La mostra ha come centro una riflessione sulla lettura architettonica dello spazio di due citta' italiane, Brescia e Venezia, accomunate da un legame sottile di appartenenza a un medesimo territorio, pur con specificita' diverse. La riflessione di Friedman parte dal suo concetto centrale di Ville Spatiale elaborato negli anni '50 e, attraverso diverse varianti, giunge a un modello di Ville Spatiale non-geometrico, riproposto in galleria. A cura di Maurizio Bortolotti.
a cura di Maurizio Bortolotti
La mostra alla Galleria Massimo Minini, la prima in una galleria italiana del grande architetto Yona Friedman, ha come centro una riflessione sulla lettura architettonica dello spazio di due città italiane, Brescia e Venezia, accomunate da un legame sottile di appartenenza a un medesimo territorio, pur con specificità diverse. La riflessione di Yona Friedman parte dal suo concetto centrale di Ville Spatiale elaborato negli anni Cinquanta e, attraverso diverse varianti, giunge a un modello di Ville Spatiale non-geometrico, riproposto anche in galleria.
La sua concezione dell’architettura nasce dal fatto che essa deve poter essere realizzata dagli stessi abitanti e l’architetto può fornire loro solo alcune indicazioni per la loro realizzazione. In questo modo l’architettura, secondo Friedman, produce comunicazione ancora prima di produrre architettura come realizzazione di codici architettonici e, infine, di edifici. In questo senso, la sua concezione dell’architettura è tangenziale a quella dell’arte. Nel suo lavoro arte e architettura diventano un unico mezzo per costruire una dimensione della comunicazione tra le persone che va oltre ogni distinzione tra le due arti, creando un nuovo territorio al di là di ogni possibile specializzazione.
Cartoline postali sono immagini delle città di Venezia e Brescia dove Friedman è intervenuto con le sue architetture, declinate secondo l’idea centrale della Ville Spatiale. Esse offrono insieme una concezione dell’architettura e una visione in cui la vita quotidiana delle persone è inseparabile dalla rappresentazione estetica.
Il carattere sperimentale del lavoro di Friedman consiste proprio nel fatto di comprendere molti ambiti insieme: teoria (dalla biologia alla cibernetica, all’antropologia, alla psicologia e alle scienza umane in generale), arte, architettura, filmati d’animazione. Questo ampliamento di orizzonti nasce dalla necessità di costruire una prospettiva più moderna, una visione della modernità. “Dopo la Seconda Guerra Mondiale - dice Friedman - non avevamo altra possibilità se non quella di costruire qualcosa di nuovo”. Tuttavia, la sua idea di Modernità non è qualcosa di astratto, che impone agli abitanti della città moderna, ma un’idea che riutilizza l’esistente e tiene conto dei desideri dei suoi abitanti. Invece di creare edifici-icona come molti architetti contemporanei, la visione architettonica di Friedman si cala all’interno della vita quotidiana degli abitanti, tiene conto delle loro esigenze, offrendo gli strumenti per costruire delle micro-visioni individuali. In questo la sua concezione è molto più vicina ai meccanismi che presiedono la vita delle città asiatiche contemporanee, determinando anche la grande attualità del suo lavoro nel panorama contemporaneo.
Nella mostra alla Galleria Massimo Minini l’artista presenta una grande installazione nello spazio principale, immagini-cartoline di Brescia e Venezia, alcuni filmati d’animazione e un plastico del Ponte della Libertà a Venezia.
Inaugurazione sabato 31 ottobre ore 18
Galleria Massimo Minini
via Apollonio, 68 - Brescia
aperto dal lunedì al venerdì dalle 10.30 alle 19.30
sabato dalle 15.30 alle 19.30
ingresso libero