Rifugi. La mostra presenta una serie di dipinti dell'artista. "Nella serie delle Finestre, ciascuna con la sua personalita', il suo carattere ben delineato, non si vede mai quello che si nasconde dietro ai vetri, quel che accade all'interno..."
a cura di Licia Spagnesi
"Non ricerco oggetti particolarmente belli, ma con personalità". Una
casa dal tetto giallo che brilla nella perfetta solitudine di un
paesaggio nordico e che non stonerebbe in un dipinto di Edward Hopper o
in una fiaba; la grazia sensuale di un'orchidea, cuore fremente di
parole non dette; l'arcadia quotidiana di un bosco della campagna
francese; l'invito di una finestra socchiusa, lambita dall'ombra di una
pianta: Marcello Carlotto predilige il confronto con un singolo
soggetto, col quale intreccia un dialogo intimo e sussurrato in quadri
che sono opere da meditazione. Con calore e nitidezza di sguardo, con
tocco lieve e profondità di sentimento, compone opera dopo opera un
diario geloso, un giornale di bordo in cui registra impressioni, ricordi
ed emozioni dei suoi viaggi, dall'Italia alla Francia all'Islanda. Nella
convinzione che fissare una scena tagliando via tutto il resto,
l'inutile chiacchiera della vita, il brusio delle cose apparenti,
conduca a una qualche forma di purezza mentale, l'artista si sofferma su
dettagli che a prima vista possono sembrare banali o insignificanti -
come la tazzina posata sul davanzale di una finestra o la coperta
lasciata sullo schienale di una poltrona in un interno borghese - per
svelarne la perfezione e sottrarli allo scorrere del tempo.
Nella serie delle Finestre, ciascuna con la sua personalità, il suo
carattere ben delineato, non si vede mai quello che si nasconde dietro
ai vetri, quel che accade all'interno. Lo si può soltanto immaginare,
proprio come osservando un volto possiamo indovinare umori e pensieri.
Si tratta infatti di veri e propri ritratti, nei quali il rigoroso
equilibrio compositivo mette in luce piccoli indizi quali una fessura,
il pizzo di una tenda, le geometrie di un'ombra.
Collocati orgogliosamente al centro della tela, i Fiori sono immagine
di bellezza e sensualità, ma anche di fragilità. Nonostante siano, per
tradizione, un simbolo di vita e di morte, dell'estrema caducità del
tutto, Carlotto ne propone una visione serena. Profumano di pulizia di
sentimenti, di penata conquista di una tranquillità interiore.
E poi ci sono i nuovissimi Paesaggi. Con l'inseparabile macchina
fotografica, lasciandosi guidare dall'istinto infallibile del cacciatore
di immagini che è attratto proprio da quell'odore, da quel colore, da
quell'ora, da quella luce, Marcello Carlotto sceglie luoghi silenziosi e
appartati, guardati e riguardati a lungo. A casa, dopo aver lasciato
decantare ricordi e impressioni, con una pittura che conosce la pazienza
e l'ossessione, la furia e la meraviglia dell'attesa, ricostruisce
insospettate oasi di pace. Arriva a utilizzare trenta tonalità diverse
di verde per trasferire sulla tela tutta la radiosa pienezza di una
giornata trascorsa nei boschi, il cui fogliame cattura la luce in ogni
direzione; o il verde fondo che avvolge col suo fresco abbraccio una
strada, metafora del viaggio, dello scorrere del tempo, della ricerca
della verità o della felicità. Racconta di foreste impenetrabili in cui
smarrirsi o di angoli di paradiso in cui ritrovarsi in armonia con se
stessi; di foglie da cui germoglia la vita in primavera e foglie ancora
stillanti umori, cadute al suolo come lacrime. Talvolta, nelle sue
storie di boschi, il risultato finale si discosta alquanto dalle foto di
partenza: "Mi lascio guidare dal pennello che è come se acquistasse
autonomia", dice Carlotto. "Finché non ho dipinto l'ultima fronda,
l'ultima fogliolina, non so quale sarà l'aspetto definitivo del mio
quadro".
Nei paesaggi islandesi a dominare è lo stupore di una sensibilità
mediterranea di fronte alle forze misteriose di una Natura
incontaminata, lontana e primordiale. Osservati con l'acuto gusto per il
particolare e per le luci che caratterizza l'artista, i soggetti scelti
si prestano a dirette correlazioni psicologiche, e il paesaggio diventa
luogo dell'immersione nella natura e di esperienze spirituali. Anche la
palette di Carlotto sembra essere stata contagiata dalla purezza dei
colori nordici, ma, nonostante sia più brillante, non è però mai
violenta o eccessiva: "A volte penso che mi piacerebbe impazzire di
colore, ma alla fine rimango fedele a me stesso, coerente con la mia
personalità". La figura umana è sempre assente. L'artista lascia che a
parlare sia la sagoma rossa di un'accogliente casetta di legno nel cuore
gelido di un fiordo o il suo riflesso colorato nell'acqua, in cui si
stempera il peso fisico delle cose. Altrove, nell'aria tersa e
cristallina vibra intensa una solitudine, una malinconia, un ricordo
puro come l'azzurro del cielo. Oppure la scena si carica di un'atmosfera
densa di silenzio e di mistero, pare quasi tratta dal fotogramma di un
film di Alfred Hitchcock o di Ingmar Bergman. La narrazione è sempre
concentrata in pochi elementi rivelatori, come la montagna incantata,
aspra e inaccessibile che incombe su una linda casetta di pescatori. Ma
il racconto è lasciato in sospeso, a stuzzicare lo spettatore che rimane
col desiderio di sapere come evolverà la trama.
Ogni paesaggio contemplato e dipinto assorbe, annullandoli, tutti i
significati che cerchiamo invano di dargli. E chi si accosta alla
pittura di Marcello Carlotto comprende facilmente come nessun titolo, né
racconto, né semplice aneddoto la rivesta, la spieghi, la risolva.
Proprio in quel ritrarsi in una mutezza fortemente evocativa risiede
intatto il segreto del suo mondo, il mistero profondo e insondabile
della vita che non si coglie, che amiamo con tutte le nostre forze, che
vorremmo fermare ma vediamo passare inesorabilmente.
Immagine: Rifugi - Prospettiva di fuga. 2007. Olio su tela cm 45x35
Inaugurazione 12 settembre 2009 ore 18.30
duetart gallery
vicolo santa chiara 4 - Varese
La galleria è aperta dal martedì al sabato dalle 15.30 alle 19.30 e su appuntamento
Ingresso libero