Villa Gualino
Torino
viale Settimio Severo, 63
011 6603555
WEB
Tre Mostre
dal 3/6/2009 al 27/6/2009
tutti i giorni 10-19

Segnalato da

Redazione Italiaarte




 
calendario eventi  :: 




3/6/2009

Tre Mostre

Villa Gualino, Torino

La collettiva 'I sei di Torino' vede esposte le opere di 6 artisti cresciuti sull'humus culturale della Torino degli anni '20. 'L'illusione del sogno' presenta autori contemporanei; Maurizio Rinaudo propone i suoi ultimi lavori.


comunicato stampa

I Sei di Torino ritornano a Villa Gualino. Mostra pittorica di grande interesse artistico e storico a Torino: saranno esposte opere del gruppo di sei artisti cresciuti sull’humus culturale della Torino degli anni Venti. Nel 1928 questi artisti formarono una compagine che si autodefinì, per idea di Edoardo Persico, loro teorico, “Il Gruppo dei Sei” e furono in seguito sempre denominati “Sei di Torino”.

“I Sei di Torino” sono Enrico Paulucci, Francesco Menzio, Carlo Levi, Gigi Chessa, Jessie Boswell e Nicola Galante. Questi artisti, nel periodo a cavallo del 1930, hanno dato vita ad un movimento pittorico-culturale di carattere internazionale, europeista, anticonformista e di tali autori la mostra presenta una serie seleziona- ta di circa 20 opere, tra oli, gouaches, acquerelli, pastelli, disegni, grafica, con un omaggio particolare all’a- matissimo Enrico Paulucci, forse il più noto del gruppo.

La mostra si terrà a Villa Gualino dal 4 al 28 giugno 2009 ed è promossa dall’ “Associazione Culturale Galleria Folco” e dalla rivista “Italia Arte”, fondata e diretta da Guido Folco, ideatore del progetto “CULTU- RA A 5 STELLE”. Tale progetto nasce dalla collaborazione con il Consorzio Villa Gualino s.c.a r.l., la socie- tà che gestisce l’intero complesso del Centro Congressi Villa Gualino, e prevede una serie di mostre d’arte dedicate ai Maestri del Novecento italiano ed internazionale e ad autori contemporanei già affermati o emer- genti.

L’allestimento della mostra proprio a Villa Gualino riveste aspetti emblematici e carichi di significati ed emo- zioni, se ripercorriamo la storia dei “Sei” e della Torino del primo dopoguerra, e non a caso la mostra è deno- minata “I SEI DI TORINO RITORNANO A VILLA GUALINO. L’ARTE NUOVA DEL ‘900”: c’è un filo non solo ideale che unisce “ I Sei” a Riccardo Gualino, l’industriale, finanziere e mecenate biellese che nel ’29 aveva voluto far costruire questa Villa sulla collina torinese per farne, oltre che la sua abitazione, un luogo dedicato alla cultura, con tanto di biblioteca, teatro e pinacoteca d’arte contemporanea.

Il filo e la trama: questi artisti possono essere inseriti in quel contesto politico-culturale che ha visto Torino vivere una straordinaria stagione di fervore intellettuale a tutto campo. Basti pensare alle riviste culturali fon- date in quel periodo, alla casa editrice Einaudi, al liceo D’Azeglio ed ai suoi ‘allievi’ Pavese, Ginzburg, Mila, Foa, Bobbio, ma anche a Ernesto Rossi, a Gobetti, a Rosselli, a Gramsci, e nell’arte a Felice Casorati. Tutti questi intellettuali costituivano un gruppo caratterizzato da reciproche ed assidue frequentazioni, da amicizie personali e soprattutto dall’antifascismo.

Carlo Levi, uno dei Sei, affermatosi poi come scrittore con “Cristo si è fermato ad Eboli”, collaborò con Gobetti alla rivista “La rivoluzione liberale” e con Nello Rosselli diresse “Lotta Politica”, un giornale clan- destino; nella pittura, invece, suo primo ispiratore, oltre che grande amico, fu Felice Casorati, che può esse- re considerato come il centro di gravità attorno a cui ruotavano i fermenti artistici dell’epoca. Altro amico di Casorati fu Edoardo Persico, considerato il teorico del gruppo dei Sei, anch’egli influenzato dal pensiero di Gobetti e di Gramsci; Persico, avvocato napoletano trasferitosi a Torino, amante della cultura umanista e del- l’arte, vi aveva qui conosciuto Lionello Venturi, straordinaria personalità e grande storico dell’arte nonché pit- tore allievo di Casorati, e proprio da questo incontro nacque la sua passione per la pittura ed il suo impegno che lo porterà alla “fondazione” del Gruppo dei Sei. Una curiosità che pochi conoscono: fu l’artista Giulio da Milano il primo ad ideare il Gruppo, per poi allontanersene, stizzito, dall’entrata di una donna-pittrice: Jessie Boswell..., ai tempi anche governante dei figli di Riccardo Gualino.

Al nome di Casorati si lega anche l’eccentrica personalità di Riccardo Gualino, per il quale Casorati, oltre ad esserne amico personale, fu il fulcro della sua passione artistica e del suo mecenatismo, tant’è che la futura pinacoteca avrebbe dovuto ospitare permanentemente le sue opere ed avrebbe probabilmente ospitato anche quelle dei “Sei”.

I Sei, come gruppo, a partire dal 1931 iniziano un processo di lenta dispersione. Nel 1931 Riccardo Gualino, antifascista, venne inviato al confino e svanisce così, con il suo conseguente declino economico, anche il sogno della sua Villa-Museo con le opere di Casorati e forse dei “Sei”. Ecco perché ora “ritornano”, come se l’idea di quel progetto si fosse idealmente compiuta grazie all’iniziativa di “Italia Arte” e all’entusiasmo dei vertici di Villa Gualino, con il Presidente, Dottor Luciano Pianelli, l’Amministratore Delegato, Dottoressa Silvana Sanlorenzo e il Direttore, Dottor Claudio Gilli.

Artisticamente, i Sei guardano alla Parigi d’inizio secolo, a Montmartre, alle innovative correnti che allora si stavano affermando. Traggono ispirazione da Manet, Matisse, Braque, Dufy, Modigliani, dai “Fauves” fran- cesi, ma anche dagli espressionisti tedeschi. Il loro intento non è tanto quello di ripercorrerne le orme artisti- che o di imitarli, quanto quello di raccoglierne la valenza antiaccademica, il linguaggio libero, non retorico, le potenzialità innovative, rivoluzionarie e armonizzarle in una continuità con la pittura italiana. Caratteristica della loro pittura è lo schema compositivo essenziale, le tonalità fatte di delicati rapporti cro- matici, uniti a vivaci ritmi segnici. Una pittura che è stata definita “antimonumentale” o anche “antieroica”, che si rivela intimista per l’attenzione che dà al mondo della sfera affettiva, alla quotidianità, assumendo anche con questo connotazione politica.

Una mostra importante dunque non solo dal punto di vista artistico e storico, ma anche da quello politico e culturale, in quanto la Storia periodicamente ci ripropone la necessità di ritrovare coscienze lucide, attive e responsabili per arginare le derive deteriori del cammino evolutivo umano, che spesso avanzano subdole ed inavvertite. L’etologo Konrad Lorenz identificava un possibile declino dell’uomo con la perdita delle sue peculiarità più spiccatamente e profondamente umane: la necessità di armonia con la natura, l’innato bisogno di valori come la socialità, la libertà, la bellezza, il gioco, l’arte. L’Arte appunto, intesa come libera espres- sione dell’animo umano, svincolata da schemi, utilitarismi, pregiudizi, ipocrisie, conformismi, può essere la coscienza critica, l’anticorpo di una società costretta spesso in forme pericolosamente inumane.

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L’ILLUSIONE DEL SOGNO
proposte di arte contemporanea

Liliana Barberis, Fabio Bertoni, Adolfo Damasio, Lia Laterza, Maria Ausiliatrice Laterza, Giorgia Gottero, Gabriele Maquignaz, Laura Mosca, Alessandro Siviero, Renato Salzotto

Parallelamente alla mostra dei “Sei di Torino”, “Italia Arte” presenta una selezione di opere di autori contem- poranei di valore: Liliana Barberis è nota per i suoi dipinti che uniscono pigmento, getualità, materia in accumulazioni originali e intense, ricche di simbolismo e raffigurazioni della fantasia, tra accesi cromatismi e geometriche suddivisioni dello spazio compositivo. Riflessi specchiati dell’anima, dell’Io? Fabio Bertoni individua nella natura il suo maggior interesse artistico, interpretata con uno sguardo incantato, modulato nella luce e nei toni, in rappresentazioni che uniscono reale e immaginazione, in una utopica ricerca del bello e dell’armonia dell’universo.

Adolfo Damasio ricrea nella materia naturale l’essenza della natura stessa, con un linguaggio metaforico che spinge alla riflessione. Nelle sue opere è sempre racchiuso un messaggio di libertà, di rasserenamento interiore, di ricerca di se stesso. L’orizzonte delle sue composizioni rasenta il meta- fisico, dove silenzio, sospensione, illusione si affacciano agli occhi del cuore. Lia Laterza è tradizione, clas- sicità, gusto per la pittura di un tempo che trova nel reale lo spirito per incantare, stupire, emozionare. Paesaggi, figure, angoli di paesi ritrovano tutta la loro profonda cultura nel segno moderno dell’artista. Maria Ausiliatrice Laterza è testimone del suo tempo: che cosa sono queste figure racchiuse in cornici scomposte, sovrapposizioni di piani e prospettive se non l’immagine disorientata del mondo di oggi?

La denuncia della donna come soggetto sfruttato, mai abbastanza riconosciuto nella nostra società è un filo conduttore che lega, con malinconica visione, le sue installazioni illuminate dalla metafora dell’esistenza. Giorgia Gottero: que- sta sì che è una ‘cattiva ragazza’ da tenere d’occhio! Anticonformista e di tendenza, vede nell’arte l’elemento dinamico e intimo per esporsi al giudizio del mondo. Forse per questo le sue figure sono quasi ‘cancellate’, prive di identità precisa, se non per alcuni elementi (una mano, un piede...) che denotano studio e introspe- zione, proiezione dell’Io sulla tela e osservazione della realtà. Una realtà trasfigurata nell’anonimìa dell’og- gi, in aperto contrasto con il contemporaneo gusto dell’esposizione personale, del protagonismo a tutti i costi. Le opere di Giorgia Gottero raccontano un’esistenza, una persona, un simbolo universale di malessere strisciante a cui l’autrice dà voce, per poi rinchiudersi, enigmatica, dietro un paio di occhiali scuri, al di là di un velo che si squarcia ridendo, affrontando la vita giorno per giorno, con coraggio.

Gabriele Maquignaz deve raccontare una vita, una storia, la sua vicenda umana e per questo l’arte che esce plasmata dalle sue mani è così vibrante, forte, decisa, inquietante, brutale, maledetta, onirica, sapida come la sua terra, impervia come un ‘ottomila’. Uomo di montagna, ritrova nei suoi valori la concretezza ancestrale della vita, della sopravvivenza, di cui l’arte è elemento primario, indispensabile. Non si creano queste figu- re, non si può partorire un Cristo inchiodato senza un processo profondo di immedesimazione emotiva, cul- turale, storica. Ottimo, Maquignaz, la strada giusta è tracciata, la direzione intrapresa, l’emozione è data... quindi è già tutto.

Laura Mosca intesse strutture come fossero illusori percorsi nel sogno, nel senso che ciò che rappresenta non è definibile, non si può identificare con elementi della realtà, se non per assimilazioni simboliche. Forte, questa sua presa di posizione verso la creatività, che sconvolge i canoni assoluti e classici del bello, ripercorrendo in maniera personale le istanze della contemporaneità, delle sperimentazioni nove- centiste alla Arman, accumulando materia, pigmento, arnesi, con una forza energetica equilibrata e libera, che spira come un vento, che si infrange come l’onda burrascosa dell’oceano. Alessandro Siviero possiede il suo alfabeto comunicativo, personale, unico, intrigante.

L’abusato termine di metafisica, per la sua opera, rimane valido, ma è necessario spingersi al di là dello straniamento distaccato e algido del tema, per comprendere il perchè l’artista dialoghi con tali ‘parole’. La sua ripresa di una cultura così profonda e radicata nel Novecento, ne testimonia l’universalità temporale e trasversale, che rende questo movimento attuale ancora oggi, proprio perchè intrinseco all’animo umano, solo, celato, immobile, disincantato, disperso. Renato Salzotto è un nar- ratore raffinato che coglie nella realtà ciò che per tutti è mistero. La fotografia, intesa come rappresentazione fedele del vero, può a volte raccontare una storia nascosta: basta osservare con uno sguardo nuovo, è suffi- ciente cogliere la rivelazione del mondo... non tutti ne sono capaci, solo l’artista ci riesce. Per questo Salzotto interpreta perfettamente, oggi più che mai, il bisogno dell’uomo di stupirsi e i suoi scatti ne rappresentano i contrasti vitali, interiori, giocati sui chiaroscuri di un bosco, di una montagna, di una strada di città che non sono mai solamente specchio del mondo, ma indagine sullo sguardo interiore dell’uomo, sulla semantica del quotidiano, sul significato della realtà vista e osservata dietro l’obiettivo.

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MAURIZIO RINAUDO
lo spirito della natura

Può, l’uomo, l’artista, incantarsi ancora al cospetto della natura, ritrovarvi di nuovo e sempre l’energia della vibrazione cromatica, del palpitare della vita, di quel senso moderno di realtà e speranza incarnato dall’arte immortale dei maestri tra Otto e Novecento? La risposta è ovviamente positiva, anche perchè la fascinazio- ne della natura è tema universale, diversamente interpretato e sentito nel corso delle epoche storiche, ma ugualmente presente e colmo di stupore. Maurizio Rinaudo è cantore del ‘bello di natura’ che ha dato origi- ne a tutta la poetica ottocentesca, dall’intensità romantica e sublime, in aperto contrasto con la ricerca del ‘bello ideale’, afflato neoclassico settecentesco di geniale armonia, ma, a volte, intriso anche di statico acca- demismo.

L’impulso della natura, la vitalità che si riflette nel cromatismo acceso e nella pennellata vigorosa, nel tonalismo fortemente contrastato, con quei chiaroscuri giocati sul colore: questi i temi della pittura di un secolo di rivoluzioni, non solo industriali, ma anche sociali, estetiche, politiche. La pittura si riappropria del suo elemento, dell’universo, del Creato e Rinaudo ne coglie l’essenza anche oggi, cioè la vita. Mazzi di fiori, boschi, montagne, campi, ritratti: l’arte è quotidiana visione, quindi ne rispecchia la multiforme varietà e nel- l’opera di Rinaudo diventa essenza, simbolo, genuina protagonista dell’esistere.

Al di là di alcune sperimen- tazioni, interessanti perchè di qualità e originali, Rinaudo affida alla tradizione più alta della pittura figurati- va la propria voglia di vivere e dipingere. Questo lo si nota nel suo procedere d’istinto, rapido, incisivo, sprez- zante della forma, a favore di una ricerca dinamica e gestuale, che straccia un ‘perbenismo pittorico’ per addentrarsi in foreste coloristiche e liriche, vissute su contrasti decisi. I petali dei suoi fiori, scavati nella pit- tura eppure così lievi, vitali, illuminati dal guizzo della vita, squarciano il fondo infuocandolo di rossi, verdi, gialli, blu, esaltandone l’essenza, quasi ritratti di persone, come fossero immagini della sua anima.

Inaugurazione: Giovedì 4 Giugno, dalle ore 17,30

Villa Gualino
Viale Settimio Severo 63, Torino
Orario continuato: tutti i giorni 10-19
ingresso libero

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