3)5 Arte contemporanea
Rieti
via Cerroni, 35
339 6918072
WEB
Carlos Motta
dal 13/11/2009 al 4/1/2010
mart-ven 16-20

Segnalato da

3)5 arte contemporanea



approfondimenti

Carlos Motta



 
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13/11/2009

Carlos Motta

3)5 Arte contemporanea, Rieti

L'artista approfondisce la ''Pesca Milagrosa'', nome con cui i guerriglieri colombiani definiscono i rapimenti selettivi. A Motta interessa porsi domande su questioni come il lutto e il dolore collettivo, la responsabilita' morale e l'impossibilita' di rettificare il politico-sociale, e lo fa rappresentando la violenza attraverso immagini poetiche.


comunicato stampa

Carlos Motta (Bogotà, Colombia, 1978, vive e lavora a New York), appartiene a un gruppo di artisti che al di là della loro provenienza geografica si incontrano sulla scena internazionale. Nati tutti negli anni Settanta, hanno maturato la loro personale ricerca intorno agli anni novanta, presenti da allora ad eventi internazionali, vincendo importanti premi, residenze, mostre in gallerie private e musei e partecipano a Biennali internazionali.
Carlos, dopo il suo iniziale percorso di “evocazione viscerale dei sensi”, si dedica ad approfondire la “Pesca Milagrosa”, nome con cui i guerriglieri colombiani definiscono i rapimenti selettivi messi in atto con posti di blocco autostradali, grazie anche ad un supporto informatico che svela la capacità finanziaria della vittima.

Centinaia di foto sfocate di volti innocenti, vittime di sparizioni forzate in questo gioco di ''roulette disumane'', si presentano come l’ assurda e feroce testimonianza di tutto ciò. Che cosa significa questo raggruppamento apparentemente casuale di persone, che cosa hanno in comune?.
la Colombia è colpita da violenti conflitti che coinvolgono gruppi di ribelli armati gestiti dai i cartelli della droga. Il gruppo più conosciuto e violento, le FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), sin dalla sua nascita nella metà degli anni '60 non ha mai interrotto la sua agenda ribelle di traffico di droga e sequestro di persone, da allora centinaia di migliaia di cittadini colombiani sono ancora tenuti in ostaggio, ricordiamo da poco la liberazione di Ingrid Betancourt, dopo cinque anni di prigionia. Questa terribile situazione è stata definita dalle Nazioni Unite come una delle peggiori crisi umanitarie.
Come dice l’Artista Jota Castro, “gli artisti hanno un obbligo, devono interpretare le informazioni, e sta forse in ciò, effettivamente, l’ultimo modo di essere radicale, essere contestatore. Semplicemente perché il potere merita un’interpretazione da parte degli artisti nella misura in cui essi non sono rappresentativi”.
A Carlos Motta interessa porsi domande su questioni come il lutto e il dolore collettivo, l’intenzionalità politica, la responsabilità morale, l’impossibilità di rettificare il politico-sociale e la rappresentazione della violenza attraverso immagini poetiche che si allontanano da ogni riferimento esplicito.

Accompagna la mostra il video ''Lettera a mio padre” (in piedi accanto alla recinzione delle ex Torri Gemelle), Motta utilizza il recinto che delimita Ground Zero e in quel luogo chiede a un numero di individui di rilasciare una registrazione vocale e parlare di ''ciò che hanno visto''. La narrazione presenta la conseguente ''testimonianza'' giustapposta ad un testo articolato (in prima persona) da un narratore che pone domande circa i pericoli di storicizzare il presente, il significato di un monumento in un luogo di grandi proiezioni economiche, l'anacronismo di un turismo di spettacolo e del sentire nazionalistico rispetto ad una identità ''straniera'', domande scaturite dalla sua esperienza personale di immigrato negli Stati Uniti.

Inaugurazione 14 novembre ore 18

3)5 Arte contemporanea
via Cerroni, 35 - Rieti
Orari: dal martedì al venerdì ore 16.00 - 20.00 e su appuntamento
Ingresso libero

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