Metamorfosi. Un percorso di circa 30 dipinti attraverso i vari generi amati dall'artista, dalle nature morte evocative di mistero, ai paesaggi ideali di recente creazione, dagli animali bizzarri alle figure umane.
La Galleria Forni ospita per la prima volta nei propri spazi bolognesi la mostra personale di Agostino Arrivabene, un percorso di circa trenta dipinti attraverso i vari generi amati dall’artista, dalle nature morte evocative di mistero, ai paesaggi ideali di recente creazione, dagli animali bizzarri alle figure umane. Le opere Di Agostino Arrivabene sono caratterizzate da una forte carica visionaria con una predilezione per il linguaggio simbolista e sono realizzate con preziosi materiali e tecniche oggi caduti in disuso, come la preparazione artigianale dei colori e dei medium antichi.
Il tema del male, della morte e del dolore, è una costante della sua produzione, in cui figure dolenti vagano in sconfinati paesaggi visionari. La sua più recente produzione rivela però una maggiore presenza di luce, nella quale il lato oscuro sembra dissolversi: in questi ultimi due anni luci accecanti invadono figure in estasi, figure che attendono la risposta a quesiti cosmici e che sono espressione della condizione umana, ovvero dell'inesorabile ed eterno vagare lungo la linea di demarcazione tra luce e ombra. Vi è un altro elemento portatore di luce che ricorre insistentemente nei dipinti di recente produzione: è la farfalla bianca, “pieris Rapae” o comunemente chiamata cavolaia che, durante la bella stagione, punteggia i prati della campagna lombarda dove Arrivabene vive e dipinge. Numerosi sono i dipinti in mostra in cui compare questo grazioso lepidottero che sembra avere la funzione di un marchio divino, un piccolo bagliore che porta il segno del cambiamento verso luci nuove .
OPERE ESPOSTE
Il genere della natura morta ha cominciato ad apparire nella produzione dell'artista con il dipinto “14 giugno 1642, omaggio a Saskia e Rembrandt” realizzato in occasione della collettiva “Flowers” inaugurata nel maggio 2008 allo studio Forni di Milano, commovente e poetico omaggio di Arrivabene all’unione dell’artista olandese con la sua prima moglie scomparsa in circostanze dolorose e premature. Da questo dipinto sono scaturite opere in cui il fiore, come nel caso del dipinto “Corona santa”, diventa manifestazione di un segno, di un miracolo divino, di un evento trasmutante verso una sacralità risolutiva.
Gli animali rappresentano da alcuni anni uno fra i generi pittorici che Arrivabene predilige. Sebbene abbia già dato prova in passato di costruzioni iconografiche di caleidoscopica fantasia cariche di artifizi e assurdità del mondo animale, in questa sua ultima personale alla Galleria Forni l'artista sembra voler spostare l'attenzione: le figure animali appaiono come elementi di trasmutazione, ovvero attraverso l’aberrazione dell’albinismo l'elemento animale diventa, per via della sua rarità, elemento divino, manifestazione della divinità. Lo spunto dell’albinismo nel regno animale ha dato luce al grande dipinto di “Zeus”, bianchissimo toro albino sulle cui corna posano una miriade di piccole farfalle bianche, che troneggia al centro del quadro padroneggiando la scena (e la mostra - visto che con i suoi 2 metri per uno e mezzo è il più grande dipinto in esposizione). Zeus, il dio, appare come un divino rapitore e, nella sua aberrazione, nel suo falso candore innocente, è pronto ad invaghirsi della bellezza di Europa. Zeus, nella sua rarità di grande toro albino, vuole quindi dominare il mondo attraverso una sensualità ed una possessività che però non gli appartengono.
Il grande toro Zeus può essere anche “mostro (= ciò che viene mostrato per meravigliare perché il diverso è sorprendente, dunque bello in quanto straordinario), è immagine ormai talmente connaturata ai modi del vissuto odierno da esserne.. anche ..costume culturale .. ma i pensieri di Arrivabene non s’annidano tra queste morfologie aliene rese banali dalla massiccia divulgazione, ma il suo immaginare attua deragliamenti dell’intimo ragionare, dove il mostruoso, semmai, s’allontana per altri percorsi.” ( Renzo Margonari )
La dualità degli opposti luce ed ombra hanno dato origine ai dipinti dei capri, l'uno , ''Il capro bianco'' candido, albino, in un paesaggio islandese dalle luci adamantine, e il suo opposto, ''Il caprone nero'' un ancestrale caprone in una notte artica, in cui pare fluttuare nel blu con miriadi di lucciole simbiotiche. Il palesarsi di una natura divina o demoniaca insieme sottolinea i contrasti di forze ctonie.
Genere pittorico che Arrivabene segue oramai da tempo, il paesaggio, si apre verso sconfinati orizzonti in cui l’ipotesi geografica si confonde con una geografia immaginaria, proveniente dal mondo delle idee e che diventa così quasi ''edenica''.
Il dio greco fa la sua comparsa in numerosi dipinti , in veste di nube dorata e candida, sulla torre di una rocca normanna o sulla sommità di un promontorio, rispettivamente nei dipinti “Danae” e “Nube ch’avanza” per i quali Arrivabene si serve dell’isola di Marettimo, in Sicilia, come fonte ispirativa, come luogo in cui la realtà mediterranea si confonde con l’Olimpo, sede del dio e sede del mistero.
Anche nel paesaggio ideale “I balnea di Zeus” il dio ambiguamente si palesa sotto la forma di una nube bianca lontana o ancora, come era idealmente nelle intenzioni dell’artista, in un toro bianco guazzante in acqua, ma che, appunto, non c’è, non si vede, non è stato dipinto di proposito, è stato solo evocato da un titolo.
Vi è anche un ritorno ad architetture antiche, ideali, ma decontestualizzate, come in “ Ratto di Ganimede al foro di Traiano” in cui un fulmine squarcia pietre e colonne realmente esistenti ma in questo caso assurdamente decontestualizzate; appare cosi il dio, Zeus, solo attraverso l’elemento naturale che lo contraddistingue, un fulmine dalla forma zoomorfa, quasi fosse una zampa d’aquila che scende dal cielo. Il fulmine/aquila, in questo caso, è elemento della natura che evoca il passionale rapimento di Ganimede dei miti, ma l’assenza del fanciullo, ormai scomparso all'occhio umano, rende ancora più palese una bellezza ormai inaccessibile agli uomini. La sua assenza nel quadro ne definisce pertanto il mistero e la meraviglia inaccessibili.
L'apparizione infine di personaggi ritratti, come “Dimitri” o “Andrea con farfalla blu” chiudono l'escursus fra i generi che Arrivabene ha toccato per questa personale. Si tratta di figure o presenze reali nella vita dell’artista ma che in questi dipinti acquisiscono la valenza di demiurghi o meglio guide verso una dimensione parallela sia metafisica che gotica ma, per certi versi, esotica insieme. I ritratti sembrano dare sfogo alla sua più mirabolante e perversa fantasia e al suo amore verso tutte le manifestazioni più rare ed insolite della natura.
Biografia
Agostino Arrivabene nasce a Rivolta d’Adda, in provincia di Cremona nel 1967. Si è diplomato all’accademia di Belle Arti di Milano, ma acquisisce la sua vera formazione attraverso i grandi maestri del passato osservandone dal vero le loro opere in numerosi musei d’Europa e del mondo, in cerca sempre di un unico filo conduttore che potesse ricongiungere la poetica del passato e la ricerca della “bellezza”, ma nella contraddittoria realtà del suo tempo presente.
La sua ricerca artistica si sviluppa sotto il segno e la guida degli antichi maestri, in particolare Leonardo, Durer, Van Eych, Rembrandt e tutti i primitivi fiamminghi.
In un personalissimo percorso anti-moderno, l’artista scopre da autodidatta negli anni della formazione le tecniche pittoriche tradizionali fino alla preparazione artigianale dei colori, fino alla ricerca continua degli antichi medium utilizzati nella pittura del passato.
Fra i generi dipinti, frequenti sono i soggetti bizzarri tratti da naturalia, mirabilia, e artificialia discipline barocche e rinascimentali dell’antica ed acerba catalogazione museale della realtà, ovvero manufatti del mondo naturale che trovano ancora una loro collocazione nel mondo di oggi, fatto ancora di ricercatezze, deformità, bizzarie del quotidiano. Rammentando la caducità delle cose umane, in un ciclo che diviene un vero e proprio memento mori, l’artista ha saputo creare sulla tela delle moderne e virtuali Wunderkammer, ovvero le stanze delle meraviglie dove un tempo i collezionisti conservavano insieme opere d’arte, oggetti insoliti, stravaganti e frammenti del mondo naturale per creare un personalissimo museo del mondo .
Definito “ un giovane in grado di dipingere come un antico maestro fiammingo “ da Vittorio Sgarbi, nel corso della presentazione della mostra piacentina del 2002 ,dedicata al Surrealismo Padano, nella quale era possibile ammirare tre splendide opere dell’artista, negli anni successivi è stato invitato dal noto critico a partecipare a numerose mostre collettive e tematiche di notevole interesse. Nel 2005 alla mostra “ Il Male – Esercizi di pittura crudele“ presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi a Torino; a “ La ricerca dell’identità: da Antonello a De Chirico'' presso il Museo Archeologico di Aosta e all’ultima “L’inquietudine del volto: da Lotto a Freud'' presso gli spazi espositivi progettati da Renzo Piano per la sede della Banca Popolare di Lodi. Nel 2007 alle mostre milanesi “Vade retro-Arte e omosessualità” a Palazzo della Ragione, e a “Pittura italiana 1968-2007'' sempre a Palazzo Reale.
catalogo della mostra, con testo introduttivo di Flavio Arensi, disponibile al
FORNIBOOKSHOP
Inaugurazione sabato 17 gennaio 2009, ore 18
Galleria Forni
Via Farini, 26 - Bologna
Orari di apertura: 9,30 -13.00 e 16.00 -19,30 chiuso lunedì e festivi
ingresso libero