Palazzo Tornielli
Borgomanero (NO)
Corso Cavour, 16
0322 837711 FAX 0322 845206
WEB
Teonesto Deabate
dal 28/12/2008 al 15/1/2009
10-12,30 e 14,30-18

Segnalato da

Segreteria G. Barberis




 
calendario eventi  :: 




28/12/2008

Teonesto Deabate

Palazzo Tornielli, Borgomanero (NO)

Opere scelte. La rassegna presenta, attraverso una cinquantina di dipinti, la significativa evoluzione dell'artista torinese. A cura di Giorgio Barberis e Luca Golino .


comunicato stampa

a cura di Giorgio Barberis e Luca Golino

La rassegna presenta, attraverso una cinquantina di dipinti , la significativa evoluzione artistica del grande maestro torinese Teonesto Deabate (1898 - 1981) per far conoscere al meglio la produzione di questo pittore che, della sua arte e del suo mestiere, ha fatto la propria ragione di vita trasmettendo serenità ed allegria.

Ho un piacevole ricordo del Maestro Deabate; un ricordo che risale al 1980 e che si ricollega ad una delle ultime personali a lui dedicate che curai personalmente per la Galleria “Arte’80” di Savigliano (CN). Arrivò in compagnia di una gentile signora e della sua allieva prediletta degli ultimi tempi: Valeria Scuteri, attenta discente che oggi calca brillantemente le scene dell’arte portandosi dietro il bagaglio culturale lasciatole dall’adorato mentore. Osservò attentamente la disposizione delle opere, ne commentò alcune e poi, visibilmente soddisfatto, si appoggiò affaticato e provato dalla lunga malattia, che da tempo si era impossessato di lui, ad un lato del grande tavolo troneggiante nella sala principale della galleria dove erano collocati depliant e cataloghi, ed iniziò, seppur con fatica, a discettare di arte. Nel lungo intrattenersi con me, ed altri attenti estimatori dei suoi lavori, non venne fuori il Deabate illustratore, scultore, fotografo, realizzatore di pitture murali, ceramista, decoratore, interior designer e professore di disegno dal vero e di scenografia ad Architettura ultimamente sbandierato da tutti gli scriba che, assenti in quei tempi per impegni diversi, ne hanno riscoperto tardivamente, attraverso fiumi di inchiostro per catalogo, l’intrinseca ed evidentissima validità.

Venne fuori “...un uomo di sana cultura che volentieri dissimulava – come scrisse puntualmente il grande Ernesto Caballo qualche anno dopo la scomparsa del pittore avvenuta nel 1981 – [un uomo che ] credeva in una società nuova: avverso alla cultura dell’elitismo...Intendeva la cultura non come mezzo ma come fine, rivolta alle problematiche dell’anima contemporanea...Aggiornato puntigliosamente sugli indirizzi più avanzati dell’arte, si dimostrava obiettivo nei giudizi, acritico, legittimando il diritto ad ogni coesistenza...”. E così si andò ai disegni eseguiti sul Carso durante la prima Guerra Mondiale, all’impegno con la manifattura Vittoria della vicina Mondovì ed a quello profuso per la torinese Lenci, ai ricordi legati a Boetto, Fillia, Corbelli, Micheletti, “I Sei”, Morando, Peluzzi ed a tutti coloro, in verità pochi, che aveva stimato come critici e come autori. Parlò della sua Torino e dei temi ad essa legati, degli scorci di Bardonecchia, del mare di Chiavari, della magia di Venezia, di Elsa, la modella preferita, e delle sfide lanciate al modernismo con l’interpretazione delle nature morte. Non accennò minimamente al suo grande curricolo espositivo ed alle soddisfazioni derivategli per molto tempo dall’aggiudicazione di premi e riconoscimenti di alto lignaggio (come il premio Albarello ottenuto in occasione della presenza alla Quadriennale di Torino).

In pieno vernissage, provato ma soddisfatto per la numerosa presenza di invitati, si accomodò in disparte su una poltrona e continuò a parlare sommessamente con Valeria ed un collezionista appena giunto da Alessandria. Ne approfittai, tra un saluto ed una stretta di mano, per riandare a quanto avevo assimilato dalla chiacchierata col maestro e per rivedere le opere esposte che ormai conoscevo a memoria ma che, ora, mi si presentavano sotto una luce diversa. La stessa luce che mi colpisce ancora in ordine a questa rassegna, ricca di oltre sessanta opere, tra oli ed acquarelli, che vanno dagli anni Venti alla fine degli anni Settanta, dove spiccano “La tettoia”, “Modella con cappello giallo”, “Nudo disteso”, “Barca sul Po”, “Piazza castello in Festa” “Varigotti”, “Venezia” ed altri capolavori inediti, e che mi fa convenire, col Deabate di allora, quanto ieri, ed oggi più che mai, le discipline che afferiscono in qualche modo all'arte figurativa denunciano l'esigenza di rassicuranti fondazioni metodologiche e schemi di verifica di incontrovertibile affidabilità. Canoni fondamentali per capire un po' la pittura di questo autore e giudicarla nei suoi giusti limiti e pregi considerandola entro il momento storico in cui si è svolta e tenendo conto delle radici culturali e del particolare gusto in cui si è sviluppata, cioè riandando alla cultura ed alle tendenze pittoriche allora assai vive nell'ambiente artistico di Torino. Tendenze di carattere figurativo che, dopo il 1945 si allargarono con un'apertura più internazionale verso correnti e modi astratti, informali, che ancor oggi dominano la gnosi ed il mercato dell'arte.

Negli anni presi in considerazione dalla rassegna, in Italia l'arte seguì prima la tradizione classicistica, sostenuta in parte anche dal regime fascista che fece trionfare il movimento di ''Novecento'' e le grandi Biennali con i vari Sironi, Carrà, Oppi, Funi, Casorati, Tosi ed altri eccellenti artisti, tutti operanti entro una visione figurativa comune di derivazione post-impressionista che non direi vecchia, superata, ma nuova, attuale in quel momento. Poi, negli anni quaranta, come s'è accennato, subentrarono pian piano quelle correnti e mode internazionali che ancora oggi dominano prepotenti il campo artistico senza differenziarsi da un continente all'altro nella loro sostanza formale. Sfiorata dal recupero di Cézanne, ma mai dall’abiura della figurazione, la pittura di Deabate cominciò a connotarsi come precisa reazione agli eccessi di intellettualismo che stavano trasformando l’arte in fenomeno fortemente elitario, rivolto a cerchie specializzate, stabilizzandosi sui soggetti e i caratteri di massima individuati negli anni precedenti, ma secondo accenti sempre più personali e diretti che limitarono al minimo le mediazioni nella comunicazione fra l’artista e il suo pubblico. Buon momento fu perciò quello, a Torino, tra il '45 e gli anni Sessanta, nel quale rimase viva una pittura ancora piemontese, originale, che continuava in modi nuovi quella degli ultimi grandi ottocentisti operanti nei primi decenni del '900; una pittura non eccelsa e, se vogliamo limitarla, anche un po' provinciale, ma l'unica che avesse ancora una propria identità. Entro tale ambiente, come si vede bene osservando i lavori in mostra, si mosse Deabate.

Base prima e primo intendimento del suo lavoro fu l'adesione al vero, che per lui rappresentò quasi un esercizio, una preparazione tecnica per quella che doveva essere in seguito la realizzazione dell'opera d'arte della maturità. Quella maturità in cui la pittura, seppur legata da un filo rosso a tutto il precedente operare, divenne dolce, riposante, trattata senza ombre, eseguita a stesure larghe con una pennellata fresca, sensuale, a volte ricca di colore a volte evanescente; una pittura che, proseguendo nel tempo, si semplificò e si purificò maggiormente con esiti di una più coerente qualità stilistica. Forse tenuto un po’in disparte da vivo perché troppo indulgente nei confronti della popolarità ottenuta nella sua città, perché troppo intellettualmente schivo, Deabate si prende ora le sue rivincite. Più di cinque lustri dalla morte sarebbero bastati a spazzarlo via non solo dalla memoria dei critici, ma anche del grande pubblico. E invece, eccolo ancora fra noi, eccoci ancora ad occuparci di lui. Della sua arte intenzionalmente semplice, votata a individuare un’idea istintiva del bello, di quanto più larga condivisione possibile, quasi francescana nel concepire il senso della natura, un sermo communis per il quale una marina è sempre una marina e un fiore un fiore.
Giorgio Barberis


Palazzo Comunale
Corso Cavour, 16 - Borgomanero (NO)
Orari: da lunedì a domenica : 10/12,30 – 14,30/18,00
Ingresso libero

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