Migration. Alcune opere sono stampe su carta, altre light box o stampe su plexiglass dalle notevoli dimensioni; questi materiali accentuano l'effetto di trasparenza, come se l'immagine fosse vista attraverso il filtro di un vetro.
Ciò che contraddistingue l'artista rispetto alle altre persone è prima di tutto il
diverso sguardo volto alla realtà circostante, quella particolare curiosità e
attenzione dedicata al mondo quotidiano; e la capacità di coglierne taluni aspetti
che tradotti in immagini riversano sul pubblico la loro poesia e bellezza, oppure
rivelano nuove sfaccettature di significato.
Se muta col tempo la concezione di cosa rappresentare non cambia, però, l'animo
dell'artista. Questa mostra ci ricorda che l'evoluzione della tecnica e della
società ci hanno portato dall'epoca del Grand Tour al fenomeno del tutto
contemporaneo della mobilità e delle migrazioni di massa: come ben sintetizza Matteo
Cavalleroni nel titolo, "Migration". Gli aeroporti diventano luoghi sempre più
frenetici e ricchi della più varia umanità: vi transitano passeggeri che si spostano
da un paese all'altro per le più svariate ragioni: lavorare, viaggiare, trasferirsi.
Si trasformano, quindi, in luoghi di routine, fucina in cui nascono e si sviluppano
nuovi riti. E' per questo che Matteo Cavalleroni vi giunge per catturarne immagini e
registrare fatti, invade quegli spazi dove tutti sono di fretta con la sua voglia di
soffermarsi sulle persone, su piccoli dettagli delle loro forme, delle loro storie.
Cambia il modo di viaggiare e analogamente cambia il modo di rappresentare: dai
ritratti fedeli di nobili viaggiatori, di paesaggi e rovine arriviamo alle ombre
deformate ma affascinanti di Matteo, che nel loro perdere in individualità sono in
grado tuttavia di mantenere un carattere distintivo, un barlume di identità.
L'artista stesso ammette la sua attrazione, quasi ossessione, per le ombre delle
persone e per tutto ciò che è superficie riflettente, come una pozzanghera o uno
spiraglio di luce filtrata. Così tramite il mezzo fotografico, giocando con apertura
dell'obiettivo e fuori fuoco, produce i suoi scatti di macchie scure su sfondi
chiari, luminosissimi, con un effetto totalmente decontestualizzato.
Di questo nostro umano moto perpetuo restano solo tracce discontinue (i personaggi
sono appunto "Atomi") ma attentamente e pazientemente registrate, poi selezionate e
talvolta affiancate in dittici o trittici (Running into you) in cui caso e gusto per
il dettaglio si compongono in un sapiente impatto visivo. In questo modo i nostri
destini isolati recuperano una qualche forma di dialogo, sono in parte ricuciti
insieme.
Alcune opere sono stampe su carta, altre light box o stampe su plexiglass dalle
notevoli dimensioni; questi ultimi due materiali accentuano molto l'effetto di
trasparenza, come se l'immagine fosse vista attraverso il filtro di un vetro. In
certi casi si tratta proprio di una presenza reale come in "Trolley 2", dove si
scorge la traccia di un dito passato sul vetro impolverato.
(Elisa Scuto)
Inaugurazione: Sabato 6 giugno ore 18
OpenLab in Compagnia Unica
Via San Vincenzo, 102/104r - Genova
Mercoledì / Sabato ore 15.30 - 19.30
Ingresso libero