Chiostri di San Domenico
Reggio Emilia
via Dante Alighieri, 11
0522 451722 FAX 0522 456476
WEB
Tre mostre
dal 29/4/2009 al 6/6/2009
Dal 1 al 3 maggio 10-23. Dal 5 maggio al 7 giugno: mart-ven 18-23; sab, dom e festivi 10-23
0522 451152
WEB
Segnalato da

Ufficio Stampa Ex Libris




 
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29/4/2009

Tre mostre

Chiostri di San Domenico, Reggio Emilia

Nell'ambito di Fotografia Europea 2009, i chiostri ospitano tre mostre fotografiche. L'esposizione di Joan Fontcuberta intitolata 'Googlegrammi' a cura di Elio Grazioli, un omaggio al realismo romantico di Josef Sudek a cura di Madeleine Millot-Durrenberger e il progetto fotografico 'Precipitati (sezioni, accumuli, avvolgimenti)' di Fabio Sandri.


comunicato stampa

Omaggio a Josef Sudek

a cura di Madeleine Millot-Durrenberger

Josef Sudek era una persona forte ed enigmatica, altrettanto ceco che cosmopolita, e a qualcuno sembrava un artista tradizionale a causa di certi aspetti dei lavori che aveva pubblicato. Nondimeno, è stato paradossalmente proprio lui a ispirare la più giovane generazione non-convenzionale e anticonformista del mondo. Sudek lavorava in maniera molto severa e perseverante. Aspirava a un certo ascetismo monacale, era indifferente rispetto al lato materiale della vita, per potersi dedicare a un’avventura più ampia e assolutamente unica, che consisteva per lui nell’immagine fotografica, nell’interpretare la poesia delle cose, delle piante, delle città, dei parchi e dei paesaggi. La sua opera è vasta e allo stesso tempo armonica, incentrata su alcuni temi ai quali è rimasto fedele durante gli anni. Non ha creato un sistema astratto, né si è chiuso in una teoria. […] Un realismo romantico ossia poetico è caratteristico dello stile di Sudek, che cerca la poesia, cioè la vita segreta delle cose, il mistero e la bellezza della luce, lo spazio indefinito e impercettibile, l’armonia delle forme e dei volumi, la semplicità tematica, e un accordo emotivo con i motivi scelti. […] Tutto ciò che è entrato nelle sue immagini ha costituito parte integrale della sua propria vita. Sudek non solo ha creato e compiuto un’oeuvre, ma anche – e questo è altrettanto importante – una vita, nella quale egli stesso è riflesso.
(Anna Fárová, Praga, Settembre 1982)

Josef Sudek (Praga 1896-1976) è soprattutto noto per i suoi paesaggi, una ricerca fotografica iniziata negli anni ’20 e che è durata per tutta la vita. Josef Sudek diventa apprendista fotografo a quattordici anni nello studio di Bohumila Bloudilova, una lontana parente, dopo aver frequentato una scuola di rilegatore di libri. Nel corso della prima guerra mondiale Josef Sudek viene ferito al braccio destro, che gli verrà amputato. Passa la convalescenza nell’ospedale per reduci di guerra di Praga, dove esegue una toccante serie di fotografie dall’atmosfera fumigante e disperata. Nel 1920 diviene membro del Circolo dei Fotografi dilettanti di Praga e conosce Jaromir Funke con il quale nel 1924 fonda la Società di fotografie ceca. In quegli stessi anni scopre i fotografi americani (Clarence H. White, Edward Weston), si iscrive alla Scuola di arti grafiche e segue il corso di fotografia tenuto da professor Karel Novák per due anni consecutivi. Il suo primo grande lavoro lo svolge dal 1924 al 1928 quando segue i lavori di ricostruzione della cattedrale di San Vito a Praga. Nel 1926 la sua passione per la musica lo porta a compiere un viaggio all’estero invitato ad accompagnare in tournée in Italia i membri dell’Orchestra Filarmonica Ceca. Apre il suo primo studio nel 1928 nel quartiere di Malá Strana a Praga e negli anni seguenti lavora professionalmente ottenendo grandi successi, nell’ottobre del 1932 apre la sua prima mostra personale a Praga. Nel 1940 scopre con entusiasmo la stampa per contatto; torna alle nature morte, all’intimità del suo giardino e degli anni più cari; usa apparecchi di grande formato, fino al 30 x 40 cm; continua a scattare fotografie di Praga e del suo Castello. Intorno al 1950 usa la grande macchina panoramica Kodak del 1894, ottenendo immagini del formato di 10 x 30 cm. Nella sua carriera moltissime sono state le esposizioni personali e collettive alle quali ha partecipato, innumerevoli le pubblicazioni che raccolgono i suoi lavori fino al 15 settembre 1976 quando muore a 80 anni dopo aver curato una sua mostra al Museo di Arti decorative a Praga. Altre importanti mostre personali sono state organizzate con le opere di Josef Sudek, una delle ultime in Svizzera è stata allestita al Musée de L’Elysée a Losanna nel 1995; una importante monografia è stata pubblicata (in tre lingue: ceco, tedesco ed inglese) nel 1995 da Torst Publisher, Praga con testi di Anna Farova.

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Joan Fontcuberta
Googlegrammi

a cura di Elio Grazioli

In Googlegrammi Fontcuberta smonta, o decostruisce, il preteso carattere globale, omogeneo, dell’immagine fotografica e mediatica in generale. Ogni immagine non è una, ma una somma di parti, una costruzione, una struttura integrata da una nutrita serie di immagini diverse che il programma informatico integra in una norma di ricerca. La ripetizione e la variazione incessanti delle immagini nei mezzi di comunicazione di massa è ciò che finisce per consolidare in noi, che ne siamo inevitabilmente consumatori più o meno passivi, l’illusione dell’unità ed indiscutibilità che costituisce l’asse del carattere autoritario della rappresentazione nel mondo attuale. Affinché la rappresentazione continui, affinché la società dello spettacolo vada estendendo il velo dell’illusione e ci separi dall’accesso critico alla conoscenza, è necessario che le immagini pubbliche non siamo messe al in discussione. Pertanto, quando Fontcuberta ci mostra che sono una costruzione, ci apre la via per pensare criticamente fino a che punto c’è verità in esse, per percepire il carattere di simulacro di tutta la rappresentazione.
Da “Qué hay en un fragmento”, de José Jiménez, en Datascapes, Québec, 2007 (traduzione di Giovanna Del Bello)

Joan Fontcuberta nasce a Barcellona nel 1955. Fontcuberta svolge un'attività intensa e diversificata nel mondo della fotografia come artista, docente, critico e curatore di mostre. Ha insegnato presso numerosi centri e università in Europa e negli Stati Uniti, ha collaborato con molte riviste specializzate nel mondo dell'arte e dell'immagine. Nel 1980 ha fondato la rivista "Photovision" di cui e' ancora caporedattore. Attualmente e' professore di Comunicazione Audiovisiva all'Università Pompeu Fabra di Barcellona. Ha pubblicato inoltre numerosi volumi riguardanti la storia, l’estetica e la pedagogia della fotografia. Ha promosso e fondato diverse manifestazioni dedicate alla cultura fotografica tra le quali la Primavera Fotografica (Barcellona, dal 1982). Nel 1996 e' stato direttore artistico dei Rencontres Internationals di Arles. Numerose le mostre presso rinomati musei, quali The George Eastman House (Rochester, 1985), Folkwang Museum (Essen, 1987), Museum of Modern Art (New York, 1988), The Photographer's Gallery (Londra, 1988) IVAM (Valencia, 1992), Museo de Bellas Artes (Bilbao, 1995), Museée de l'Elyseée (Losanna, 1999), Australian Centre for Photography (Sidney, 2007), Musée-Chateau (Annecy, 2008), Palau de la Virreina (Barcelona, 2008). Nel 2001 Palazzo delle Esposizioni di Roma gli dedica la grande retrospettiva Scherzi della natura, allestita nel 2002 negli spazi della Fondazione Italiana per la Fotografia di Torino. Sue opere sono conservate presso istituzioni di rilievo internazionale quail Musée d’Art Moderne/Centre Georges Pompidou (Parigi) il Metropolitan Museum of Art (New York) l’Art Institute (Chicago); il San Francisco Museum of Modern Art (San Francisco); il Museum of Fine Arts (Houston), il Folkwang Museum (Essen); il Museum für Kunst und Gewerbe (Amburgo); l’ IVAM (Valencia); il MACBA (Barcellona); il MNCARS (Madrid); il Museo de Bellas Artes (Buenos Aires).

venerdì 1 maggio 2009, ore 10.00 - piazza Casotti
Il tempo dell’immagine.
Elio Grazioli presenta Balthasar Burkhard e Joan Fontcuberta

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Fabio Sandri
Precipitati (sezioni, accumuli, avvolgimenti)

presentazione di Sergio Giusti

Con queste parole Fabio Sandri introduce il suo lavoro: "Stanze, fotogramma in scala 1:1 di una (o più) stanza di appartamento. L’idea di precipitato credo identifichi il senso e l’uso peculiare della fotografia nel mio lavoro. Il lavoro consiste nel rilevare l’impressione su carta fotosensibile di stanze d’abitazione. La carta viene distesa rovesciata con il verso emulsionato a contatto diretto con il pavimento e il retro rivolto verso lo spazio soprastante. Questo genera un “negativo doppio” che raccoglie contemporaneamente le immagini di ciò che gli sta sopra (la luce attraversa la carta) e di quello che sta sotto la carta stessa (per rifrazione della materia del pavimento), rilevando, direttamente e nello stesso momento lo spazio e le cose; non solo quelle prossime alla superficie, ma anche in profondità e nelle due direzioni opposte della gravità e del suo contrario. Il fotogramma ottenuto diviene una sorta di sezione, rivela le cose da un punto di vista che somma e concentra il sopra e il sotto intromettendosi tra loro. L’immagine è questo rilievo continuo, i materiali precipitati. La disposizione delle le forme è di chi vi abita. “Costruzione” il filmato che documenta l’oscuramento di una finestra mediante la costruzione di un muro viene proiettato sulla carta fotosensibile che riveste la parete di una stanza. Qui si associano e sommano la costruzione del muro e il costruirsi dell’impronta creata dalla proiezione del film. Il susseguirsi continuo degli strati di mattoni e i piccoli movimenti dell’inquadratura disegnano una griglia in continuo sviluppo. Il risultato è un “disegno” che si forma direttamente sotto ai nostri occhi, un fotogramma sempre in divenire e mai fissato creato dalle immagini presenti e passate del film oltre che dal progressivo impressionarsi della parete con la luce diffusa propria della stanza. Si trascina nel tempo e si sviluppa così una nuova immagine risultante da questa somma, da questo accumulo. Col passare dei giorni, molto lentamente le forme si faranno meno distinguibili e il tutto confluirà in un monocromo. La muratura imita il lavoro della fotosensibilità e viceversa, si sommano materialmente.

Fabio Sandri nasce nel 1964, attualmente risiede a Brogliano (VI). Fra il 1982-86 studia presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel laboratorio di Emilio Vedova. Nel 1987 gli viene assegnata una Borsa di Studio dalla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia dove espone nel 1988 la sua prima personale intitolata Luoghi. Nel 1991 espone le sue prime opere realizzate mediante piegatura e impronta diretta su carta fotosensibile. La sua ricerca si caratterizza per una concezione plastica del medium fotografico, indagato nella sua essenza di impronta su supporto fotosensibile a contatto diretto con la materialità dei luoghi, o di impronta continua e in divenire temporale . Negli anni recenti ha prodotto cicli di fotogrammi in scala 1:1 di stanze d’abitazione (Stanze 2004-2008). In altri lavori si sommano le impronte di proiezioni di film su carta fotosensibile in processo aperto di continua impressione a quelle della situazione ambientale: Incarnato 2005, Costruzione 2007, Panoramica 2008.


Immagine: Joan Fontcuberta, Googlegramma: Greenpeace, 2006 © Joan Fontcuberta

Inaugurazione 30 aprile ore 18.00

Chiostri di San Domenico - Sala delle Carrozze
via Dante Alighieri 11 - Reggio Emilia
Dal 1 al 3 maggio 10-23. Dal 5 maggio al 7 giugno: mart-ven 18-23; sab, dom e festivi 10-23
Biglietto unico per accedere a tutte le mostre 10 euro, Ridotto 7

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Franco Reggiani
dal 21/3/2014 al 5/4/2014

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