Francois-Marius Granet. Roma e Parigi, la natura romantica. In mostra un centinaio di opere, tra pittura di storia, interni di chiese romane, chiostri abbandonati, templi, e soprattutto una pittura piu' intima realizzata en plein air, a Roma e dintorni, o nel corso dei suoi soggiorni a Parigi e a Versailles; a cura di Anna Ottani Cavina. Per la sua prima mostra in Italia dal titolo: I won't let you die, Youssef Nabil propone una serie di 50 opere circa (stampe fotografiche alla gelatina d'argento ritoccate ad acquarello) realizzate tra il 1992 e il 2007. Ritratti, abiti, oggetti e soprattutto autoritratti compongono, come tessere di un mosaico, una sorta di diario del giovane artista; a cura di Francesca Fabiani.
Francois-Marius Granet
Roma e Parigi, la natura romantica
a cura di Anna Ottani Cavina
Granet. Roma e Parigi, la natura romantica è la mostra che l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, dedica a François-Marius Granet (1775-1849), da mercoledì 1° aprile a domenica 24 maggio 2009, con un centinaio di opere (oli su tela ed acquerelli) del pittore francese. Un’attività pubblica ben conosciuta come la pittura di storia, gli interni di chiese romane, chiostri abbandonati e templi, e soprattutto una pittura più intima realizzata en plein air, a Roma e dintorni, e nel corso dei suoi soggiorni a Parigi e a Versailles. Granet è stato un interprete sensibile di quella religiosità romantica che si identificava nel silenzio e nelle solitudini claustrali, idealizzate in quegli anni da Chateaubriand. La sua fama infatti è stata a lungo legata a quella di peintre des capucins. Ma Granet è stato anche un eccellente paesaggista.
La mostra, curata da Anna Ottani Cavina, con la collaborazione di Marc Bayard e Bernard Terlay, vuole mettere in risalto i diversi aspetti dell’attività di questo straordinario pittore, facendo vedere per questa occasione le sue opere più innovative, meno conosciute e poetiche, conservate per la maggior parte al Musée Granet di Aixen- Provence. L’esposizione si apre sugli studi di paesaggio en plein air, che Granet ha dipinto al tempo del suo lungo soggiorno romano tra il 1802 e il 1824, ispirandosi alle geometrie della città e ai dintorni di vigne, di campi e giardini che allora la circondavano. Sono piccoli quadri a olio su carta, incollata su tela. La stesura è fluida, veloce, senza disegno. Sono impronte colorate di una città immateriale e mutevole dipinta nel sole, nella luce settembrina e velata o durante un temporale d’estate. Scorci di una Roma intatta e bellissima, in parte oggi irrecuperabile, di cui Granet coglie la poesia minimale, antieroica.
Nella seconda parte la mostra mette in evidenza come, seguendo un processo di smaterializzazione della forma, Granet punti a una pittura essenzialmente di luce, che tocca il suo apice nei paesaggi dal vero eseguiti dopo il ritorno in Francia nel 1824. Dipingendo i quais di Parigi o le acque del Château de Versailles, Granet predilige la fluidità e la trasparenza dell’acquerello. In particolare la Pièce d’eau des Suisses - lo specchio d’acqua nel parco di Versailles - ispira la sequenza bellissima delle variazioni striate di verde e di viola che costituiscono uno dei raggiungimenti più alti della pittura di Granet. Sperimentando l’acquerello e le sue trasparenze fugaci, l’artista ha creato immagini toccanti, che portano alle estreme conseguenze un modo abbreviato di fare pittura e collocano il pittore lungo un tracciato di modernità che da Valenciennes conduce a Corot e, più tardi, agli impressionisti.
FRANÇOIS-MARIUS GRANET (Aix-en-Provence 1775 - 1849) Figlio di un capomastro muratore, si forma copiando le incisioni della raccolta del padre poi seguendo i corsi di disegno presso l’Académie di Aix-en-Provence, dove è nato. Nel 1796 si trasferisce a Parigi, allievo per un anno nell’atelier di Jacques-Louis David. Nel 1802 passa a Roma; disegna, come tutti, i monumenti antichi e dipinge episodi ispirati alla vita degli artisti. Il successo arriva con gli interni di chiese e conventi (sul piano dello stile, si avverte un’influenza olandese), che vanno incontro a quel revival cattolico che segue il furore anticlericale della Rivoluzione francese. Il suo celeberrimo “Coro dei Cappuccini”, ispirato alla chiesa di piazza Barberini, verrà replicato a richiesta più di quindici volte. Nel 1807, dall’alto del suo studio di Villa Medici, il giovane Ingres ritrae il suo amico e grande estimatore Granet. L’immagine è quella di un artista romantico, i capelli scomposti contro il cielo tempestoso di Roma. Rientrato in Francia nel 1824, è nominato conservatore al Musée du Louvre, grazie all’appoggio dell’amico e mecenate Auguste de Forbin, direttore dei Musées Royaux. Granet effettuerà un ultimo soggiorno a Roma negli anni 1829-1830.
Il re di Francia Luigi Filippo, uno dei suoi collezionisti, lo chiama come conservatore al Château de Versailles nel 1833, nella prospettiva di istituire un museo storico delle glorie di Francia. Il museo sarà inaugurato nel giugno 1837 (Galerie des Batailles). Dividendo la sua vita tra Parigi e Versailles, Granet dipinge sur nature una serie di acquerelli bellissimi a margine delle commissioni ufficiali. Aveva incontrato Nena di Pietro, l’amore della sua vita, agli inizi del soggiorno romano, ma riuscirà a sposarla solo 1843 quando lei diventerà vedova del primo marito. Granet si ritira a Aix prima della rivoluzione del 1848. Alla sua morte, nel 1849, il materiale del suo atelier, i suoi disegni e le sue collezioni d’arte olandese e italiana vengono dati in lascito al comune di Aix e costituiscono il fondo principale del Musée Granet di Aix-en-Provence, fondato nel 1825. IL CATALOGO La mostra Granet. Roma e Parigi, la natura romantica sarà accompagnata da un catalogo edito da Electa con testi di Anna Ottani Cavina, Marc Bayard, Marc Fumaroli, Denis Coutagne e Bernard Terlay.
La mostra Granet. Roma e Parigi, la natura romantica sarà accompagnata da un catalogo edito da Electa con testi di Anna Ottani Cavina, Marc Bayard, Marc Fumaroli, Denis Coutagne e Bernard Terlay.
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Youssef Nabil
I won't let you die
Curatore: Francesca Fabiani
Progetto di: Guido Schlinkert
Da mercoledì 1˚ aprile a domenica 24 maggio 2009, l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, dedica una mostra all’artista egiziano Youssef Nabil, a cura di Francesca Fabiani su progetto di Guido Schlinkert, allestita presso l’Atelier del Bosco di Villa Medici. Per la sua prima mostra in Italia, Youssef Nabil (nato al Cairo nel 1972 e attualmente residente tra Parigi e New York) propone una serie di cinquanta opere circa (stampe fotografiche alla gelatina d’argento ritoccate ad acquarello) realizzate tra il 1992 e il 2007.
“…quello di Nabil è il racconto dell’insaziabilità, del differimento della soddisfazione, dell’oggetto del desiderio sempre elusivo…” (Octavio Zaya)
Ritratti, abiti, oggetti e soprattutto autoritratti compongono, come tessere di un mosaico, una sorta di diario del giovane artista. Youssef Nabil sembra intento ad appropriarsi della vita e del suo ‘lapsus’, la morte, attraverso lo scatto fotografico, colorando in seguito a mano le sue immagini in bianco e nero.
La sua ispirazione sono le fotografie di scena dei film egiziani della sua infanzia.
Quest’approccio artigianale, questo passo tecnico all’indietro rispetto alle consuetudini postmoderne delle perfette manipolazioni digitali, può risultare nostalgico, ma dà invece l’idea di essere calcolato per farci entrare consapevolmente nel suo regno del gioco, nell’anarchia del sogno a occhi aperti: nonostante il titolo della mostra I won’t let you die, il lavoro di Nabil ci indica come le favole di immortalità siano ‘cucite con il filo bianco’.
“L'arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità”, sostiene Adorno.
Le prime opere con le quali prende avvio la sua carriera artistica sono fotografie realizzate in studio in cui tanto l’ambientazione quanto l’atteggiamento di ispirazione teatrale dei soggetti rimandano esplicitamente ai tempi d’oro del cinema, di cui Nabil da giovanissimo subisce il fascino (Ehsan and Light, Cairo, 1993; Simone in Downtown Bar, Cairo, 1997; Cleopatra, Hanan Turk, Cairo, 1999; Lonely Pasha, Cairo, 2002).
Nella serie dei ritratti ritroviamo volti noti non solo del cinema, ma anche del mondo dell’arte, della musica, dell’architettura, della letteratura: Naghib Mahfuz, Nabila Ebeid, Natacha Atlas, Ghada Amer, Shirin Neshat, Julie Mehretu, Marina Abramovic, Zaha Hadid, Gilbert & George, David Lynch, Tracey Emin…
Miti, colleghi e amici di Nabil, stelle del suo personalissimo firmamento; personaggi noti a livello internazionale che però, grazie all’approccio delicatamente intimo dell’artista, ci appaiono fragili, colti in uno stato spesso ai margini della coscienza, in ogni caso molto lontani dalla loro consueta immagine pubblica.
Con gli Autoritratti, la mostra presenta un altro tema centrale nell’opera di Nabil che, proprio nell’introduzione del catalogo, così si racconta: “Sono cresciuto al Cairo come musulmano e la religione islamica parla molto del destino, del fatto che per ognuno di noi ci sia un tempo scritto per venire in questo mondo e un altro per lasciarlo… Ho iniziato a osservare la mia vita come se fossi al cinema… spettatore e testimone del mio film privato”. L’autoritratto, dunque, come possibilità di guardare se stessi agire nel mondo, ma non solo. Nella varietà dei paesaggi che fanno da sfondo (Beverly Hills, Hollywood, Parigi, Los Angeles, Firenze, Madrid, la Sardegna…) si percepisce la riflessione sul senso di una vita dislocata, che crea una condizione di smarrimento ed estraneità, ma che è allo stesso tempo necessaria per l’artista.
Le immagini di Nabil, per certi versi così fragili e delicate, sono potenti e di grande impatto. Rappresentano un mondo in bilico tra la veglia e il sonno, tra la vita e la morte, tra la certezza e il dubbio.
Il lavoro di Youssef Nabil è stato presentato in diverse mostre personali e collettive:
Kunstmuseum, Bonn (2007); North Carolina Museum of Art, North Carolina (2008); BALTIC Centre for Contemporary Art, Newcastle (2008); Centro Andaluz de Arte Contemporáneo, Siviglia / Aperture Foundation, New York (2006); GL Strand Museum, Copenhagen (2006); British Museum, Londra (2006); FotoFest Houston, Texas (2005); Institut du Monde Arabe, Parigi (2005); Museu d’Art Contemporani, Barcellona (2004); Rencontres Internationales de la Photographie, Arles (2003); Centro de la Imagen, Città del Messico (2001).
L’artista ha vinto nel 2003 il premio Seydou Keїta alla Biennale della Fotografia Africana di Bamako, Mali.
La mostra di Youssef Nabil I won't let you die è accompagnata dall’omonimo volume edito da Hatje Cantz.
Le attività culturali dell’Accademia di Francia a Roma sono realizzate sotto il patrocinio del Ministère de la Culture et de la Communication e beneficiano del sostegno della Académie des Beaux Arts e di Air France.
Immagine: Francois-Marius Granet
Info stampa:
Ludovica Solari Tel: +39 06 6761291 Fax: +39 06 6761243 e-mail: stampa@villamedici.it
Ilaria Maggi
Ufficio stampa mostre Electa tel 02 21563250 fax 02 21563314 imaggi@mondadori.it
Conferenza stampa martedì 31 marzo, ore 11
Inaugurazione 18.30
Accademia di Francia - Villa Medici
viale Trinita' dei Monti, 1 Roma
orario: 11.00 - 19.00, chiuso il lunedi
biglietti: 10 euro (intero) – 8 euro (ridotto). Biglietto comulativo per le due mostre.