Galleria Micati
Giulianova (TE)
Via G. di Vittotio c/o ''I Portici''
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Walter Coccetta
dal 15/3/2002 al 7/4/2002
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Micati Pietro



 
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15/3/2002

Walter Coccetta

Galleria Micati, Giulianova (TE)

...lo spazio, il colore organizzati sulla superfice in un serrato colloquio tra loro per parlare piu' al sentire che non al vedere del fruitore... (Giorgio Di Genova)


comunicato stampa

a cura di Giorgio Di Genova

Tutta la pittura di Walter Coccetta scaturisce da profondi sostrati evocativi, e in quanto tale essa utilizza gli strumenti del comunicare pittorico e cromatico in maniera sintomatica. Cioè non illustrativa, proprio per non coartare nelle angustie della rappresentazione naturalistica l'aura di evocatività di un discorso che non si basa sul vero dell'occhio, ma sul vero del sentimento. Da ciò deriva che ogni pennellata, ogni segno pittorico, ogni grumo di materia, ogni scansione dello spazio si carica di un significato simbolico ricondotto alle componenti fondamentali del lessico pittorico che sono appunto la pennellata, il segno, lo spazio, il colore organizzati sulla superfice in un serrato colloquio tra loro per parlare più al sentire che non al vedere del fruitore. E' appena il caso di ricordare che tutta la pittura, anche quando si ispira alla realtà visiva dell'universo circostante, è linguaggio che rappresenta simbolicamente ciò che l'occhiovede e percepisce come tangibile. Basterebbe a dimostrarlo il fatto che la pittura iconica, per intenderci quella d'immaginazione usualmente definita figurativa, deve ricorrere al chiaroscuro, alla prospettiva ed ad altri trucchi del mestiere per restituire l'illusione del reale, sia essa attinente ad un paesggio, ad un insieme di oggetti, ad un ritratto o a delle persone in diversi atteggiamenti.

Il reale non può essere restituito nella sua essenza. E ciò non è una interdizione che riguarda solo la pittura, ma tutte le espressioni dell'arte, le quali appunto sono simboliche: delle vicende esistenziali o storiche, com'è il romanzo; della vista, com'è la pittura; della fisicità, com'è la scultura; del suono, com'è la musica; del sentimento, com'è la poesia; della vita com'è il teatro; del movimento, com'è la danza; dello spazio esistenziale, com'è l'architettura, e via dicendo. Ecco perchè ognuna delle espressioni dell'arte s'è creato un proprio linguaggio che oscilla dalla resa descrittiva o illusionistica alla resa evocatoria o concettuale, ma che è sempre e comunque simbolico. Ora, è chiaro che nella cosidetta pittura d'immagine l'aspetto simbolico viene come nascosto dalla mimesi del reale, mentre tale aspetto è meglio reperibile nella pittura senza immagine, cioè nella pittura aniconica, di cui Coccetta da anni, cioè da quando, abbandonato qualsiasi riferimento all'immagine per il lessico neoinformale, è divenuto un significativo rappresentante, cosa che anni fà mi spinse ad interpellarlo affiché entrasse a far parte del Gruppo Anicnismo Dialettico (GAD), di cui è tuttora uno dei pilastri. Il suo discorso pittorico, dunque, va interpretato secondo i canoni dell'evocazione e del dire simbolico, le cui morfologie si sono andate coagulando negli anni fino all'attuale maturazione tecnico-espressiva che è andata di pari passo con quella estetico-poetica. Sulla scorta di queste indicazioni si può, allora, intendere perchè Coccetta per riferirsi all'uomo non dipinga più l'immagine di un corpo, come faceva un tempo, bensì ricorra al numero 1.

Tale cifra è al tempo stesso il simbolo dell'individualità e un segno della pittura, un segno che può entrare ora da protagonista, ora accompagnato da altri simili segni negli spazi delle sue evocazioni, dove ora le ombre e le penombre dell'esistenza di questi tormentati tempi (le vicende planetarie hanno stimolato in continuazione l'immaginazione di Coccetta, come è stato un paio di anni fà per i dolorosi fatti della Bosnia) friggono bagliori di luce improvvisi e gravidi di speranza, speranza che la luce della ragione torni alla fin fine nell'uomo e di concerto con lui a rischiarare questo mondo. Ombre e penombre erano gli elementi costituiti della pittura di Coccetta fino a quando egli non ha iniziato a frequentare Malta. In quet'isola del Mediterraneo Walter ha trovato la luce, quella luce che egli dentro di sé cercava nelle pieghe delle sue speranze. E ciò gli ha inondato gli occhi e lo spirito. Questa agnizione non poteva rimanere senza eco nella sua pittura. E infatti la sua tavolozza si è andata via via schiarendo, certamente per l'empito di luce mediterranea in cui s'è periodicamente immerso, ma non solo per questo. Infatti l'accoglienza umana avuta a Malta ha avuto un preciso e nient'affatto secondario ruolo, come m'è sembrato di intuire dai racconti che egli da mesi mi va facendo sull'emozionante e coinvolgente esperienza vissuta a contatto con la gente di Malta. Malta è stata, dunque, per lui una sorta di illuminazione totale, simile a quella che Klee ebbe allorchè andò in Africa. Naturalmente, essendo per temperamento diverso dal grande artista svizzero-tedesco, Coccetta ha reagito in altri modi. Abituato ad elaborate manipolazioni della malta pittorica, proprio a Malta (quasi fosse un incontro predestinato, già annunciato dallo stesso nome dell'isola) egli ha trovato nuove dimensioni nelle manipolazioni della materia pittorica, per accogliere e intridere nella malta la luce dorata di Malta, che è stata per Coccetta un vero e proprio "nomen/numen".

Si vedano, a proposito, i dipinti della serie "Malta-luce", che sintetizzano (sempre evocativamente, of course) quanto detto nella cospicua serie "Racconto", in cui non solo è entrata la sabbia del luogo a rischiarare la tavolozza, ma spesso, per la nuova dimensione spaziale determinata dalla luce e dalla sua diffusione, il gesto si è dilatato e talvolta, recuperando vuoi esiti "tachistes" e vuoi omologie col "dripping", ha rimesso in discussione l'identità del segno 1, ora rendendolo più pittorico in suggestive iperbolizzazioni ed ora graficamente corsivo in veloci appunti minimali sia neri che rossi e celesti. E forse proprio in questa dicotomica situazione sta cominciando un riassorbimento di questo segno-cifra per la genesi di un nuovo discorso popolato da un nuovo segno più elementare e universale, in quanto non troppo connotato. Nella dialettica del suo scavo evocativo, come avviene sempre a chi ha alle spalle una lunga storia, a ben guardare ci sono già i germi del futuro. E la pittura di Coccetta, in realtà, viene da lontano. Sia la fisicità del suo fare che il segnismo del suo dire affondano le radici nella serie dei "Corpi appesi". Ma non solo in quella. Il lungo tragitto da lui percorso negli anni precedenti spesi a scandagliare temi connessi al martirio dell'uomo ed alle offese della sua integrità, stà a testimoniarlo. Quello scandagliare, che ha avuto come tappe i cicli del "Silenzio profanato", dei "Prigionieri" e appunto dei "Corpi appesi", è confluito nel discorso degli anni 1997-99, dove il "Silenzio profondo" è divenuto evocazione di spazi pieni di ombre e di penombre con gradi d'interdizione comunicativa, dove i "Prigionieri sono stati evocati dalle griglie contenenti il segno-cifra 1, dove i "Corpi appesi" si sono tramutati in reliquari, nell'attesa che arrivasse il vento che li scuotesse per riportare la vita in loro.

Ora, dopo l'iter compiuto a Malta, una nuova tappa sembra prepararsi, proprio in virtù dell'anabasi verso la luce compiuta in quell'isola del Mediterraneo ed in virtù della conseguente modificazione dei rapporti segnico-materici. Infatti mi sembra alquanto manifestoche le simbologie del discorso evocativo di Coccetta si sono attualmente come transustanziate nella luce mediterranea, quella luce che invia riveberi sino a Martinsicuro, dove il nostro pittore ama lavorare in alternanza agli spazi dello storico palazzone di Sangemini. e, se è da questo storico e labirintico palazzone che egli ha assorbito le ombre e le penombre della produzione precedente all'esperienza consumata durante i soggiorni nell'isola di Malta, è più che probabile che a Martinsicuro il "fiat lux" maltese possa trovare nuovi spunti per proseguire e far proseguire la sua suggestiva e sintomatica pittura.
ROMA, marzo 1999
Giorgio Di Genova

Inagurazione Sabato 16 Marzo 2002 alle ore 17,30

Si pregano i signori collezionisti in possesso delle opere di Walter Coccetta di recarle presso la galleria per le autentiche ed eventuali dediche, l'artista sarà presente Sabato 16 e Domenica 17 Marzo 2002.

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