In occasione del Bicentenario della Pinacoteca una mostra fotografica dedicata agli anni drammatici del I e II conflitto mondiale. Le immagini documentano gli avvenimenti e la coraggiosa, a volte disperata, opera di salvataggio. E' proiettato un video di Daniela Trastulli che illustra aspetti diversi della tutela dei monumenti e delle opere d'arte durante le due grandi guerre.
A cura di Cecilia Ghibaudi
Le vicende della Pinacoteca di Brera durante il primo e il secondo conflitto mondiale, non sono mai state analizzate.
In occasione del Bicentenario della sua fondazione la Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi Pavia, Sondrio e Varese dedica una mostra fotografica a quegli anni, i più drammatici della sua storia, che coinvolsero anche le maggiori istituzioni museali milanesi. Di quell'immenso patrimonio artistico si rese responsabile, durante entrambe le guerre, l'allora Sovrintendenza alle Gallerie, organizzando operazioni di salvaguardia, che coinvolsero non solo direttori e personale dei musei ma anche privati cittadini, spesso a disprezzo anche della propria incolumità.
Due furono i principali protagonisti della tutela dell'arte italiana in Lombardia durante i conflitti mondiali: Ettore Modiglioni, Sovrintendente alle Gallerie negli anni 1915-1918, personaggio celebre e stimatissimo, e Guglielmo Pacchioni che assunse l'incarico della Sovrintendenza nel periodo 1939-1945, figura meno brillante, quasi sconosciuta ma che, attraverso la lettura dei documenti riguardanti la sua opera, emerge per coraggio e dirittura morale: entrambi coadiuvati da fidati custodi, collaboratori, funzionari (come Fernanda Wittgens, Gian Alberto dell'Acqua, Angela Ottino della Chiesa durante il secondo conflitto bellico), ciascuno consapevole dell'importanza del compito delicatissimo e pericoloso che si trovava a svolgere.
Il 27 maggio 1915, pochi giorni dopo l'entrata in guerra dell'Italia
(24 maggio 1915) la Pinacoteca di Brera venne chiusa al pubblico.
Tuttavia i dipinti non furono spostati. Prevalse, fino al 1917, la decisione di non trasportare altrove le opere d'arte della Pinacoteca, delle chiese e delle più importanti istituzioni museali milanesi: a fine di evitare i rischi del viaggio e, in particolare, del carico e dello scarico nei luoghi di partenza e di destinazione, come precisava una circolare del Ministero inviata a tutte le Sovrintendenze.
Le opere, tolte dalle cornici, che rimasero sulle pareti, vennero imballate entro casse e sistemate in un locale al piano terreno attiguo all'Ufficio Esportazione, protetto da tre ordini di volte. I dipinti di grande formato, come la grande pala dei domenicani di Pesaro di Gian Gerolamo Savoldo o la Predica di San Marco di Giovanni e Gentile Bellini, furono trasportati nella sala XVIII, ritenuta più solida, e difesi da muri formati da sacchi di sabbia impilati.
In quegli anni la Sovrintendenza di Brera divenne il punto di riferimento per i beni del patrimonio ecclesiastico e dei maggiori musei, come il Museo Poldi Pezzoli e le Civiche Raccolte del Castello Sforzesco.
In seguito alla disfatta di Caporetto nell'ottobre del 1917, la politica di tutela del patrimonio artistico cambiò radicalmente. Le opere più notevoli, non solo di Brera, ma della Lombardia tutta, nell'inverno e nella primavera del 1918 furono trasferite a Roma. Nella capitale giunsero per ferrovia 23 casse con i dipinti di Brera, insieme a 57 casse del Castello Sforzesco, 49 del Gabinetto numismatico di Brera, 42 cassoni con quasi tutte le opere del Museo Poldi Pezzoli, 20 casse dalla Pinacoteca Ambrosiana, 55 casse dalla Biblioteca Braidense; seguirono poi altre spedizioni con 32 casse e rulli - su cui erano state arrotolate le tele di maggiori dimensioni - da Brera, oltre al tesoro del Duomo di Monza, l'altare di Vuolvino in Sant'Ambrogio e i principali dipinti delle chiese milanesi. Per intercessione di Monsignor Achille Ratti, antico prefetto dell'Ambrosiana, divenuto prefetto della Biblioteca Vaticana e futuro papa, nel marzo 1918 vennero accolti in Vaticano i capolavori dell'antica raccolta federiciana.
Le fotografie - di cui molte proposte qui per la prima volta - della fototeca antica della Soprintendenza per i Beni Artistici e di quella per i Beni Architettonici di Milano, documentano quegli avvenimenti drammatici.
Un corredo visivo che permette già ad un primo sguardo di percepire l'enorme differenza fra le due guerre: la prima, conflitto di trincea, la cui eco giungeva nelle città solo attraverso i tragici bollettini dei soldati morti in postazioni lontane, la seconda che coinvolse con le sue tragiche incursioni aeree anche le città e i civili.
Le foto riguardanti il primo conflitto mondiale, perlopiù piccole e di non grande valore estetico sono di tipo documentario, e - come spesso accade per quegli anni – in gran parte opera di dilettanti, fotografi occasionali che riprendono la scena. L'immagine che restituiscono non è mai agitata o drammatica: si vedono casse che vengono trasferite, carri carichi che tranquillamente partono dalle stazioni ferroviarie o percorrono le quiete vie di Roma. Potrebbero essere carri di un trasloco, se non fosse per la didascalia esplicativa che li colloca, nel tempo e nello spazio, entro una guerra. Esemplificativa di questa percezione della guerra è la serie di fotografie che testimoniano il trasferimento dell' imponente altare di Vuolvino dalla storica basilica di Sant' Ambrogio, vissuto quasi come una festa di paese: i bambini curiosi, le bambine nel bell'abito di percalle bianco con i pizzi, la folla un poco invadente, i facchini compiaciuti, il sacerdote attento o sbadato a seconda dei momenti. La guerra è lontana, è al fronte.
Drammatiche sono al contrario le fotografie che testimoniano i danni alle opere d'arte nel secondo conflitto mondiale: i devastanti effetti dei bombardamenti sugli edifici monumentali, l'annichilimento della pinacoteca dopo la caduta delle bombe, mostrano gli ambienti nudi, scoperchiati, esposti alle intemperie, alla neve o al sole cocente. Solo le colonne dei saloni napoleonici e gli archi gotici della chiesa di Santa Maria di Brera, da cui furono ricavati tre imponenti saloni - che ressero a dispetto degli ordigni esplosivi e degli spezzoni incendiari - si ergono alte contro un cielo a volte percorso da nuvole gonfie di vento, come nelle bellissime fotografie di Claudio Emmer. La guerra non è più lontana, è in casa, sconvolge. Sant'Ambrogio non può più mostrare i muri ridenti sotto un sole di primavera, come nelle foto del trasferimento dell'altare di Vuolvino durante il primo conflitto mondiale. E' un cumulo di macerie, come il Poldi Pezzoli o La Scala.
Appena scoppiata la guerra, il 10 giugno 1940, la Sovrintendenza mise immediatamente in atto il di trasferimento delle opere più importanti della Pinacoteca di Brera e dei maggiori istituti lombardi in edifici privi di pericoli e in località protette. A Milano vennero individuati come sicurissimi la camera blindata, la così detta "la sacrestia", della sede milanese della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e i sotterranei del Castello Sforzesco. Lontani dalla città i primi ricoveri furono la villa Fenaroli a Seniga d'Oglio e Villa Marini Clarelli a Montefreddo non lontano da Perugia.
In seguito al bombardamento della notte fra il 7 e l'8 agosto 1943, spezzoni provocati da una bomba dirompente di grosso calibro scoppiata sullo stabile di fronte al palazzo, 15 bombe incendiarie e circa duecentocinquanta spezzoni incendiari caduti su tutto l'edificio, colpirono tutte le sale della pinacoteca che s'affacciavano sulla via Brera, sulla piazzetta e sull'orto botanico. Parte dei tetti e delle volte crollarono, i muri perimetrali erano pericolanti. Non subì danni invece la statua di Napoleone Bonaparte al centro del cortile d'onore, ingabbiata e protetta da sacchi di Filbosac.
Le opere erano già state portate via da tempo ma l'antica maestosa costruzione rimase irrimediabilmente lesionata.
Lo svolgersi del conflitto e l'armistizio firmato l'8 settembre 1943 modificarono i criteri di tutela adottati fino ad allora: l'Italia centrale, attraversata dalla Linea gotica, e il territorio bresciano, proclamato sede della Repubblica di Salò, divennero improvvisamente pericolosissimi. Per salvare le opere si diede inizio ad una ridda di viaggi e spostamenti in più di 20 ricoveri, alla ricerca di località sicure, sempre più a nord-ovest della penisola, fino alle Isole Borromee, alla Valtellina e al lago di Como, senza poter prevedere che proprio in quei luoghi la guerra avrebbe avuto il suo tragico epilogo.
La coraggiosa, a volte disperata, opera di salvataggio conobbe momenti eroici: Pasquale Rotondi a Urbino riuscì a salvare il "tesoro di San Marco" e le opere di Brera (fra cui lo Sposalizio della Vergine di Raffaello e la Pala Montefeltro di Piero della Francesca), sottraendole con uno stratagemma ai tedeschi, che le avevano messe "sotto la tutela del Terzo Reich"; infine giunsero indenni a Roma per essere ricoverate al sicuro in Vaticano, aperto da Pio XII ai capolavori italiani. A Milano Guglielmo Pacchioni sfilò da sotto il naso delle truppe hitleriane parte della raccolta di Palazzo Venezia - che Mussolini, come proprietà privata, voleva portare in Germania - nascondendole presso la sede milanese della Banca d'Italia, complice il direttore.
Finita la guerra, la ricostruzione del palazzo, per la parte che riguardava la Pinacoteca, fu affidata direttamente alla Sovrintendenza alle Gallerie. I lavori ebbero inizio nell'ottobre del 1946 col principio di "mantenere l'aspetto storico delle sale della Pinacoteca pur introducendo tutti i miglioramenti suggeriti dalla moderna tecnica dei musei." Il Sovrintendente Ettore Modigliani, la cui opera fu proseguita da Fernanda Wittgens, incaricò nel 1946 l'architetto Piero Portaluppi di redigere il piano di restauro del museo, approvato nel 1949.
La pinacoteca fu riaperta nel 1950.
In occasione della mostra la regista Daniela Trastulli ha girato un video che illustra aspetti diversi della tutela dei monumenti e delle opere d'arte durante le due guerre mondiali.
Immagine: Brera inverno 1943-44
Lunedì 9 novembre 2009 ore 11.30 Pinacoteca di Brera, Sala della Passione
intervengono:
Sandrina Bandera, soprintendente per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Pavia Sondrio Varese - Direttore della Pinacoteca di Brera
Cecilia Ghibaudi, curatore della mostra
Aurelio Aghemo, direttore della Biblioteca Nazionale Braidense
segue visita alla mostra
e
proiezione del video Brera in tempo di guerra, regia di Daniela Trastulli
Pinacoteca di Brera, sala XV
via Brera, 28 Milano
Orario di apertura:
h 8.30-19.15 dal martedì alla domenica (la biglietteria chiude 45 minuti prima)
Giorni di chiusura: tutti i lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre
Biglietto d'ingresso:
€ 10,00 Intero
€ 7,50 Ridotto