Museo Ebraico
Bologna
via Valdonica, 1/5
051 2911280 FAX 051 235430
WEB
Zehut
dal 13/5/2009 al 26/9/2009
dom-gio 10-18, ven 10-16, sab chiuso

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Museo Ebraico




 
calendario eventi  :: 




13/5/2009

Zehut

Museo Ebraico, Bologna

La mostra presenta le acquisizioni librarie, documentarie e storico-artistiche dei primi 10 anni dalla sua istituzione. Il museo ospita numerose attivita' ed eventi di divulgazione e ricerca su temi legati all'identita' ebraica. Opere di Emanuele Luzzati, Jakov Bararon, Giovanni Bonaldi, e molti altri.


comunicato stampa

a cura di Franco Bonilauri e Vincenza Maugeri

Inaugura giovedì 14 maggio 2009, alle ore 18.00, presso gli spazi espositivi del Museo Ebraico di Bologna, la mostra zehut זהות. Le acquisizioni del Museo Ebraico di Bologna nei suoi primi 10 anni di attività.
La mostra, a cura di Franco Bonilauri e Vincenza Maugeri, intende presentare al pubblico le acquisizioni librarie, documentarie e storico-artistiche dei primi dieci anni dalla sua istituzione.

Inaugurato nel maggio 1999, la Fondazione Museo Ebraico di Bologna – unico nel suo genere tra i musei ebraici italiani come istituzione a carattere pubblico - nel corso di questi anni ha assunto sempre più le connotazioni anche di centro culturale vivo e propositivo. Il museo organizza e ospita numerose attività ed eventi di divulgazione e ricerca su temi legati all'identità ebraica, che messe in fila ci permettono di parlare ormai di una certa “tradizione” culturale cittadina che si sta facendo strada tra le principali istituzioni.

Infatti, proprio in rispetto alla sua missione di conservare e valorizzare il ricco patrimonio culturale ebraico locale e regionale, il museo si è impegnato anche in una oculata e attenta politica di ampliamento dei fondi librari e documentari avvenuta tramite donazioni di privati con il duplice obiettivo di ricomporre almeno qualche elemento del complesso mosaico del patrimonio ebraico del territorio emiliano-romagnolo disperso nei secoli e di aggiungere ulteriore valore non solamente al patrimonio della Fondazione, ma anche al tessuto culturale locale.

Non meno importante l’impegno per cui con mostre storico-documentarie, esposizioni delle opere di artisti ebrei e israeliani contemporanei, donazioni di privati, acquisizioni sul mercato antiquario, il museo ha incrementato il nucleo storico-artistico.

Non a caso il titolo della mostra, zehut זהות, che ben racchiude il concetto di “identità”, vuole proprio sottolineare i tanti e molteplici aspetti che l’ebraismo esprime nella sua cultura e tradizione. In primo luogo, i libri e i documenti qui esposti che riportano al concetto degli ebrei come “popolo del libro” e della loro forte e secolare tradizione della parola scritta che si fonde e lega con quella orale nella conoscenza e nell’apprendimento. Le opere pittoriche in mostra, invece, interpretano differenze e diversità di tecniche, espressioni e linguaggi degli artisti che le hanno prodotte, ma testimoniano nel contempo vitalità e fervore, valori forti nelle diverse e multiformi interpretazioni della radice ebraica.

Acquisire significa crescere e il Museo Ebraico di Bologna oggi, a dieci anni dalla sua istituzione, vuole segnare con questo evento la sua funzione di istituzione culturale attenta ai valori della tutela, della conservazione e della promozione del patrimonio culturale.

Donazione fondo librario
L’accrescimento del nucleo librario del MEB è stato segnato nel 2001 dalla donazione da parte di un privato del Fondo librario e fotografico Beniamino Cannaruto costituito da 850 volumi e 600 pezzi ca. riconducibili al tema dell’ebraismo italiano e non solo. Beniamino Cannaruto, di famiglia ebraica di origine bolognese, cultore e appassionato di ebraismo sotto vari aspetti, aveva formato una sua biblioteca privata, che ora è appunto arrivata al MEB. Si tratta, dunque, di un fondo molto consistente e importante per il tipo di materiali che lo costituisce: un’ampia sezione di testi di letteratura, di lingua, di pensiero, di storia e documentazione sullo Stato di Israele, di arte ebraica sia in italiano, che in inglese, francese, tedesco ed ebraico; l’Enciclopedia Judaica completa; un interessante fondo di testi in ebraico quali libri di preghiere, bibbie, commenti, feste ebraiche. Notevoli, inoltre, un piccolo fondo di libri ottocenteschi in ebraico e in italiano, una rara collezione di lunarietti ottocenteschi, giornali e in particolare alcune annate del Jewish Chronicle e una raccolta di fotografie di famiglia e di luoghi ebraici, in particolare del cimitero ebraico di Venezia.

Donazioni fondi documentari
L'Archivio Finzi-Castelfranchi, arrivato in eredità a Renato Peri e da questi donato al MEB nel 2001, è un importante fondo documentario incentrato sulla figura e sull'opera di Mario Finzi, musicista e vittima della Shoah: è una raccolta di 1500 documenti di notevole importanza a livello cittadino, vi si delinea la vita e le opere di Mario Finzi, i suoi scritti, le sue pubblicazioni, i carteggi, e vi si illustra la genesi di uno degli eventi fondamentali per l'avvio del dialogo ebraico-cristiano in Italia.
Dal fondo archivistico “Finzi-Castelfranchi” la vicenda biografica di Finzi, eminente figura di pianista bolognese, corre in parallelo alla ricostruzione degli eventi storici del periodo: dall’emanazione delle leggi razziali, all’avvio della persecuzione antiebraica in Italia, alla lotta antifascista. Infatti, Mario Finzi, antifascista e appartenente alla Resistenza, dal 1941 si impegnò con tutte le sue energie per salvare ebrei di Bologna e dell’Emilia-Romagna attraverso la delasem (Delegazione per l’Assistenza degli Ebrei Migranti), organizzazione nazionale di cui Finzi divenne il segretario per la rappresentanza di Bologna e nella quale lavorò con Eugenio Heiman. Assai interessante anche il fitto carteggio con suoi amici bolognesi del periodo: Cesare Gnudi, Giorgio Morandi e Giuseppe Raimondi, i fratelli Telmon, i fratelli Arcangeli, Gina Fasoli, Corrado Festi, Massenzio Masìa, Armando Quadri, Gino Onofri. L’Archivio Finzi-Castelfranchi è stato inoltre la fonte principale per la realizzazione nel 2007 della mostra Mario Finzi (Bologna 1913–Auschwitz 1944). Musicista bolognese tra arte e impegno per la salvezza degli ebrei perseguitati.

Nel 2001 è pervenuto in dono al MEB un cippo piramidale con iscrizione ebraica, ritrovato nel parco di Villa Impero a Bologna, di proprietà Fanti Faccioli. Si tratta di un cippo funerario in calcare, di forma piramidale (dimensioni cm 80x40x30), databile alla prima metà del XVI secolo, con epigrafe in ebraico, in parte abrasa. Il cippo, prima dell’esposizione nelle sale del Museo, fu sottoposto a un accurato restauro, con operazioni di pulitura, consolidamento, stuccatura e reintegrazioni e di protezione finale.
Da un suo recente studio, il noto ebraista Mauro Perani ipotizza che il cippo contenga l’epitaffio incompiuto di Avraham Antunes da Troncoso, probabilmente espulso da Bologna nel 1569, e che questa sia l’edizione dell’epigrafe:
1.מצבת קבורת היקר אברהם
2.[אנטונש] מטראנקוזו נ''ע1 נפטר
3. בירח שנת נצב''ה
Versione italiana:
1.Pietra sepolcrale del caro Abramo
2.[Antunes] da Trancoso, la sua anima sia nell’Eden, morto
3.del mese di … dell’anno … la sua anima (sia) unita nel vincolo della vita.

Nel 2006 Elena Sinigaglia ha donato al MEB l’Archivio appartenente al marito Eugenio Heiman (1920-2006): si tratta di un nucleo di documenti, lettere, carteggi, fotografie legate essenzialmente all’infaticabile presenza di Heiman nella vita della Comunità ebraica di Bologna, di cui fu figura chiave nella difficile ricostruzione del dopoguerra e più volte Presidente dal 1953 al 1965; i documenti testimoniano, inoltre, l’impegno di Eugenio Heiman tra gli anni 1980-95 nella valorizzazione del patrimonio culturale ebraico della regione Emilia Romagna: è stato Presidente del Jewish Culture Program dal 1990 al 1999 e poi Presidente della Fondazione Museo Ebraico di Bologna dal 2000 al 2004.

Il nucleo librario e documentario ha registrato nel 2008 un ulteriore incremento con l’acquisto sul mercato antiquario di alcuni documenti ebraici provenienti dal territorio dell’Emilia-Romagna: un Libro Mastro della Comunità di Carpi datato 1790-1791, formato da 72 pagine e con documenti che vanno dal 7 luglio 1790 al 30 marzo 1791, e una rara cartella in pergamena, con il dorso in pelle a nervature, con impresso il titolo relativo a una Confraternita di Lugo, al cui interno conserva alcuni fogli manoscritti relativi alla vita di detta Associazione e databile agli inizi del XIX secolo.Si tratta di due notevoli documenti, che testimoniano gli storici insediamenti di antiche comunità locali e importanti per la ricostruzione di alcuni aspetti della loro vita e tradizioni, in considerazione inoltre della distruzione e della dispersione degli archivi di gran parte delle comunità ebraiche del territorio emiliano-romagnolo.

Altre piccole donazioni hanno contribuito all’ampliamento del nucleo documentario del MEB: donazione Zara Finzi, donazione Gina Levi, donazione Ruth Kornfeld.

Donazioni dipinti e sculture
Con la mostra Haggaddah di Pesach [7 settembre-2 novembre 2003], il bosniaco Jakov Bararon, artista cosmopolita di origine ebraica, ha presentato per la prima volta a Bologna le sue opere incentrate appunto sull’Haggaddah, il libro che contiene la narrazione biblica dell'uscita degli ebrei dall'Egitto, e ha lasciato al Museo in dono La luce. Questa opera ricca di armonie cromatiche, intessuta da "geroglifici", che sintetizzano la varietà dei gruppi organici presenti nel dipinto, si inserisce nel percorso dell'artista, dove la tradizione gli fa da appoggio, ma gli episodi biblici sono una larga trama su cui inserire tracce del passato, quasi che fossero frammenti archeologici e pezzi della memoria.

In occasione del Giorno della Memoria 2004, la scultrice Elena Cifiello ha donato al MEB due sculture, l’una dal titolo Il Giorno della Memoria, in creta bianca patinata a freddo, l’altra Auschwitz, in creta bianca patinata, che l'artista ha plasmato sull'onda delle sue riflessioni sulla tragedia della Shoà; sono lavori allegorici che esprimono il desiderio di affrontare i nascosti valori dell’uomo, costantemente sconfitti.

Silenzi da viaggio (2003) è il titolo dell’opera donata dall’artista Giovanni Bonaldi, che con la mostra L’origine tesa [5 settembre-10 ottobre 2004] ha creato un affascinante percorso artistico con opere su carta, dipinti ad olio, installazioni, ispirato sia alla qabbala, sia ai simboli e alle lettere dell'alfabeto ebraico, che secondo la tradizione ebraica sono state il veicolo o il mezzo attraverso il quale si è realizzata la Creazione. L’opera donata da Bonaldi riprende uno dei suoi temi ricorrenti: l'eternità ritrovata al di fuori dello statico, dello spazio chiuso e bloccato della terra, che si rifà alla concezione ebraica dello spazio-tempo totalmente opposta all'idea greca in cui il tempo è un circolo chiuso. Le figure di Bonaldi sono in una situazione intermedia tra la terra e il cielo e testimoniano sia la gravità verso la terra, sia la tensione verso l'alto.

Nel 2003, il maestro Emanule Luzzati ha donato un'opera inedita realizzata per il Museo
dedicata alla festa ebraica di Chanukkà, che è stata presentata in un particolare evento nell’ambito della “Festa delle Luci”.

Di grande impatto compositivo ed estetico la mostra Didattica nella Coscienza [27 aprile-28 maggio 2006] dell’artista israeliana Arza Somekh Coen: nei suoi lavori, frutto di una rigorosa meditazione, che poco lascia all’estemporaneità dell’ispirazione romantica, si intrecciano, come nelle opere degli antichi maestri rinascimentali, filosofia, scienza e religione. Arza si è creata un repertorio di forme simboliche per studiare le recondite trame dell’esistenza umana e indaga la relazione tra il visibile e l’invisibile, tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Un dialogo (2005) è il titolo dell’acrilico su tela di Arza che fa parte del patrimonio del MEB.
Rutu Modan ha lasciato al MEB tutti i suoi disegni originali a seguito della mostra sul suo romanzo a fumetti Unknown/Sconosciuto e altre storie [18 marzo- 22 aprile 2007], che ha suscitato in Italia un vivo interesse; con il suo stile essenziale ed elegante la Modan riesce a catturare i dettagli di una realtà colta nei suoi aspetti più banali, sullo sfondo di un paese che aspira con fatica alla normalità.
Rientra in uno dei molti percorsi creativi sperimentati inerenti al rapporto arte e scienza l’opera dal titolo Lentamente verso l’alto (1993) che Tobia Ravà ha lasciato al MEB dopo la sua mostra Pagine trascendentali [2 settembre-4 novembre 2007]. Artista già molto affermato, Tobià Rava lega la sua ricerca artistica alle correnti mistiche dell’ebraismo: dalla qabbala al chassidismo, proponendo un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri. La logica letterale e matematica che sottende le sue opere è intesa come codice genetico e raccoglie sia elementi filosofici, sia linguistici che vanno a costituire un magma pittorico fatto di lettere e sequenze numeriche riferite a un linguaggio cosmologico universale.

Bar Mitzvah (2001) è il titolo dell’opera dell’artista di origine israeliana Hana Silberstein che con la mostra La vita probabilmente [7 settembre-30 novembre 2008] ha rivelato il suo spirito legato alla cultura yiddish e a certe influenze chagalliane nei suoi personaggi che si muovono leggeri, cercando una elevazione continua. La pittura di Hana Silberstein offre tutto il suo potere di suggestione e di felicità; il colore e le morbide forme aiutano a sedimentare un pensiero positivo con quella asincronia storica che ci parla dell’attuale, partendo da lontano, da un passato senza tempo. La Silberstein costruisce immagini semplici e complesse, giochi visivi in cui l’improbabile, il favolistica appaiono più veri del vero.

Un'altra tappa ad oggi di questo percorso sulla formazione del patrimonio del Museo sono state le donazioni, tra il 2008 e il 2009, di sei importanti opere dell’artista Fernando Gualtieri: oltre ai ritratti delle figlie Nadia e Myriam e della moglie Yvette (1972), Il Taleth (1970), Omaggio a Theodor Herzl, I libri. Gualtieri, eccezionale pittore autodidatta, ha ottenuto una lunga serie di riconoscimenti internazionali e di esposizioni nelle gallerie più prestigiose del mondo. In queste opere donate al MEB, l’artista si avvicina ai temi dell’ebraismo, riprendendone alcuni dei suoi oggetti-simbolo più evidenti, o dei personaggi che hanno fatto la storia d’Israele, cercando di coglierne l’essenza e lo spirito con il suo personalissimo e suggestivo stile, in una cascata di colori e di luce.

Gli artisti

Emanuele Luzzati [Genova, 1921–2007] nella sua lunga carriera di scenografo e illustratore, maestro in ogni campo dell’arte applicata, ha firmato oltre quattrocento lavori per il teatro di prosa, l'opera lirica, il balletto, che gli hanno procurato fama internazionale. La sua opera è legata anche ai temi dell'ebraismo, tanto che nella sua multiforme produzione ha saputo trasfondere la sua radice culturale ebraica dall'illustrazione libraria, ai manifesti, al teatro, alle ceramiche. Nel 2000 fu allestita la mostra Emanuele Luzzati. Viaggio nel Mondo Ebraico al Palazzo della Triennale di Milano. Luzzati ha saputo esprime con un fare personalissimo la sua identità ebraica, per conservarla e tramandarla, cogliendola in alcuni suoi momenti importanti; ha magistralmente trasposto coi suoi colori, con l'immediatezza ed espressività del suo stile personalissimo e in una visione fiabesca il peso delle tradizioni ebraiche, mentre i suoi personaggi echeggiano la saggezza degli antichi maestri. Molte delle sue opere legate all’ebraismo si conservano al Museo Ebraico di Bologna, nel Museo Luzzati a Porta Siberia a Genova, e in altri musei e istituzioni ebraiche italiane.

Jakov Bararon [Sarajevo, 1939], artista cosmopolita di origine ebraica, si ispira a temi e suggestioni dell'antico testamento, traducendoli con tratto originale. I dipinti di Bararon vivono in uno spazio che si pone tra l'astratto e il realistico. Ricche di armonie cromatiche, le sue tele sono intessute da geroglifici, che sintetizzano la varietà dei gruppi organici presenti nel dipinto; il suo senso per il lirico rafforza l'espressività dei suoi dipinti nei quali risaltano le sue singolari interpretazioni dell'anatomia e delle proporzioni.
Le opere dell’artista sono state esposte da Sarajevo a Madrid, da Belgrado a Parigi e Firenze, e poi Tel Aviv, Brema, Chicago, New York, Zurigo e Losanna.
L’artista attualmente vive e lavora a Vienna.

Giovanni Bonaldi [Serina (Bg), 1965] cerca ispirazione e forme espressive sia dalla qabbala, componente mistica della filosofia ebraica, sia dai simboli e dalle lettere dell'alfabeto ebraico, che secondo la tradizione ebraica sono state il veicolo o il mezzo attraverso il quale si è realizzata la Creazione. Nelle opere su carta, nei dipinti ad olio, nelle installazioni che creano il suo percorso artistico, un tema ricorrente è l'eternità ritrovata al di fuori dello statico, dello spazio chiuso e bloccato della terra, che si rifà alla concezione ebraica dello spazio-tempo totalmente opposta all'idea greca in cui il tempo è un circolo chiuso. I diversi incontri con alcuni rabbini delle comunità ebraiche italiane e con i teologi cattolici portano alla realizzazione di diverse mostre nel nord Italia con la pubblicazione di un catalogo nel 2002 curato da Sara Fontana e uno nel 2003 da Pierangelo Sequeri e Nadine Shenkar.
Espone in strutture pubbliche e private. Vive e lavora a Serina, Bergamo.

Elena Cifiello nata a Napoli, ha iniziato a fare scultura, ma anche poesia e narrativa, dopo aver lavorato a fianco dello scultore Luigi Sabbadini. Dopo alcuni anni vissuti in Toscana e a Roma, è tornata a vivere a Bologna, dove, dal 1985, ha cominciato ad esporre e a farsi conoscere, riscuotendo successi di critica e di pubblico. La Cifiello per la propria ricerca plastica privilegia il bronzo a cera persa e la creta che, nel senso concreto della pratica "manipolatrice", diventa duttile, plasmabile, non più solo banale materia, strumento della quotidianità, ma efficace mezzo di espressione, nucleo in cui imprimere un'idea, una propria visione del mondo e della vita; gli oggetti scultorei della Cifiello sono esplicitamente trasportati in una dimensione simbolica, divenendo emblemi di un messaggio, portatori di significati leggibili e carichi di un senso drammatico dell'esistenza.
Sue opere si trovano in collezioni private in Italia e all'estero, in Italia anche in Vaticano e al Museo dei Cappuccini di Bologna.

Arza Somekh Coen [Gerusalemme, 1951] ha iniziato a dipingere a venti anni. Pur avendo abbandonato l’arte a favore delle scienze, in particolare la biologia, ha continuato ad occuparsi di disegno scientifico e ha illustrato libri e riviste di scienza per bambini. Dal 1990 vive in Italia, a Bologna, e nel 1995 è tornata all’arte figurativa, affrontando la pittura astratta legata a concetti ebraici, anche attraverso lo studio e la conoscenza dell’arte religiosa rinascimentale. La sua ricerca si è indirizzata nel trovare una soluzione per far conoscere alcuni degli aspetti salienti dell’ebraismo in un contesto, quello odierno, fortemente caratterizzato dall’uso dell’immagine. La sua è una pittura piena di tensione che si accomuna, per alcuni aspetti, a quella degli artisti astratti dei primi decenni del XX secolo. Arza ha creato un linguaggio astratto, basato su forme geometriche e segni elementari; nei suoi acrilici si avverte la costante tensione di forze antagoniste che scaturiscono da contrasti cromatici o da vettori spinti verso opposte direzioni. Nello sviluppo della sua ricerca artistica, Arza sta tentando nelle opere prodotte nel 2008 e 2009 un nuovo processo centrato sul passaggio dalla linea all'oggetto concreto. Invece di rappresentare concetti attraverso modelli astratti, sta lavorando sulla forma del libro e del rotolo, come mezzi di trasmissione di immagazzinamento della conoscenza. Sue opere si conservano presso istituzioni pubbliche e collezioni private sia in Italia che all’estero.

Rutu Modan [Tel Hashomer, 1966) autrice israeliana di fama internazionale, nota anche come illustratrice per riviste e libri per bambini, pubblica fumetti e illustrazioni ormai da una ventina d'anni. Nel 1995 dà vita insieme ad Yirmi Pinkus al gruppo “Actus Tragicus”, che si autoproduce nel tentativo di diffondere una forma di fumetto, ancora inedita in Israele. Tra gli altri riconoscimenti accreditati a Rutu Modan si ricorda l'Andersen Award for Illustration, vinto nel 2001. Ha suscitato in Italia un vivo interesse fin dal suo esordio con il romanzo a fumetti Unknown/Sconosciuto (Coconino Press, 2006). Rutu Modan spiega sulla tavola da disegno una capacità artistica, una varietà di stili e linguaggi che eccitano l’occhio e obbligano il lettore a una grande attenzione visiva. E anche emozionale. La lezione dell’underground statunitense, come Charles Burns, o anche europeo, se non italiano con interessanti similitudini con lo stile dei Valvoline, gruppo di artisti italiano degli anni Ottanta, segnala una particolare attenzione per la ricerca grafica e stilistica. L’ispirazione sembra proprio, come fu dei movimenti fumettistici dei decenni precedenti, venire dal design pubblicitario con scelte grafiche di volta in volta modificate e adattate al contenuto.

Tobia Ravà [Venezia, 1959] si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è stato allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia ed Urbino. Espone dal 1977. E' presente in collezioni sia private che pubbliche, in Europa, Stati Uniti, America Latina e in Estremo Oriente. Dal 1988 si occupa di iconografia ebraica. Ravà svolge una ricerca artistica legata alla qabbala e alla logica matematica. Nelle sue opere sono spesso rappresentati paesaggi decontestualizzati da una fitta texture cromatico-segnica, costituita per lo più di numeri e lettere ebraiche. Ravà è riuscito a trovare un modo assai originale per esprimere il proprio doppio interesse per le figure e per la loro composizione astratta. Nei suoi quadri, infatti, ritroviamo assai rielaborate, molte immagini "classiche" dell'arte, o addirittura immagini sacralizzate dalle culture più antiche e tradizionali. Vive e lavora a Mirano, vicino a Venezia, dove nel 2004 ha dato vita a PaRDeS Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea, attraverso il quale artisti di generazioni e culture diverse si confrontano su temi naturalistici e scientifici.

Hana Silberstein [Tel Aviv, 1951], artista di origine israeliana, si è formata a Bologna, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti, studiando con Walter Lazzaro. Figlia di un’ebrea che ha conosciuto l’abominio di Auschwitz, l’artista ha sempre portato la cultura del suo popolo come tessuto della propria avventura terrena. Lo spirito yiddish si avverte in molti lavori, nell’ironia costante, nel dire cose serie senza eccessi di serietà. Ed è ingannevole anche il suo primitivismo che ha fatto richiamare alla mente artisti come Brauner, Klee o Dubuffet perché non sempre la semplicità va nella direzione della storia: il suo mondo si popola di personaggi bislacchi e strani, di personaggi sbilenchi sempre affaccendati in un pellegrinaggio perpetuo. La Silberstein è una viandante del pensiero e dell’azione caratteristica certamente comune al suo popolo, ma in cui la curiosità dell’artista fa il resto. I suoi personaggi si muovono leggeri cercando un’elevazione continua: vogliono staccarsi da terra e librarsi nel cielo. Certe influenze in questo senso sono chagalliane, ma sono pure assonanze, non fonti di ispirazione. Ritorna anche nelle sue opere il lavoro cabalistico sulle lettere e sui numeri; talvolta adopera come base per l’intervento pittorico dei giornali che formano un vero e proprio supporto verbale.
Sue opere sono conservate presso istituzioni pubbliche e collezioni private in Italia e all’estero. Hana Silberstein ha il suo atélier a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna.

Fernando Gualtieri [Longlaville, 1919] dopo una carriera sportiva (calcio a livello nazionale) lascia il football e si stabilisce a Parigi. Al Louvre scopre la sua vocazione profonda: la pittura. Nel 1950 frequenta l'Accadémie de la Grande Chaumière a Parigi che lascia rapidamente per intraprendere una carriera eccezionale di pittore autodidatta. È solo l'inizio di una lunga serie di riconoscimenti internazionali e di esposizioni nelle gallerie più prestigiose del mondo: a Londra dove espone nella celebre Bond Street Gallery, in Canada (Esposizione permanente al Petroleum Club di Calgary), in Cina, in Giappone, nei musei più importanti dove è riconosciuto il Maestro dello "Splendore del Reale".
Nel 1982 riceve la cittadinanza onoraria di Talamello e nel 2000 dona al comune 14 opere di grandi dimensioni per le quali viene realizzato il Museo-pinacoteca Gualtieri "Lo Splendore del Reale", inaugurato nel settembre 2002 e che oggi conta oltre 50 opere. Inoltre, il Museo della Città di Rimini accoglie tre opere di Gualtieri di grande formato raffiguranti proprio la cittadina riminese, mentre Cesena (la città originaria del padre) ha già riservato un posto speciale alle opere del Maestro nel suo futuro Museo.
Hassan Hamadé, cineasta e scrittore di Beyrouth lo rivela all'Oriente come "l'Esploratore delle Personalità Luminose" nel film girato a Auvers-sur-Oise nel suo atelier e a Parigi. Caratterizzato dal suo personalissimo e suggestivo stile, è un insolito catalizzatore di luce, dipinge il visibile e l'invisibile, il reale e l'irreale, in una cascata di colori e di luce. Sue opere sono presso le collezioni: Rocke International, Barbara Rockefeller, Olivier Dassault, John Scrymgeour, Petroleum Club di Calgary (Canada).

Inaugura giovedì 14 maggio 2009, alle ore 18

Museo Ebraico di Bologna
Via Valdonica 1/5 – Bologna
14 maggio - 27 settembre 2009
da domenica al giovedì 10.00-18.00
venerdì 10.00-16.00, sabato chiuso
ingresso gratuito

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