Galleria Flora Bigai
Venezia
Frezzeria
041 2960098 FAX 041 2960098
WEB
Giuseppe Maraniello
dal 10/5/2002 al 20/9/2002
041 5212208 FAX 041 2960098

Segnalato da

Rosi Fontana




 
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10/5/2002

Giuseppe Maraniello

Galleria Flora Bigai, Venezia

La Galleria apre con una mostra di opere inedite, appositamente create, considerando l'opera di Maraniello compagine fra passato e presente. L'artista, ha utilizzato i tre piani della galleria, che si aprono a materiali e chroma diversi, per ordinare un percorso attorno alla sua opera


comunicato stampa

Si inaugura l’11 di maggio a Venezia il nuovo spazio espostivo di Flora Bigai. Situata a pochi passi da Piazza San Marco, nella Frezzeria, area storica della città lagunare, la nuova Galleria, si sviluppa su tre piani per una superficie complessiva di 200 mq. Un’attenta ed efficace ristrutturazione unisce la storia di queste "calli" allo spazio dedicato all ’arte contemporanea, dove, l’incontro fra passato e presente risulta particolarmente armonioso.

La Galleria apre con una mostra di opere inedite, appositamente create, di Giuseppe Maraniello, e, considerando l’opera di Maraniello: compagine fra passato e presente, non poteva esservi connubio migliore. L’artista, ha utilizzato i tre piani della galleria, che si aprono a materiali e chròma diversi, per ordinare un percorso attorno alla sua opera che egli stesso compie.

Le tre sezioni della mostra Rebis, ripropongono, infatti, quasi come fosse un riassunto, l’intero cammino artistico di Giuseppe Maraniello, che si potrà percorrere partendo dalle sculture in bronzo dai riflessi bruni o ramati della prima sezione, per proseguire con le opere in oro e argento dallo splendore eccessivo e ridondante della seconda sezione e giungere infine nel bianco abbagliante e nei marmi candidi delle opere dell'ultima parte.
E, mentre le opere in bronzo, consentono un colpo d'occhio suggestivo e possono essere immediatamente catturati e compenetrati dallo sguardo, svelando immediatamente la loro essenza estetica e plastica, le opere realizzate in oro e argento celano i propri contorni e ingannano la vista che vi rimbalza, accecata quasi, da riflessi e baluginii.
Non mancano i personaggi, che come nei lavori degli anni Ottanta e Novanta si sono moltiplicati e variegati, ispirati da progenitori illustri quali quelli dipinti nella Tomba del tuffatore di Paestum o scolpiti nella plastica etrusca, ma si confondono con gli sfondi, si perdono nel tono su tono che contraddistingue le composizioni. L'insieme scivola via, e ricostruirlo a partire dai particolari non è impresa facile. L'artista, per ripercorrere altre tappe del suo cammino, quelle legate agli utlimi due decenni dei secolo, deve riconsiderare il lungo lavoro effettuato sui colori, sui rapporti tra complementari, sui modi e sulle regole della percezione, e lo fa riassumendo l'intero spettro cromatico nelle due gradazioni della preziosità. I suoi pezzi hanno completato l'allontanamento dai condizionamenti della formazione, si sono via via arricchiti di elementi, hanno considerato e messo in pratica l'uso della bicromia stridente, della contrapposizione, dell'antropomorfismo, dell'espressività infantile, in alcuni casi dell'ironia. Non è venuta mai a mancare la coerenza e il rigore consequenziale di un lavoro col successivo, ma le serie si sono sviluppate in più direzioni. L'oro e l'argento, colori non colori, metalli simbolici per antonomasia, non solo ricordano la libertà estrema e la gioia di creare dell'artista, ma per il loro saper confondere i contorni possono perfettamente rappresentare l'esagerazione degli anni Ottanta, quando tutto è concesso, la società riflette un millantato boom economico e il mondo dell'arte si avvia ad esplorare territori prima vietati, o impensati, o inconsueti. Non ci sono parole per descrivere quel periodo, non c'è mai spazio sufficiente per riassumerlo, e l'artista finisce per raccontarlo nei bagliori gialli e grigi dell'oro e dell'argento, nella difficoltà, ancora oggi esistente, di individuare e codificarne gli elementi cardine.

Poiché l'arte a un'esplosione fa spesso seguire l'implosione, e all'esasperazione il ritorno nei codici e il bisogno di riflessione, la fine degli anni Novanta ha rallentato notevolmente le spinte eccessive e libertarie del periodo precedente. Lo sguardo creativo si è ritirato in se stesso, ha smesso di cercare di stupire, ha cercato senso nella quotidianità e nei valori immediati. Ha rinunciato agli splendori neobarocchi. Maraniello riassume il bisogno d'intimità, che nel suo lavoro segue lo sguardo gettato sull'assoluto del mondo, per esempio sulle caratteristiche espressive del colore e delle forme spontanee, con l'uso del bianco, con lo spegnimento d'ogni ansia, con il rallentamento del racconto e del ritmo. Nella sala conclusiva di Rebis, il secondo piano, la materia cessa di essere evidente, il colore non ne tradisce la consistenza e la pesantezza, mancano stridenti contrasti tra le parti delle costruzioni. Tutto è diventato morbido, tenue, delicato, come in un momento di raccoglimento. Che fa pensare stia per succedere, tra non molto, ancora qualcosa di nuovo e stupefacente.

La mostra, sarà inaugurata l’11 maggio p.v. e chiuderà il 20 Settembre p.v.
L’11 di maggio alle ore 11,30 alla presenza dell’artista è prevista l’anteprima per la stampa
Inaugurazione: 11 maggio ore 18,30
Orari: tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 20.00, ingresso gratuito
Il catalogo sarà edito da Grafiche Antiga
Per informazioni 041 5212208 - 041 2413799 fax 041 2960098

Ufficio Stampa: Rosi Fontana, T. 050-9711343 - Fax 050-9711317

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