L'artista ha vissuto e lavorato per oltre trent'anni in Argentina, e in seguito a Viareggio. Se il periodo argentino appare dominato dalle atmosfere simboliste, al ritorno in patria corrisponde un marcato orientamento verso lo stile divisionista, per arrivare alle ultime esperienze segnate dal sintetismo.
Dal prossimo 21 marzo fino al 30 aprile 2009 si terrà a Lucca alla Galleria Bacci di Capaci una retrospettiva dedicata a Federico Sartori, artista che visse e lavorò per oltre trent’anni in Argentina, prima a La Plata e poi a Buenos Aires, e in seguito a Viareggio, al suo rientro in Italia dopo il 1920.
Sartori nacque a Milano nel 1865 da una famiglia di origini modeste. Dopo le scuole elementari andò a bottega come incisore e a diciotto anni si iscrisse all’Accademia Reale di Brera che frequentò per soli due anni. Qui seguì il corso di figura e nudo di Raffaele Casnedi insieme a Pellizza da Volpedo. In quegli anni si avvicinò all'ambiente artistico cittadino del momento e conobbe Bertini, Previati, Boito, Grandi, Morbelli, Grubicy. Poco dopo, spinto dalle ristrettezze economiche, si imbarcò per l’Argentina, dove ebbe la possibilità di coltivare la sua vocazione artistica e di trovare ampi riconoscimenti.
La produzione artistica di Federico Sartori di quegli anni mostra quanto vasta fosse la sua cultura e di come il mestiere che aveva appreso fin dalla tenera età lo aiuterà ad essere un emigrato privilegiato e a realizzare una pittura che lo porterà a ricevere riconoscimenti sia pubblici che privati. Fu infatti sia pittore di cavalletto sia esecutore di opere pubbliche o comunque di carattere celebrativo nonché illustratore e creatore di opere grafiche a scopo divulgativo e pubblicitario.
Prova del successo che ebbe presso i contemporanei è l’esiguo numero di opere rimaste in possesso della famiglia, a fronte di una documentazione che invece testimonia una ricca produzione sia durante i trentasei anni trascorsi in Argentina che negli ultimi due decenni della sua vita in Versilia . Per questa ragione il percorso della sua ricerca artistica che verrà presentato in questa mostra sarà basato su ipotesi fondate su quanto attualmente a disposizione, in attesa di verifiche e riscontri che potranno avere sviluppi soltanto grazie a collezionisti e istituzioni che forniranno immagini e documenti, che verranno raccolti dalla Galleria d’arte Bacci di Capaci, al fine di redigere un catalogo generale dell’opera del Maestro milanese come è negli intenti della famiglia Sartori.
Sartori fu artista curioso e attento alle tendenze dominanti dell’epoca ma senza mai aderirne ad una in particolare. Scrive nel suo saggio introduttivo alla mostra Antonella Serafini – “riteniamo che per Sartori gli stili fossero principalmente registri linguistici, variabili a seconda dei soggetti e delle situazioni. Se il periodo argentino appare dominato dalle atmosfere simboliste, al ritorno in patria corrisponde un marcato orientamento verso lo stile divisionista in presenza però anche di rappresentazioni caratterizzate da campiture ampie con riferimenti al cloissonnisme, infine un apparente ritorno ad atmosfere di vita di paese tipicamente ottocentesche convive con le ultime esperienze segnate dal sintetismo proprio della cartellonistica pubblicitaria che si andava affermando in quegli anni. Parallelamente a tutto questo si sviluppa la produzione a carattere sacro che oscilla fra evocazioni cinquecentesche ed echi decò.
…Una considerazione a parte meritano i disegni, un autentico plateau de l’umanité, un vasto campionario di paesaggi e scene di vita quotidiana, eseguiti anch’essi con differenti linguaggi…. Uno spensierato sguardo riproduttivo, molto simile a quello di Moses Levy, attento però non tanto alle luci e ai colori, quanto agli atteggiamenti umani…
Egli contribuì a creare un’arte che seppe narrare attraverso la pittura, in un’epoca di profonde trasformazioni, sia la vita quotidiana sia l’ “immagine” di una società che, evolvendosi, andava creando una nuova iconografia adatta a rappresentarla. Le sue stesse scelte di vita, quella di emigrare in Argentina e al ritorno di trasferirsi in Versilia, rendono la sua esperienza esemplare di un atteggiamento comune tipico dell’epoca, che vide intellettuali e uomini di cultura varcare gli oceani non solo in cerca di fortuna ma anche di un diverso modo di vivere, o individuare in questo lembo di Toscana un luogo ideale non solo per la qualità della vita quotidiana ma anche per la creazione e la ricerca…
Sartori si iscrive a buon diritto fra gli artisti che hanno contribuito a raccontare attraverso la pittura la storia della città di Viareggio, avendone allora in cambio un immediato riconoscimento del suo talento e importanti committenze. Se la sua vita e la sua arte hanno condiviso, come quelle di altri artisti, l’atmosfera e il successo di un’epoca, altrettanto hanno conosciuto l’oblio che ha successivamente avvolto e talvolta addirittura quasi derubricato queste esperienze dalla storia dell’arte del periodo. Tuttavia, gli studi che in questi anni hanno avviato una serie di recuperi e di riflessioni su quanto avvenuto nella produzione artistica italiana, parallelamente alle avanguardie, nel periodo in questione, lasciano supporre che anche una figura come quella di Federico Sartori possa ottenere l’adeguato riconoscimento e rivalutazione che merita.”
Ufficio stampa: Studio Ester Di Leo
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Inaugurazione sabato 21 marzo ore 18
Galleria Bacci di Capaci
Lucca, Via del Battistero 15
Orario: da lunedì a sabato 10-12,30/16-19,30
ingresso libero