Hic sunt lupi. In mostra 24 lupi in gesso, una decina di disegni, un'installazione e la proiezione video di una performance. I lupi continuano ad affollare il suo lavoro; animali ad alto potenziale metaforico, per molti versi specchio degli aspetti piu' inquietanti e tragici della condizione umana attuale.
In mostra ci saranno 24 lupi in gesso che correranno per tutta la galleria, una decina di disegni, un'installazione che comprende una griglia e vasca di ferro, e una proiezione video-performance.
I lupi continuano ad affollare il lavoro di Jelena Vasiljev. Animali ad alto potenziale metaforico, immagini diselvatica agressività
ma anche vittime melanconiche della loro stessa violenza, sono per molti versi lo specchio degli aspetti più inquietanti e tragici della condizione attuale dell’umanità
Nata a Zrenjanin, Serbia, nel 1976
Vive e lavora a Milano dal 1999
“Essendo così i lupi/ i più difficili da cacciare/ come saranno gli uomini”
installazione, work in progress, misure variabili
La ricerca che si intitola “Essendo così i lupi/i più difficili…” prende avvio nel 2002, diventando un work in progress che si presenta in diverse forme installative. Questo lavoro trae ispirazione dalla poesia Pugnale, scritta da uno dei maggiori poeti serbi viventi, Matija Bećković.
La poesia parla del modo crudele in cui i lupi venivano cacciati all’estremo nord, mettendo in diretta relazione il lupo all’essere umano, e la caccia con la guerra.
Questa tragica riflessione poetica viene esplicitata dal lavoro, e ne diventa genesi e fulcro.
La ricerca tratta il tema della condizione della violenza nell’ambito delle società umane cosiddette “civili”. Lavorando sul tema della forza, vista come atto violento, ho cercato di esprimere il rifiuto dell’individuo a vivere in queste condizioni esistenziali, e la sua volontà a non arrendersi ad esse, in un continuo tentativo di ricostruire la normalità.
Trattando il tema del lupo, l’animale più feroce, a dire dell’uomo, affronto la questione dell’uomo stesso. Scarni lupi modellati in gesso sono rappresentati nella loro disperata animalità, sono muti, e creano un branco, con il quale ho cercato di esprimere, in metafora, la condizione umana.
Trattando poi lo stesso oggetto con diversi media (scultura, disegno, video, fotografia), ho cercato di creare un circuito dei significati all’interno di ogni installazione, mettendo al centro della mia ricerca l’intera società, e l’indifferenza che, nonostante tutto, ne caratterizza i processi.
Non mi interessava affrontare in modo diretto ed esplicito le tragiche vicende che hanno travolto il mio paese (e non solo), né mi interessa la dimensione descrittiva e documentaria, in senso letterale. Ho cercato di cogliere ed esprimere una dialettica primaria e primordiale tra vita e morte alle radici dell’esistenza individuale e collettiva.
Una condizione della violenza estrema sempre presente nell’ambito dell’organizzazione “civile”, e una irrimediabile indifferenza della società.
Procedendo nella mia ricerca, l’impostazione dell’installazione ha iniziato a cambiare: si percepisce in modo più intenso e progressivo lo stridore e la difficoltà dello stare insieme dei lupi (vengono infatti ad ammassarsi e legarsi tra di loro) pur essendo concepiti per condividere una superficie piana. L’accento viene posto fortemente sulla condizione di costrizione, e sull’annullamento totale dell’individuo, che diventa elemento indistinto della massa, da un punto di vista sociale e politico.
Ora la ricerca comprende più di 400 sculture, centinaia di disegni e fotografie, diverse video proiezioni, e il progetto è destinato a crescere in una ossessiva implosione scultorea e tematica.
Jelena Vasiljev
Il testo pubblicato nel catalogo della performance/ mostra personale “Pensavo di essere un lupo”
Francesco Poli
I lupi continuano ad affollare il lavoro di Jelena Vasiljev. Animali ad alto potenziale metaforico, immagini di selvatica aggressività ma anche vittime melanconiche della loro stessa violenza, sono per molti versi lo specchio degli aspetti più inquietanti e tragici della condizione attuale dell’umanità.
Ci sono qui, nella mostra, ancora alcune bianche sculture in gesso contro un muro con dei disegni e in particolare all’esterno un grande gruppo in bronzo formato da tre bestie che intrecciano disperatamente i loro corpi, ma tutto è incentrato su una installazione piuttosto complessa e impressionante dove sono messi in scena i materiali e i risultati di una performance, il cui video è proiettato sullo sfondo.
Questa performance, che apparentemente è una normale operazione di cucina all’aperto (realizzata in un luogo periferico e abbastanza desolato) in effetti ha caratteristiche molto speciali. Vediamo nel video l’artista, vestita con la sua tuta da lavoro, davanti a un enorme pentolone, fatto di lastre di ferro ritagliate e saldate, posato su una sorta di griglia costituita da sbarre di ferro, con sotto un fuoco di legna acceso. Nella pentola dove stanno bollendo delle patate e delle verdure vengono messe a cuocere anche degli strani organismi costruiti con dei rami di legno di differenti alberi (alloro, melo, ciliegio, tiglio) tagliati e legati fra loro con corde e fili di ferro. Si tratta di sculture con articolazioni mobili, volutamente grezze, in cui si possono riconoscere le fattezze dei lupi. Le sculture ricoperte di carne vera, come se fossero degli involtini, una volta cucinate, vengono servite alle persone che stanno intorno, che mangiando la carne le riportano allo stato iniziale. Tutta l’azione si sviluppa come un rituale carico di enigmatiche significazioni simboliche, in un’atmosfera molto suggestiva. L’artista svolge il suo compito con grande precisione e determinazione.
L’installazione in galleria presenta, posato sulla griglia, il pentolone pieno d’acqua con alcuni animali che galleggiano. Accanto c’è un’altra griglia metallica su cui sono posate e appese le rimanenti sculture. Queste hanno un aspetto ambiguo : potrebbero essere interpretate come gli "scheletri" dei lupi, ma essendo di taglia più piccola del naturale, l’aspetto organico lascia il posto a quello più specificamente plastico. E allora appare chiaro che ci troviamo davanti solo a degli "scheletri" di sculture, e cioè a delle "armature" (come si dice in termini tecnici) che potrebbero essere ricoperte di gesso o argilla e modellate. Da questo punto di vista, la fruizione delle opere da parte del pubblico in mostra, a differenza di quello che si vede nel video, diventa puramente estetica. Tutto il processo "alimentare" documentato nelle immagini viene rivissuto solo mentalmente da chi guarda. Il rituale carico di energia esistenziale appare cosi’ raffreddato, in qualche modo concettualizzato, e lo scarto tra arte e vita che sembrava annullato prende di nuovo il soppravvento determinando una tensione particolarmente affascinante.
Anche se il senso di questa azione era inizialmente, per Jelena Vasiljev, quella di mettere in scena l’idea di "far mangiare e digerire l’idea bollente" incarnata dai lupi cucinati, è forse meglio non precisarne troppo il significato, lasciando aperta la possibilità ad ogni tipo di interpretazione. E’ meglio, in altri termini, considerare questo lavoro come uno stimolo estremamente intenso per la nostra immaginazione.
Ufficio stampa
Victoria Yurets info@riccardoartivisive.it Tel e fax 0815444300
Inaugurazione giovedì 19 marzo ore 18.30
Franco Riccardo Arti Visive
via Chiatamone, 63 Napoli
dalle 15.30 alle 20.00