In mostra circa 40 opere, di diverse dimensioni, che documentano l'intero percorso creativo dell'artista francese, dai primi lavori datati 1978 all'installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici. Il suo lavoro si puo' definire di matrice concettuale, dove pero' l'intento analitico e' spostato dal linguaggio dell'arte in se', verso il confronto fra quest'ultimo e il mondo della comunicazione sociale e degli oggetti comuni. A cura di Giorgio Verzotti.
a cura di Giorgio Verzotti
Da mercoledì 28 gennaio a domenica 8 marzo 2008, l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric
Mitterrand, dedica una mostra a Bertrand Lavier, a cura di Giorgio Verzotti, con circa quaranta opere, di
diverse dimensioni, che documenteranno l’intero percorso creativo dell’artista francese, dai primi lavori datati
1978 all’installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici, dove tra l’altro
figurerà anche la Fontaine opera dell’artista, a suo tempo realizzata in occasione della grande collettiva La
ville, le jardin, la mémoire.
Bertrand Lavier è riconosciuto, a livello internazionale, come uno degli artisti francesi più significativi degli
ultimi decenni, e la sua opera ha lasciato molte tracce anche in Italia, dove ha esposto in numerosi musei
pubblici e gallerie private.
Il suo lavoro si può definire di matrice concettuale, dove però l’intento analitico è spostato dal linguaggio
dell’arte in sé, verso il confronto fra quest’ultimo e il mondo della comunicazione sociale e degli oggetti
comuni. Più precisamente, Lavier mette in rilievo i meccanismi di attribuzione di valore invalsi nel mondo
dell’arte e li confronta con quelli con cui siamo abituati a valutare, usare e consumare gli oggetti tipici della
nostra contemporaneità, da quelli più banali a quelli più preziosi. Bertrand Lavier indaga sul confine, a volte
molto sottile, che separa questi due universi oggettuali, e pone in primo piano il feticismo che direziona i
nostri comportamenti all’interno di essi. Senza dubbio, l’artista si rifà al grande precedente di Marcel
Duchamp e dei suoi ready-made, oggetti qualsiasi esposti in quanto tali nei luoghi istituzionali dell’arte.
Come per Duchamp, il punto di partenza di Lavier è un approccio di tipo linguistico, e meta-linguistico.
La selezione delle opere per questa mostra, tutte scelte in base alle specificità degli spazi espositivi di Villa
Medici, documenta le diverse strategie intraprese dall’artista per affrontare queste tematiche.
Lo scollamento, fra parole e cose, fra oggetti e concetti, è presente già nei primi lavori della fine degli anni
Settanta: come nominare un colore? Come distinguerlo dalle innumerevoli sfumature di tono? Come far
coincidere il concetto di “rosso” con una realtà precisa? È questo il cimento in cui si impegnano i dittici
monocromi di cui vediamo in mostra diversi esemplari.
Gli oggetti ricoperti di densa pittura acrilica che hanno reso Lavier subito famoso per la loro radicalità, e che
in mostra sono rappresentati da Steinway (1985, pianoforte dipinto ad acrilico), hanno aperto subito il
confronto fra il sistema della pittura e il mondo “reale”, inscenando una “transvalutazione” dell’atto pittorico,
inteso come linguaggio aulico, trasformato qui nell’atto meccanico e passivamente orientato di ricoprire
interamente un oggetto con pittura che dell’oggetto imita anche il colore.
Una simile indagine, meno espressiva e forse più enigmatica a prima vista, direziona anche la serie degli
oggetti sovrapposti l’uno sull’altro, dove l’uno fa da piedistallo all’altro - per esempio elementi d’arredo sopra
a frigoriferi, come nel caso dell’opera esposta nell’atrio di Villa Medici - in cui viene ripreso il dibattito
tipicamente modernista intorno al modo di esporre e valorizzare la scultura astratta. Fra due oggetti comuni,
quale sarà l’opera e quale il dispositivo di esibizione/valorizzazione? A una simile domanda rispondono
anche gli oggetti collocati su un vero piedistallo fatto realizzare da artigiani specializzati nella presentazione,
per i musei etnografici, di reperti di cultura “primitiva”. In questo caso il confronto, sempre sul filo dell’ironia,diviene “transculturale” e ci offre la visione di oggetti consumati, al limite del rottame, “salvati” dall’atto di
esporli e provvisti di eleganti supporti metallici.
Ma Bertrand Lavier adotta anche i segni del reale, così come li trova nell’esperienza quotidiana. Per lui, le
vetrate dei negozi ricoperte da grandi pennellate bianche - azione che si compie quando la vetrina è in
allestimento - rimandano alla pittura gestuale, e hanno la dignità dei colpi di pennello. Le fotografa e le
espone come brani di pittura “trovata”, come sono “trovati” i suoi oggetti.
E a questa scelta di segni “bassi” risponde anche la citazione dal repertorio “alto” dell’arte contemporanea,
come quando con luci al neon colorate Lavier rifà le opere astratto-analitiche del primo Frank Stella. Del
resto, in una serie ben nota tratta da un fumetto di Walt Disney, l’artista ha tratto pitture e sculture “astratte”,
rifacendo in realtà quelle che figurano nelle sale dell’immaginario museo visitato da Topolino e Minnie.
Culture alte e culture basse convivono quindi nell’opera di Bertrand Lavier. Per noi che siamo calati
nell’universo mediatico, opere d’arte come le sue possono servire da bussole, strumenti per orientarci nel
bombardamento di immagini e segni a cui siamo sottoposti, e per cogliere in esso i diversi livelli di qualità,
soprattutto per renderci consapevoli dei criteri con cui selezioniamo, più o meno consapevolmente, i
messaggi intercettati.
La mostra di Bertrand Lavier sarà accompagnata da un catalogo edito da Presses du réel, con
un’introduzione di Frédéric Mitterrand e i testi di Bernard Blistène e di Giorgio Verzotti.
Info pubblico: tel: 06/67611
Info stampa: Ludovica Solari Tel: +39 06 67 61 291 Fax: +39 06 67 61 243 e-mail: stampa@villamedici.it
Vernissage: Martedì 27 gennaio 2009 ore 18.30
Accademia di Francia a Roma - Villa Medici
Viale Trinità dei Monti, 1 Roma
Orario: 11.00 – 19.00 (orario continuato)
Riposo: lunedì
Ingresso cumulativo con la mostra Avedon : 10 euro (intero) – 8 euro (ridotto)