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L'origine del mondo
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5/4/2002

L'origine del mondo

Galleria Contrasti, Trani (BT)

Un’ orda frammentata e goffa di obesi corpi femminili, ci assale guardando nell’insieme i dipinti di Milena Sergi con effetto ambiguo di attrazione e repulsione. A sedurre i sensi è il calore mielato di una pittura ad olio che gioca sulle prominenze plastiche della luce, addensa bagliori, modula ombre colorate. (Antonella Marino)


comunicato stampa

Milena Sergi

Presentazione al catalogo del critico Antonella Marino

Un’ orda frammentata e goffa di obesi corpi femminili, ci assale guardando nell’insieme i dipinti di Milena Sergi con effetto ambiguo di attrazione e repulsione. A sedurre i sensi è il calore mielato di una pittura ad olio che gioca sulle prominenze plastiche della luce, addensa bagliori, modula ombre colorate. Sono quasi dei “paesaggi di carne” questi grandi quadri che riverberano le gamme terrose e solari del Salento pugliese: dove la nostra giovane di Gagliano del Capo è nata ventisei anni fa, e che per lei costituisce una necessaria base di lavoro, da tradire solo per frequenti escursioni in cerca di stimoli e contatti col mondo dell’arte nazionale.

Per certi versi questi nudi eccessivi potrebbero rimandare alla pienezza della pittura antica, ad una esuberanza delle forme femminili che dal mito arcaico attraversa l’erotismo classico, la fisicità provocatoria di Courbet, la sensualità cromatica di Renoir … Ma è proprio l’integrità del corpo femminile tramandata dalla Storia dell’arte, il primo bersaglio ad essere colpito. I particolari ingranditi di pelle flaccida, i cumuli carnosi su cui il pennello indugia con impietosa definizione fotografica, mimano infatti, minando dall’interno, il processo storico di reificazione della donna, la sua trasformazione in oggetto di consumo artistico, la riduzione a corpo senza testa, suggerita qui non soltanto in senso metaforico.

Non so quanto questa lettura “femminista” sia dichiarata e consapevole nella ricerca di Milena Sergi: che appartiene forse ad una generazione ed ad un’età in cui certe battaglie e certe conquiste spesso si danno per scontate. Almeno in parte però la sua indagine si può inquadrare dentro un recente processo di riappropriazione dell’ immagine femminile, di cui le donne, e le donne artiste, per lungo tempo sono state espropriate. L’esagerazione grottesca di questi nudi crea infatti uno smottamento di pensiero, sovverte le abituali strutture del voyeurismo maschile, ribalta un’idea superficiale di bellezza, oppone grasso, carnalità, umori fisici, al desiderio e ad un piacere elaborato altrove.

In questa chiave non è poi così contraddittorio il richiamo che Milena stessa suggerisce, al mito della Grande madre, dea dell’abbondanza e della conservazione della specie (di cui peraltro il Salento conserva gli esemplari paleolitici delle “Veneri” di Parabita). Il messaggio della donna fecondatrice coincideva infatti con l’ estensione alla terra del modello femminile della semina, prologo di un’unità creativa e di una breve stagione matriarcale, presto rimossa.

Su questa via un po’ impervia il discorso si carica di altre valenze, colpisce altri bersagli, si allarga al contesto storico e sociale attuale. Le donne corpulente e in avanti con gli anni che Milena mette in posa, fotografa e poi rifigura come per farle proprie, sono infatti l’altra faccia della medaglia delle ragazze belle, giovani, sessualmente attraenti, che occhieggiano ovunque dai rotocalchi, dalla pubblicità, dal cinema, dalla televisione…Sono cioè l’opposto del “modello Barbie” senza età e senza difetti, a parte quello di imporre standard irraggiungibili alla maggioranza della popolazione femminile, che pure con essi è costretta a fari i conti. E sono anche lo spettro inquietante di una bulimia che “contagia” milioni di adolescenti occidentali, nuova spia di un disagio di genere che oppone una voracità devastante all’ideale coercitivo della linea snella.

Si gioca dunque su queste ambivalenze visive e concettuali, molto intriganti e non sempre risolte, la pittura di Milena Sergi. Un bilico sottile, che mantiene i suoi lavori in audace equilibrio tra il piacere sensuale del dipingere e la coscienza dello spessore problematico che assume oggi questa pratica, il suo ruolo nella catena produttiva delle immagini che ci circondano. Ossia tra richiami alla tradizione, ed innesto eversivo della stessa su problemi e sensibilità linguistiche del nostro presente.

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