Abaco di un'altra citta'. L'artista mette in scena - attraverso video-ritratti alternati ad immagini fotografiche - un popolo visionario, liberandolo dall'anonimato urbano che il ruolo sociale gli impone.
Venturelli mette in scena - attraverso un’esposizione essenziale, costituita da video-ritratti alternati ad immagini fotografiche - un popolo visionario, liberandolo dall’anonimato urbano che il ruolo “sociale” gli impone: gli oggetti non vengono distorti o degenerati in sé, ma travestiti, ed è nella ricombinazione di comuni dettagli che si genera l’anomalia.
La città si trova così ad essere ridefinita a partire dai propri abitanti invisibili, inorganici, funzionali e collettivi, ai quali vengono concessi capricci estetici di gusto inebriante. Venturelli trasforma le comparse in protagonisti, affidando loro un ruolo importante che si ispira alla forma e poi la travalica; gli oggetti vengono ritratti in video e trattati come materia organica attraverso un taglio anti-narrativo ed ipnotico, costituito da sequenze apparentemente dislessiche, che vivono di gesti minimi e ripetitivi messi in moto dal semplice spostamento d’aria.
Il loro alter ego non è rappresentato dall’oggetto reale, ma da una sua possibile immagine, più reale del reale perché liberata per mezzo del travestimento. «Si tratta di oggetti-limite, transgender - afferma l’artista - che mantengono invariato ruolo, localizzazione reale e la loro funzione sociale, pur conservando le relazionano con altri ritmi, con diverse attitudini, assumendo attraverso l’abito nuove ed inconsuete identità, estemporanee ed umorali». Ciò che scaturisce dal riunirsi di tutti gli elementi è una città fondata nel triangolo fra funzionalità, forma ed immagine: un semaforo mostra orgogliosamente la propria nuova personalità, affidandosi ad un improbabile boa piumato dai colori eccessivi, in coordinato con i quelli tipici del suo “lavoro”. Cassonetti impellicciati, mettono in risalto le proprie bocche, prestandole come ventriloqui che aiutano la città ad esprimersi attraverso i suoi stessi rifiuti; cestini urbani abbigliati con gonne da strada, paracarri imparruccati: una miscela contemporaneamente ironica e seria, discreta e tenace, che prende spunto dalla forma per giungere ad altri lidi, che dimostrano che basta un semplice abito per essere visti.
Galleria De Faveri Arte
Via Mezzaterra, 10 - Feltre (BL)
Orario: mart-dom 15.30-19.30
Ingresso libero