Carlo Bordone e Matteo ci accolgono con il loro pensiero; la maniera di Matteo deriva da un approccio fotografico poi cancellato dal ricordo di una sola espressione, una sorta di frame pittorico. Lo stile di Carlo e' piu' antico: c'e' un'idea di crocifissione nella postura delle sue teste, e' un limite che si pone l'artista per non volersi liberare del soggetto; i volti di Carlo non sono mai finiti. Marco Mango
Osserva con i tuoi occhi e ascolta con le tue orecchie; concentrati, e poi pensa a come un ritratto altrui possa persino apparire come
uno specchio di te stesso, per giungere ad una fine, che è quella di un volto, che non è solo tuo, ma è di tutti coloro che lo guardano.
Infatti la parabola del ritratto nella pittura non ha tempo, è un gesto assoluto, come le note musicali, non smetterà mai di comunicare.
Non è solo la traccia di uno stile dell’artista ma il significato del suo pensiero sul mondo attraverso gli occhi degli altri.
E’ importante sottolineare che il risultato del ritratto non tiene conto della sua tecnica, la tecnica è importante al fine del rapporto che
l’artista ha con la materia, ma il soggetto , il protagonista, ce la fa presto dimenticare: sono il suo volto e la sua storia che vincono su
tutto.
Quindi di fronte ad un ritratto siamo rapiti, increduli e riflessi.
Qui al numero 42 di via Carteria Carlo Bordone e Matteo ci accolgono con il loro pensiero; la maniera di Matteo deriva da un
approccio fotografico poi cancellato dal ricordo di una sola espressione, una sorta di frame pittorico. Lo stile di Carlo è più antico:
c’è un’idea di crocifissione nella postura delle sue teste, è un limite che si pone l’artista per non volersi liberare del soggetto; i volti di
Carlo non sono mai finiti.
L’unire questi due segni primari e autentici è un gesto di passione per la pittura che, a mio parere, con il ritratto si eleva a una forma di
sintesi e fissità che nelle arti è paragonabile solo alla poesia.
Matteo presenta una serie di soggetti che sembrano averlo emozionato tempo fa, è come se tramite la sua pittura ritornassero in
superficie: si tratta di solito della rielaborazione di ricordi recenti e lontani. Sono dei protagonisti, con un segno che presenta una forte
teatralità ; è Matteo che come regista e attore stesso, fa muovere i suoi modelli-attori nello spazio della tela.
I ritratti di Matteo sono veri.
Carlo ha un’origine monotematica, la sua ripetizione è sintomo di una ricerca emozionante con un’ossessione lirica che fa venire in
mente la cattedrale di Rouen di Monet, ma il suo ostinarsi senza fine porta i suoi lavori a perdersi nello spazio della pittura per
accarezzare un’idea di astrazione figurativa.
Mentre le smorfie pensanti di Matteo ci consolano con la loro schiettezza, i volti di Carlo portano ad una maggiore introspezione e
sofferenza, vi ritroviamo un sentimento di insoddisfazione nella sua pittura che è dato da una volontà di non esistenza. I volti di Carlo
non esistono.
Questa diversità conciliante è la forza della mostra, dove l’osservatore si riconosce e si perde nell’ espressione.
Una testa, un ritratto, un volto, questi differenti soggetti che caratterizzano l’esposizione, nonché la ricerca costante dei due artisti nel
raggiungere la meta espressiva, ci portano ad accettare e a considerare la mostra come una parafrasi dell’identità dei ritratti e della
volontà di immaginarne l’essenza.
La testa come Persona = essere mostra in quanto tale.
Piccolo consiglio sonoro
Osservare la mostra se si vuole con in mente All you need is love
Marco Mango
Immagine: Matteo: "Ritratto", 1997. Olio su tela, cm 130x110.
"PERSONA"
- Carlo Bordone
- Matteo
Testo di Marco Mango
Inaugurazione: sabato 9 marzo 2002 ore 18
QUARANTA2 contemporaneo, Via Carteria 42, Modena
orario galleria: merc. ven. sab. 16.30 / 19.30