolare
concezione figurativa aderente al presente. La mostra si presenta
così come una occasione unica per scoprire l'avventura figurativa di
un artista vitale e operoso, capace di trasfigurare il mistero delle
cose quotidiane in apparizioni di stupefatta poesia.
Biografia
Umberto Buscioni nasce a Bonelle (Pistoia) nel 1931 e vive dal 1980 a
Serravalle Pistoiese.
Si dedica a tempo pieno alla pittura dai primi anni Sessanta, scelta
che diventa decisiva con il soggiorno in Marocco, insieme alla moglie
Bianca, tra il 1962 e il 1964. Le opere prodotte in questi anni sono
ancora di ascendenza informale, ma in quelle marocchine la
figurazione è già più allusiva a una natura riconoscibile.
Il rientro dal Marocco vede una nuova fase dell’opera di Buscioni:
ritrova infatti gli amici Barni, Ruffi e Natalini e nel 1966 entra
ufficialmente a far parte di quella che Cesare Vivaldi definì Scuola
di Pistoia, che nel frattempo Natalini aveva lasciato per dedicarsi
all’architettura. La Scuola di Pistoia è una delle più
interessanti risposte italiane alla Pop Art. Gli oggetti
rappresentati da Buscioni non provengono però dalle pagine dei
rotocalchi o dai manifesti pubblicitari, sono oggetti comuni, che
hanno una rapporto intimo con l’artista, trasportati in un clima di
sospensione, magico, in cui una luce mentale è protagonista. E una
particolare attenzione è rivolta alle stoffe, all’involucro, alla
superficie delle cose: le cravatte, le camicie e le giacche
protagoniste delle opere, sono irrigidite da righe e pieghe, che le
rendono autonome dalla figura umana.
Nell’opera di Buscioni la pittura resta sempre indiscussa
protagonista, anche negli anni in cui la ricerca artistica
internazionale si orienta verso gli orizzonti del concettuale e del
comportamento.
Nei primi anni Settanta la visione sull’oggetto dell’artista
pistoiese si fa più ravvicinata, e con un gesto analitico e
controllato della mano riproduce i particolari di quelle stesse
pieghe e di quelle stoffe, in una sintesi quasi astratta.
Il riferimento alla pittura manierista pervade tutta la ricerca di
Buscioni, fino ad arrivare ad esplicite citazioni soprattutto di
Pontormo e Salviati. Proprio nei primi anni Settanta le stoffe e i
materiali si fanno più ricchi e decorativi ed entrano in scena le
venature del marmo.
Con gli anni si fa sempre più forte l’attenzione nei confronti di
temi biblici e sacri, la forma stessa della pala d’altare inizia ad
essere indagata nella serie delle deposizioni.
Dal 1980 al 1998 è titolare della Cattedra di Pittura all’Accademia
di Carrara e proprio l’inizio degli anni Ottanta vede
nella pittura di Buscioni l’apparizione di visioni quasi mistiche di
santi e angeli in caduta, le cui stoffe si gonfiano durante i voli e
le ascensioni, arrivando persino a incendiarsi.
Nel cielo appaiono
tenebre e atmosferismi lontani dalla luce cristallina degli anni
Sessanta. Anche quando ricompaiono alcuni oggetti della dimensione
privata e quotidiana, vengono rievocati attraverso sguardi e tonalità
più intimi e riflessivi. La figura umana torna ad abitare gli spazi e
a riempire le stoffe, anch’essa carica di energia, accesa da fuochi
e tormentata dalle ombre.
La costante devozione di Buscioni alla pittura è stata accompagnata
da un’importante produzione di disegni, alcuni conservati al
Gabinetto di Disegni e Stampe degli Uffizi, infine di non minore
interesse sono le vetrate artistiche dell’artista pistoiese; da
ricordare la Caduta di San Paolo del 1991 per la chiesa di San Paolo
a Pistoia e Il giorno e la sera à rebours per l’atelier Areablu di
Pistoia del 2002.
Immagine: Angelo di mezzanotte (2003-2005), olio su tela cm 100x100
Inaugurazione 13 dicembre 2008 ore 18
Frittelli Arte Contemporanea
via Val di Marina, 15 - Firenze
orari dal martedì al sabato 10-13 | 15,30-19,30
ingresso libero