Blauer Hase
Estevan Bruno
Valeria Cozzarini
Lea Jazbec
Laure Keyrouz
Andrea Kvas
Giulio Frigo
Agne Riceviciute
Alberto Scodro
Elisa Strinna
Ayano Yamamoto
Immagini dal Manicomio di San Servolo. La mostra propone 64 fotografie originali del manicomio maschile di Venezia, affiancate da alcune opere pensate dagli artisti che lavorano negli atelier messi a disposizione ogni anno dalla Fondazione. In ogni sala, accanto alle immagini dell'archivio, sono allestite opere video, fotografie, disegni e installazioni, che cercano di intrecciare un dialogo con l'idea stessa di follia.
Nel Manicomio “la stessa operazione terapeutica, quale trasformazione a
partire da cui un soggetto considerato malato cessa di essere tale, può
verificarsi solo all’interno di questa distribuzione regolata del potere.
L’ordine disciplinare è dunque sia la condizione del rapporto con
l’oggetto e dell’oggettività della conoscenza medica, sia la condizione
dell’operazione terapeutica”.
(Michel Foucault, Il potere psichiatrico, Corso al Collège de France,
1973-1974)
Simboli del disagio e dell’esclusione sociale a San Servolo: pezzi di
storia passata del manicomio maschile di Venezia, chiuso appunto in
quell'isola di fronte a Piazza San Marco ma da essa anche molto lontano,
vengono riproposti in 64 fotografie originali che la Fondazione di San
Servolo propone in una mostra negli spazi più prestigiosi della Fondazione
Bevilacqua La Masa.
Il visitatore vi trova, così come nel catalogo che accompagna la mostra,
il cortile alberato del Manicomio di San Servolo, i ricoverati seduti
sulle panchine, gli infermieri vestiti da custode, le lunghe inferriate
alle finestre dell’edificio di sfondo e il grigiore dell’ambiente con le
desolate figure sedute inermi lungo il violone alberato. E ancora,
dormitori per i malati pericolosi, per quelli agitati, per quelli calmi…
Tanti gli strumenti per i soggetti “pericolosi”: manette, manicotti
rigidi, catene ed accanto le docce che per tradizione, soprattutto se
fredde, sono pensate come intervento sui ricoverati. Ma nell’isola sono
state trovate una “doccia gabbia”, dove i getti d’acqua, proiettati da
ogni lato, dovevano essere usati anche per bloccare uno stato di
eccitamento o le reazioni spiacevoli a una pseudocura non tollerata; un
“ferma fascette”, una sorta di temperino ben conservato con denti in una
delle parti; un “rotolo di robuste fasce” che servivano per legare gli
agitati.
All'esposizione, curata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, di questo
antico materiale fotografico, talvolta sconcertante, commovente o anche
raccapricciante, fanno eco alcune opere pensate dagli artisti che lavorano
negli atelier messi a disposizione ogni anno a giovani artisti dalla
Fondazione Bevilacqua La Masa. Gli artisti esordienti sono stati chiamati
a confrontarsi con il tema offerto dall'ospedale psichiatrico e con un
pezzo della storia della città in cui operano. In ogni sala, accanto alle
immagini dell’archivio, sono allestite opere video, fotografie, disegni e
installazioni, che cercano di intrecciare un dialogo con l'idea stessa di
follia.
Dall’Archivio, testimonianze inscindibili della vita manicomiale offrono
indicazioni importanti su ciò che stava “fuori” del Manicomio, le
condizioni materiali di vita delle persone che diventano “i pazzi”- solo
per citarne alcuni, i contadini pellagrosi, i bambini down, le donne
depresse, gli epilettici, gli alcolisti - le paure ancestrali dei normali
o dei più forti che, nelle richieste di segregazioni ritrovano il loro
equilibrio o il loro potere. Ma il “fuori” riguarda anche la medicina, le
sue conoscenze e le sue terapie.
Un Manicomio, chiuso nel 1978, che rivive oggi attraverso le fotografie
immortalate durante i ricoveri. Un archivio di memorie che permette di
capire come l’istituzione “manicomio” nel tempo sia diventata un
contenitore inquietante del disagio, della diversità, della sofferenza e
come nella vita di molti uomini e donne, siano state date risposte
difensive e stigmatizzanti.
In mostra, oltre alle 64 fotografie che ritraggono le sale utilizzate dai
pazienti per le cure, anche le immagini della follia che arrivano
dall’Album Comparativo custodito nell’ Archivio della Fondazione di San
Servolo. La serie contiene una selezione molto nutrita di foto scattate
agli alienati al momento del ricovero e al momento della dimissione tra il
1837 e il 1887. L’avvio di questa pratica implicò subito, a partire dal
1874, sia l’inserimento in ogni cartella clinica di una foto del
ricoverato, scattata al momento del suo ingresso a San Servolo, sia, in
qualche caso, l’inserimento di foto nelle relazioni statistiche,
solitamente triennali, redatte dai direttori del Manicomio.
Artisti in mostra:
Blauer Hase, Estevan Bruno, Valeria Cozzarini, Lea Jazbec, Laure Keyrouz,
Andrea Kvas, Giulio Frigo, Agne Riceviciute, Alberto Scodro, Elisa
Strinna, Ayano Yamamoto.
Inaugurazione mercoledì 11 marzo ore 18.30
Fondazione Bevilacqua La Masa
Dorsoduro, 2826 - Venezi
Ingresso Libero
Orari aperto tutti i giorni dalle 10.30 alle 17.30