Centro Culturale Aldo Moro
Cordenons (PN)
via Traversagna, 4
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Luigi Buso
dal 1/5/2009 al 14/5/2009
mart, ven, sab e dom 16-19

Segnalato da

Associazione Media Naonis



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Luigi Buso
Paolo Venti



 
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1/5/2009

Luigi Buso

Centro Culturale Aldo Moro, Cordenons (PN)

Pittura di soli ed archi. In queste opere pittoriche, il sole non e' quello che illumina le nostre campagne ma ha una sua dimensione metafisica, infinita, astratta.


comunicato stampa

Nella produzione più recente di Luigi Buso non può non balzare agli occhi la ripetizione di due elementi ben distinguibili, variati nei toni e nella disposizione ma presenti come una sorta di firma, di garanzia. Dopo tre quattro tele finisci per cercarli nelle opere successive, quasi per avere una conferma, per verificare un'idea. Ed eccolo lassù in alto, il globo rosso del sole, a volte forse della luna, a volte arancione, giallo, a volte sfumato, nascosto, duplicato. Sempre isolato, staccato dalle architetture confuse che si levano in basso, sempre stagliato in un cielo uniforme e compatto. E' la garanzia di una continuità, di un levarsi forte e sempre uguale dei giorni, di una determinazione che sta oltre, così rosso e così perfettamente tondo. E' il senso di un aldilà che dialoga con il paesaggio, con l'''aldiqua'', è simbolo che attraversa il tempo e sembra benedire (filosoficamente intendo) questo variare inarrestabile delle cose, questo sfaldarsi dei muri e delle geometrie.

Ma è anche, pittoricamente parlando, una tentazione all'astratto, una via di fuga verso geometrie che non debbano rispondere più alle forme del reale: così perfettamente rotondo è una provocazione rispetto al disordine delle rovine che la spatola del pittore si sforza di salvare. Vi è una coerenza, una continuità rispetto alla storia pregressa della pittura di Luigi Buso, alle tele dedicate al paesaggio rurale veneto e friulano. Rispetto a quella fase realistica, memoriale, tesa a salvare dall'oblio quanto è ancora vicino nello spazio e nel tempo, qui gli orizzonti si sono dilatati: il passato non è la società contadina di ieri ma è l'antico, lo scorrere delle epoche ben rappresentato dalle rovine, dai ruderi. Il sole non è quello che illumina le nostre campagne ma ha una sua dimensione metafisica, infinita, astratta.

E' un salto di livello ben preciso dove il cromatismo diretto fatto di colori accostati in modo coraggioso e talora violento rispetto alla produzione precedente parla già di un gioco che non si svolge in questo mondo. Ma è il secondo elemento, costante sulle tele, che forse conferma questa lettura. Si tratta dell'arco, un elemento che come un refrain ossessivo attraversa tutte queste tele. Architetture che mantengono talora un residuo realistico, altre volte si perdono nella forma del sogno ma che invariabilmente si aprono in finestre improbabili, archi che non danno su nulla, raddoppiati, fini a se stessi, sezionati dalla frana del tempo o semplicemente da un estro artistico.

Al di sotto un brulicare di forme indistinte, un coacervo di vita che si sfalda in colori e pennellate, si arrabatta fra dramma e gioco (si noti in molti quadri, rigorosamente in basso, la presenza di una griglia, scacchiera che, terzo marchio meno evidente, allude forse al gioco, al nostro vivere comunque chiusi e prigionieri di reti colorate). Il ponte o l'arco o la finestra sono forse la saldatura fra i due mondi, con tutta una serie di valenze metaforiche (chiudersi in una circolarità, aprirsi verso altro, passare, salire e ridiscendere, per dirne alcune). Tutte queste letture sono possibili, tutte porterebbero da qualche parte e suggerirebbero una chiave interpretativa. Ma sono soprattutto le tracce del tempo che mi colpiscono, e su questa linea credo si possa costruire una lettura. L'arco è sempre arco di rovina, gesto di presunzione tutta umana, di chi vuol far galleggiare il peso sul vuoto sfidando buonsenso e leggi di natura oppure erge poderose architetture senza altro fine che se stesse. Vi è come un franare delle cose, da fine dei tempi, in una atmosfera che ora sa di carnevale ora di giudizio universale (e la scelta cromatica così forte e decisa magicamente pare adattarsi a entrambe le situazioni). In alto il sole splende ma non illumina più nulla, lontano in una sua dimensione ormai irraggiungibile, rosso di un rosso innaturale o velato e irriconoscibile, fuori dal tempo.
Paolo Venti

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