Personale in occasione dell'installazione di un'opera dell'artista nella Chiesa di Santa Caterina. Bolognini dalla fine degli anni '80 affronta la sperimentazione delle tecnologie digitali in modo originale. Stanza 11 e' una collezione di oggetti provenienti dalla casa dell'artista, modificati (incisi, graffiati, solcati, bruciacchiati). Oltre a questi saranno in mostra alcuni disegni degli anni '90.
a cura di Fabio Migliorati
In occasione di Serenità del fuori, installazione di Maurizio Bolognini nella Chiesa di Santa Caterina, ad Arezzo, NAG Contemporary presenta una mostra personale dell’artista che, dalla fine degli anni Ottanta, affronta la sperimentazione delle tecnologie digitali in modo originale, con installazioni come le Macchine programmate, centinaia di computer generanti flussi di immagini casuali e poi lasciati funzionare all’infinito, o come i dispositivi di “intelligenza collettiva” (CIMs), installazioni interattive e multiple, costituite da postazioni diverse in cui alcuni computer sono collegati alla rete telefonica cellulare, per consentire al pubblico di interferire con il loro funzionamento.
Stanza 11 è una collezione di oggetti provenienti dalla casa dell’artista, modificati (incisi, graffiati, solcati, bruciacchiati) dalla Macchina n. 11, programmata sedici anni fa. Un luogo tecnicamente magico fatto di cartoni, libri, riviste, mobili, contenitori, foto scattate dall’artista: tutti elementi segnati dalle traiettorie involontarie della macchina. Oltre a questi oggetti saranno in mostra alcuni disegni degli anni Novanta, realizzati su giornali, riviste, mappe. Si tratta di lavori che anticipano Stanza 11, muovendo dallo stesso interesse per la sovrapposizione e l’interferenza tra gli oggetti dello spazio fisico e l’immaterialità dello spazio elettronico.
presentazione critica di Fabio Migliorati
Su un numero monografico della rivista Fata Morgana (3/2008), dedicato alla trasparenza, Vincenzo Cuomo metteva a confronto tre diversi lavori: Altamira, di Shawn Brixey, sull’esperienza bio-psichica dei fosfeni (lampi di luce percepiti dagli astronauti pur in assenza di qualsiasi fonte luminosa); il cortometraggio Ma: space-time in the garden of Ryoan-ji, di Takahiko Rimura, girato nel 1989 in uno dei giardini zen di Kyoto; i Computer sigillati di Maurizio Bolognini, macchine programmate (dal 1992) per produrre flussi inesauribili di immagini casuali e poi lasciate funzionare all’infinito, senza possibilità di connessione a un monitor.
Le Macchine programmate di Bolognini, di solito distribuite casualmente sul pavimento, nascondono, dietro l’immobilità degli oggetti esposti, correnti disordinate di immagini in continua trasformazione, processi inarrestabili e inesauribili. La conclusione che veniva tratta è che questo ne fa dei “dispositivi per la meditazione”, nei quali “il fuori tecno-naturale e l’insufficienza dei sensi a ridurlo in immagine” diventano condizioni di un’esperienza estetico-noetica paradossale, definita come serenità del fuori. L’installazione nella chiesa barocca di Santa Caterina è progettata come un giardino zen, tuttavia disfatto e scomposto, costituito di macchine che producono immagini a ciclo continuo, indefinitamente e ciecamente. Il flusso tecnologico – la generazione di immagini fluide, instabili, inesauribili – viene qui esibito in uno dei luoghi della meditazione barocca sull’instabilità e sulla fuga del tempo.
Maurizio Bolognini si dedica alla sperimentazione artistica delle tecnologie digitali dagli anni Ottanta, indagando e facendo coesistere dimensioni diverse, come la delega alla macchina di alcune funzioni creative, la generazione di infinità fuori controllo (immagini sconfinate, voci inesauribili), l’introduzione di forme avanzate di interazione del pubblico, il networking e l’e-democracy, i flussi spazio-temporali della comunicazione tecnologica e le interferenze tra spazio geografico e spazio elettronico...
Nel 1988 inizia a usare elaboratori elettronici per generare flussi di immagini casuali. Negli anni Novanta programma centinaia di macchine che generano immagini in continua espansione (serie IMs, Computer sigillati, Atlas 2, ecc.), lasciandole funzionare indefinitamente. Dal 2000 il suo lavoro si concentra sulla combinazione di dispositivi di programmazione e di comunicazione, sperimentando la possibilità di un’arte generativa, interattiva e pubblica, come nelle Collective Intelligence Machines, installazioni in spazi pubblici realizzate collegando alla rete telefonica cellulare, alcune delle sue “macchine programmate”.
Le sue installazioni sono state presentate durante numerose occasioni, in Europa e negli Stati Uniti. Tra le ultime mostre personali: Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova; Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Roma; PAN-Palazzo delle Arti, Napoli; CACTicino, Bellinzona; Neon, Bologna; Depardieu, Nizza; Williamsburg Art & Historical Center, New York; Roger Smith Lab, New York.
Libri e cataloghi recenti sul suo lavoro: D. Scudero (a cura di), Maurizio Bolognini: installazioni, disegni, azioni (on-off line), Lithos, Roma 2003; S. Solimano (a cura di), Maurizio Bolognini: Macchine Programmate 1990-2005, Museo di Villa Croce, Genova 2005; M. Costa et al., Maurizio Bolognini. Infinito personale, Nuovi Strumenti, 2007.
Immagine: Senza titolo, incisioni laser, 2009, cm. 22
Inaugurazione sabato 26 settembre, ore 18.30
NAG 1 Contemporary
via Bicchieraia, 20 Arezzo
ingresso libero