Spazio Tadini
Milano
via Jommelli, 24
02 26829749 FAX 02 26829749
WEB
Fernando De Filippi e Mera
dal 10/2/2009 al 10/3/2009
tutti i giorni feriali 15.30-19

Segnalato da

Melina Scalise



approfondimenti

Fernando De Filippi
Mera



 
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10/2/2009

Fernando De Filippi e Mera

Spazio Tadini, Milano

Una retrospettiva del lavoro di De Filippi che stimola una riflessione sul rapporto uomo-natura e societa'-ideologie in relazione agli avvenimenti storici, politici e sociali degli ultimi 40 anni. Nelle sculture e negli assemblaggi di Mera in mostra, gli oggetti mantengono volutamente la loro fisionomia, la loro riconoscibilita', la loro identita' e il loro racconto.


comunicato stampa

FERNANDO DE FILIPPI
Dipinti 1968/2008, Appunti di viaggio

Una retrospettiva del lavoro di De Filippi che ricostruisce le sue tappe pittoriche lette e analizzate dal critico Marco Meneguzzo. Una mostra che stimola una riflessione sul rapporto uomo-natura e società-ideologie in relazione agli avvenimenti storici, politici e sociali che hanno contraddistinto questi ultimi 40 anni. “La natura è una cosa spaventosa, soprattutto per noi “classici”. Tutta la storia dell’umanità è stato un continuo tentativo di controllare l’Altro, sia blandendolo (com’è bella la natura!), sia violentandolo (la natura è uno schiavo produttore di beni): la storia dell’arte o, meglio, la storia delle immagini e della rappresentazione del mondo non fa eccezione.

Una storia del paesaggio non è che una storia del desiderio di controllo e di manipolazione della vera, unica diversità sempre presente al nostro occhio: la natura. – scrive il critico Meneguzzo - Attorno alla metà degli anni Sessanta del XX secolo il risultato definitivo pareva a portata di mano: la natura naturale poteva essere sostituita da una natura artificiale, grazie alle meraviglie dell’industria…. In arte, la cultura pop ci stava abituando a una natura artificialmente colorata, eccitata nei colori, volutamente falsata, finalmente libera dall’ipocrisia della verosimiglianza e felicemente appiattita sulla rappresentazione pubblicitaria. Il sistema convenzionale di rappresentazione attraverso i “falsi colori” creava un’immagine psichedelica della natura..che stravolgeva ancora una volta la convenzione rappresentativa tradizionale, ma che, soprattutto, poneva l’accento sul soggetto della visione piuttosto che sull’oggetto… Fernando De Filippi appartiene a questa generazione internazionale – aggiunge -: la creazione di un mondo nuovo, perfetto, “glassato” e plastificato, è stato il sogno globale di gran parte degli artisti maturati nella prima metà degli anni Sessanta -, ma innesta nel suo lavoro anche molte peculiarità della sua cultura d’appartenenza, quella cultura italiana che proprio in quegli anni si stava autodefinendo come “cultura politica”.

Il mondo nuovo - di cui la natura è parte importante, ma non unica – deve essere orientato, indirizzato, finalizzato: è il primato della politica, che tra le contestazioni giovanili di Berkeley (1965) e il cosiddetto “autunno caldo” del 1969, matura rapidamente anche nei modi espressivi, quei modi che De Filippi, in Italia, ha contribuito fortemente a creare. Non più soltanto uomo e mondo, visione espressionista del contrasto tra due entità atemporali irriducibili, ma società e natura, come versante storico di quella polarità”.

Per la prima volta a Milano lo scultore
MERA
“Mi racconti”

Mera ha la straordinaria capacità di cogliere l’anima delle cose. Se l’anima è ciò che eleva l’oggetto dal suo contesto temporale e ne fa salva la sua essenza, Mera, con straordinario rispetto degli oggetti che trova, senza alterarne assolutamente la forma originaria, li riporta a nuova vita e li incammina verso un nuovo rapporto con l’uomo. Ogni sua scultura rappresenta la somma delle parti, ma ogni parte mantiene il suo senso e soprattutto la sua storia.

In Mera l’oggetto utilizzato per il suo lavoro artistico non viene svuotato di senso, né è uno strumento dissacratorio come lo era per i Dadaisti. Al contrario, gli oggetti volutamente mantengono la loro fisionomia, la loro riconoscibilità, la loro identità e il loro racconto. Si tratta spesso di strumenti appartenuti alla realtà contadina della Valtellina, la sua terra. Attrezzi spesso da lavoro di cui le nuove generazioni non hanno conoscenza e Mera, attraverso la sua ricerca e il suo lavoro artistico, ne mantiene la memoria e il rapporto con l’uomo.

In una realtà contemporanea dove la relazione con gli oggetti è sempre più usa e getta, Mera è come se volesse restituire dignità ad alcune cose in particolare. Il suo lavoro artistico non ha nulla a che fare con l’ecologia ambientale, ma semmai con una sorta di ecologia economica. La sua ricerca è verso quei semplici attrezzi di cui l’uomo si è fornito per lavare i panni, per rompere la zolla, per lavorare, il ferro o il legno. E’ nell’anima di quelle cose che trova ispirazione, è nell’anima degli oggetti del “fare”, che per lui hanno il pregio di aver “fatto l’uomo” e di aver costruito i basamenti del nostro presente, che Mera cerca una nuova forza espressiva, come se cercasse un nuovo senso al lavoro dell’uomo. Mera, quei vecchi attrezzi, li trasforma in animali, in personaggi, a volte vi compone scene di relazione come due cerniere di vecchi portoni, una grande e una piccola, che, semplicemente posate aperte su un asse di legno, sembrano un adulto e un bambino intenti a parlare e Mera intitola: “Mi racconti…..”.

Ma cosa c’è dentro quel racconto? C’è spesso la dipendenza dell’uomo da quelle cose, un rapporto inverso rispetto a quello a cui siamo abituati oggi. Ma c’è anche la vita dell’uomo stesso raccontata dalle cose, come l’attrezzo che si trasforma in un cane e sta accanto al suo padrone che esiste in quanto egli stesso è il risultato di un insieme di cose. Cose concrete. Una concretezza che Mera esprime anche dalla scelta dei materiali che compongono le sue sculture costituite prevalentemente da metalli e legno.
Il lavoro di Mera è un lavoro di pazienza e di un positivo rapporto con il tempo. Non ha nulla a che vedere con i tempi veloci e frenetici della vita moderna. I suoi lavori artistici sono il risultato della ricerca di compagni di viaggio di un oggetto principale su cui cade la sua attenzione.

Con pazienza aspetta di trovare altre cose con cui accostarlo. A volte rimane nel suo laboratorio per anni e poi, all’improvviso, restituisce vita a un vecchio martello trasformandolo nel corpo snello e fiero di un cigno. Mera, come un abile maestro d’orchestra, quando trova gli strumenti giusti li fa suonare e raccontare insieme con sorprendente equilibrio ed eleganza, dando a chi guarda un’emozione che lo coglie di sorpresa quando poi vi riconosce il suono dello scalpello e il rumore sordo della zappa. (Melina Scalise)

Immagine: Mera: L'ancillotto.

Associazione culturale Spazio Tadini
via Niccolò Jommelli, 24 Milano
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