Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce
Genova
via Jacopo Ruffini, 3
010 580069 FAX 010 532482
WEB
Corrado D'Ottavi
dal 5/3/2009 al 14/3/2009
mart-ven 9-18, sab-dom 10-18

Segnalato da

Staff mostre Villa Croce




 
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5/3/2009

Corrado D'Ottavi

Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova

Una mostra e un incontro. E' una posizione del tutto particolare quella che D'Ottavi assume - nei tardi anni '50 - nell'ambito delle emergenti pratiche di creazione verbovisiva. Se si escludono infatti le primissime prove, incentrate su una sorta di anticalligrafia di ascendenza informale, la ricerca dell'artista si concentra su una associazione fra testo e immagine astratta.


comunicato stampa

In occasione dell’incontro dal 6 al 15 marzo 2009 nella Sala Conferenze del Museo sarà esposta una selezione di opere della Donazione D’Ottavi

Si dice spesso, non senza un pizzico di retorica, che l’istituzione museale rappresenta il naturale approdo del lavoro di un artista, la sua consacrazione uffi ciale, ma anche il suo inserimento nella dimensione della storia giacché le opere, conservate nelle collezioni del museo, rappresentano una insostituibile testimonianza della vita e dell’opera, consegnata alle generazioni future. Il caso della donazione D’Ottavi, la cui intenzione fu espressa dalla vedova con una lettera all’assessore Sartori del febbraio 1984, solo un mese dopo la prematura scomparsa dell’artista, è in questo senso emblematico del rapporto non solo di studio, ma anche di relazione emozionale tra l’artista e il suo pubblico. Non mi riferisco soltanto alle occasioni espositive – la grande mostra retrospettiva curata da Guido Giubbini nel novembre 1988, la presenza di opere di Corrado in altre rassegne curate dal Museo – ma alla quotidianità delle visite guidate e dei laboratori rivolti ai bambini e ai ragazzi che hanno scoperto grazie al lavoro di D’Ottavi le potenzialità espressive del “montaggio” di parole e immagini (ma anche di forme e di colori) ricavate dall’immenso serbatoio della carta stampata e della pubblicità, così come hanno imparato la prassi e la fi losofi a del ribaltamento di signifi cato degli slogan prefabbricati che si impongono come rassicuranti verità condivise.

Per usare il titolo di una delle sue opere più intense, Ognuno vede ciò che sa, ognuno coglie nel lavoro di D’Ottavi aspetti diversi che consuonano con diverse sensibilità: il ricercato sincretismo tra le geometrie concretiste e una poesia delle piccole cose di timbro gozzaniano nelle prime composizioni del 1960 (Domani pomeriggio verrà il sacerdote a benedire; Saranno premiate al venerdi); l’impegno politico e sociale delle opere degli anni ’60 e ’70 dedicate alla guerra del Vietnam, alla fame nel mondo, al crescente consumismo tecnologico; la raffi natezza formale dei collage di parole, da Alfa Omega (1960) a La vita ci chiama… (1975) e Le ambiguità della vita (1977); la struggente, autobiografi ca rifl essione sui grandi temi della vita e della morte (In attesa del giorno dopo, 1982, Altri esami per conoscere le cause della vita, 1983). Nell’ambito della Poesia visiva, cui si riconduce per comodità classifi catoria, l’opera di D’Ottavi occupa uno spazio tutto suo in cui la parola, anche quando è frammentata in grafemi colorati o in ritagli tipografi ci, rimanda comunque alla centralità dell’esperienza del vivere di “un poeta in via di sviluppo. Perché scrive. Perché è”.
Sandra Solimano Direttore del Museo di Villa Croce

E’ una posizione del tutto particolare quella che Corrado D’Ottavi assume - agli esordi, nei tardi anni ’50 - nell’ambito delle emergenti pratiche di creazione verbovisiva. Se si escludono infatti le primissime prove, incentrate su una sorta di anticalligrafi a di ascendenza informale, la ricerca dell’artista si concentra, nella prima fase, su una associazione fra testo (dattiloscritto o ricavato “con le forbici” da pubblicazioni di vario tipo) e immagine astratta, legata – seppure con grande libertà – ai canoni del concretismo internazionale, che aveva caratterizzato la stagione artistica europea dopo il secondo confl itto mondiale. La fi losofi a del montaggio enunciata da Martino Oberto in Uno specifi co letterario (e fi lmico) (Ana eccetera 3) trova così una variante del tutto originale, che facendo uso, dopo i primi saggi a tempera, del collage, rielabora una componente maggiore dell’esperienza artistica contemporanea, destabilizzandola sottilmente con intermissioni testuali che rimandano all’“esperienza della realtà”, sia attraverso l’attivazione di un registro di rifl essione esistenziale (Quello che è stato, 1960), sia con l’inglobamento della quotidianità spicciola, come si avverte in Domani pomeriggio verrà il Sacerdote a benedire (1960).

Una linea precoce e autonoma, distante dagli impianti mediatici della “poesia tecnologica” del Gruppo ’70, cui si avvicina più tardi, attorno alla metà degli anni ’60, specie nei lavori di più evidente connotazione politica (fra i quali non si può omettere la citazione dell’esemplare Ognuno vede ciò che sa, 1967, incentrato sul confl itto in Vietnam), mantenendo però sempre un’intonazione differenziata, attenta – nel suo “inestetismo controllato” – agli equilibri strutturali e cromatici della composizione. Nascono allora, accanto alla rinnovata meditazione su La condizione umana (1974), la vertiginosa costellazione de I simboli contenuti in questo foglio e, a breve distanza di tempo, lavori di ancor più marcata valenza pittorica come Senza titolo (1976), un accumulo di lettere dis/ordinate a celebrare l’unione di Caos e Armonia. Armonia che caratterizza anche gli “squisiti frammenti” (Giubbini) dell’opera ultima: “raffi nate pezzature di carte antiche” da cui emergono volti femminili e testi poetici, messaggio estremo di un’artista “in viaggio nella vita”.
Sandro Ricaldone

6 marzo 2009 h.17
Intervengono: Martino Oberto, Sandro Ricaldone, Sandra Solimano, Giorgio Zanchetti

Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce
via Jacopo Ruffini, 3 - Genova
Orario da martedì a venerdì 9.00 – 18.00 sabato e domenica 10.00 – 18.00 lunedì chiuso

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