Capolavori storici. La mostra raccoglie un'accurata selezione di opere storiche dell'artista. I dipinti esposti sono stati eseguiti tra il 1948 e il 1994 e rappresentano momenti capitali dell'evoluzione poetica di Treccani. A cura di Marina Pizziolo.
a cura di Marina Pizziolo
La mostra che apre a Imbersago, nella sede della Fondazione Granata Braghieri, patrocinata dal Comune di Imbersago, dalla Provincia di Lecco, dal Parco Adda Nord, dall’Ecomuseo di Leonardo e dalla Pro Loco di Imbersago, raccoglie un’accuratissima selezione di opere storiche di Ernesto Treccani. I dipinti, tutti assoluti capolavori, sono stati eseguiti tra il 1948 e il 1994 e rappresentano momenti capitali dell’evoluzione poetica dell’artista. La maggior parte delle opere è stata esposta in mostre prestigiose, come la grande antologica di Palazzo Reale, ordinata a Milano nel 1989, o l’ultima grande rassegna realizzata nel 2004 alla Fondazione Bandera, di Busto Arsizio.
Ernesto Treccani è uno degli ultimi protagonisti viventi dell’arte del novecento. E questa mostra, curata da Marina Pizziolo - che ha diretto per oltre dieci anni il Museo Treccani, a Milano, e curato molte tra le più importanti rassegne dedicate a questo artista da musei e gallerie private, in Italia e all’estero - offre al pubblico la possibilità di rileggere l’evoluzione dell’arte figurativa italiana, in un secolo che ha saputo rivoluzionare la nozione stessa di opera d’arte.
Treccani, nato a Milano nel 1920, fu il giovanissimo direttore della rivista “Corrente”, finanziata inizialmente dai mezzi del padre: quel conte Giovanni Treccani degli Alfieri al quale si deve la fondazione dell’omonimo Istituto enciclopedico. “Ogni mattino quando dipingo, si pone per me una questione morale”, ha scritto Treccani. È proprio l’esigenza di moralità la strumentazione ideologica che distingue, fin dalle prime prove, il fare di Treccani da quello di tanti altri artisti, fagocitati da una galassia in continua espansione, dove il valore economico dell’opera arriva spesso a spegnere la stella polare della poesia.
Certo, parlare di moralità dell’arte oggi ha il sapore di un azzardo. Ma basta analizzare il tracciato poetico che le opere di Treccani compongono per rendersi conto che, nel suo caso, moralità non designa una gabbia mentale inesorabilmente chiusa. Al contrario, moralità è impegno costante ad aprire il proprio orizzonte, fino a includere gli altri. È tensione ad accordare il proprio tempo a quello della storia. Questa è la coscienza che ha sostenuto il lavoro di Treccani. Tutta la sua vicenda va letta, infatti, sotto il segno di un imperativo morale: vivere nel tempo, in dialettica con le contraddizioni, le paure e le speranze di un’epoca che ha conosciuto grandi travagli. Dalla rigida politica culturale della dittatura agli ardori dell’epica resistenziale, dalla crisi dell’utopia comunista alla nebbia morale della chiusura del secolo, dal profilarsi del dramma ecologico alla minaccia dell’ipotesi globale.
Queste tematiche si riverberano, in puntuale successione, nei moventi delle diverse stagioni artistiche di Treccani. Dalla prima stagione, dominata dalla necessità della messa a punto di un elementare alfabeto del reale, alla breve esplorazione linguistica neocubista, rappresentata in mostra dallo splendido dipinto Silos, del 1948. Dalla stagione di un appassionato impegno realista, con Il carro del 1956, a quella di uno struggente lirismo della natura, documentata splendidamente in mostra da opere come Siepe d’estate al mare, Un poco di cielo o Nel giardino.
“Per rare coincidenze di storia e di cultura la voce del singolo ha la pienezza del coro”, ha affermato Treccani. E, in effetti, la prospettiva di questa mostra consente di cogliere le tracce di una vicenda nella quale si riverberano i momenti salienti dell’arte italiana degli ultimi sessant’anni.
A vedere s’impara: si intitola così un saggio di Treccani. E il suo inesausto impegno di uomo e di artista ha sempre ubbidito alla convinzione profonda che l’uomo è sordo alla poesia non per connaturata incapacità di intendere, ma perché vittima di un’organizzazione del tempo che lo vuole sordo ai richiami dell’anima. Sta all’artista levare il suo fragile scudo tessuto di colore contro il grigio. “Non toglietemi / i colori /il verde acido / il rosa antico /il violetto / la tua bocca / la tua mano”. Sono versi di Treccani, la coraggiosa preghiera di un uomo che ha capito che il quadro più bello è sempre quello ancora da dipingere. Perché la verità, la bellezza, la poesia un uomo può solo continuare a cercarle. Per tutta la vita.
La Fondazione Granata Braghieri e l’Amministrazione Comunale con questa mostra vogliono rendere omaggio a un grande artista che, come presidente onorario del premio Morlotti, ha un legame particolare con la vita culturale di lmbersago.
Nota biografica di Ernesto Treccani
1920-1937
Nato a Milano il 26 agosto 1920, Ernesto Treccani è entrato giovanissimo, mentre ancora seguiva gli studi di ingegneria, nei gruppi di avanguardia artistica e di fronda nei confronti delle cultura fascista.
1938-1945
Dal 1938 al 1940 fonda e dirige la rivista “Corrente”, in cui manifesta una posizione polemica sempre più politicamente e socialmente impegnata. “Preoccupiamoci, oltreché dei mezzi di linguaggio [...] per conoscere noi stessi attraverso le immagini della nostra fantasia, anche del processo civile nella sua complessità perché i rapporti del fatto arte col fatto totale siano più chiari, per acquistarne piena coscienza.” (1940).
Verso il 1940 inizia a dipingere, partecipando l’anno successivo alla collettiva che si svolge alla Bottega di Corrente. Le opere di questo periodo rivelano una lettura puntuale di Van Gogh, Cézanne e Picasso, e una particolare attenzione alle ricerche di Morlotti e Cassinari.
Nel 1943 sposa Lidia De Grada, dalla quale avrà due figli, Giulio e Maddalena.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, la pubblicazione di “Corrente” viene soppressa d’autorità. Treccani aderisce al Partito Comunista. Con Fucilazione, del 1943, l’impegno morale si configura decisamente nella denuncia e nell’assunzione di quella responsabilità civile che sarà motivo trainante di tutta la sua opera.
1946-1955
Dopo la guerra e la Resistenza, cui partecipò attivamente, è redattore, insieme a De Grada, De Micheli, Vittorini ed altri, della rivista “Il ’45”, nonché animatore del gruppo di Pittura con Ajmone, Chighine, Francese e Testori. Nel 1947 i suoi dipinti rivelano un inedito e temporaneo interesse per i fauves. Dall’anno seguente la sua attenzione si sposta su tematiche urbane, affrontate con una sintesi pittorica di matrice neocubista. Nascono così polemiche immagini, che evidenziano la desolazione e lo squallore del paesaggio industriale. Nel 1949, a Milano, la Galleria Il Milione presenta la sua prima personale. Comincia anche a dipingere a Parigi, da allora significativo punto di riferimento per il suo lavoro. Nel clima culturale italiano si creano, nel frattempo, le premesse per l’affermazione del movimento realista. Le mozioni ideali, già chiaramente delineate all’epoca di “Corrente”, non possono che condurlo verso il Realismo. Nel 1949, quando l’occupazione dei latifondi incolti del Mezzogiorno da parte dei braccianti scatena una brutale repressione da parte della polizia, è in Calabria, in particolare a Melissa, dove trarrà ispirazione per la realizzazione di grandi tele dedicate alle lotte contadine. Una delle dominanti della sua pittura sarà la costante attenzione all’uomo, sostenuta dall’attiva partecipazione ai movimenti di protesta e di rinnovamento sociale. Negli anni cinquanta è redattore della rivista “Realismo”. In questo periodo le condizioni di vita dei braccianti del Meridione e degli operai nella periferia proletaria del Nord diventano la tematica principale della sua opera. Nascono da questo spirito quadri come Il carro e Sciopero di minatori calabresi. Mentre il desiderio di dipingere “il mondo nuovo che era sorto dopo la guerra” governa la tesa impaginazione di Un comizio dopo la liberazione o il gioioso corteo de La pace viene avanti cantando. Nel 1955 compie un viaggio in Cina dove realizza numerosi acquarelli e disegni che risentono, nella sempre maggiore libertà cromatica, della suggestione della pittura cinese.
1956-1970
L’invasione dell’Ungheria nel 1956 provoca una crisi ideologica che investe tutta la sinistra italiana e che coinvolge inevitabilmente anche Treccani. Ne deriva una svolta tematica, che non comporterà, tuttavia, il completo abbandono dei soggetti più strettamente civili. La sua ricerca lo porta però a rompere gli argini del realismo facendolo approdare “all’effusione di un poetico sentimento del reale”, che rende possibile un riferimento all’espressionismo astratto e all’informale. Le siepi, che compaiono intorno agli anni sessanta e da allora sono una costante narrativa, sono tra i primi motivi iconografici che definiscono questa nuova dimensione della pittura di Treccani. Nel 1963 porta a termine cinque grandi tele ispirate a La luna e i falò di Cesare Pavese. Sulla fine degli anni sessanta inizia la collaborazione con Danilo Dolci e il suo Centro Studi per la Pianificazione Organica della Non Violenza. Treccani avrà un ruolo attivissimo nelle diverse iniziative promosse da Dolci, come la Marcia da Nord a Sud per il Vietnam e per la Pace, che toccò numerose città italiane terminando a Roma (1967).
1970-1980
Nel frattempo la sua ricerca pittorica è ben rappresentata dal dipinto Un popolo di volti (1969-1975), suggeritogli dai funerali delle vittime di Piazza Fontana, nel quale il riferimento più prossimo è la pittura espressionista di Ensor: “Ciò che importa in un quadro è la verità dell’immagine, non la coerenza formale del linguaggio e della derivazione.” Negli anni settanta opera in luoghi diversi, sviluppando in molteplici direzioni la propria ricerca. Dalla campagna emiliana alle regioni dell’Italia meridionale, sino ai paesi contadini dell’Ucraina, attraversati sulle orme del romanzo di Babel in un viaggio fantastico, ispiratore della grande tela Il rosso cavaliere (1977). Il Paradiso perduto del 1975 anticipa, nel racconto favolistico, le opere degli anni ottanta. Nel 1978, a Milano, dà vita alla Fondazione Corrente, con un programma mirante allo studio del periodo storico compreso tra la nascita del movimento di Corrente e gli anni del Realismo, e all’organizzazione di incontri, dibattiti, seminari e mostre sui temi più attuali della cultura contemporanea.
1980-1999
Nizza diviene in questo periodo uno dei luoghi dove Treccani si reca sovente a dipingere. Con Parigi, Macugnaga e Forte dei Marmi, è tutt’ora uno dei luoghi abituali di soggiorno creativo. La Francia è stata a lungo luogo di fondamentale ispirazione creativa. I sobborghi parigini nelle immagini del dipinto Aubervilliers (1988) riprendono uno dei soggetti prediletti da Treccani, quello della periferia operaia, già indagato intorno al 1948. Alla metà degli anni ottanta risale una delle sue opere più importanti: La casa delle rondini. Circa duemila formelle ceramiche che rivestono interamente la facciata della sede della Fondazione Corrente e del Museo Treccani, in via Carlo Porta, a Milano. Tra i lavori più significativi degli anni ottanta troviamo anche le opere ispirate al Don Chisciotte di Cervantes e al Decamerone di Boccaccio. Il rapporto tra parola e immagine è un aspetto costante della ricerca di Treccani. Prima di dipingere compone spesso dei versi, una sorta di musica che deve poi guidare i suoi gesti rapidissimi: quasi “la sinopia fonica” del dipinto. “Il legame tra poesia e pittura è in Treccani particolarmente intenso. [...] Dare forma e colore alle immagini risponde a una sua profonda esigenza: quella di dare un’ombra di realtà alle suggestioni, quella di dare corpo a un sogno” (Marina Pizziolo).
2000 - 2009
Il legame tra segno e parola è ancora alla base del ciclo di dipinti ispirato a La ballata del vecchio marinaio di S. T. Coleridge, opere che inaugurano la serie di mostre dossier che dal 2000 si allestiscono con regolarità nelle sale del Museo Treccani, diretto da Marina Pizziolo
Un altro importante ciclo pittorico di questo periodo è sicuramente la serie delle Crocifissioni, risalenti all’estate del 2000, in gran parte eseguite a Macugnaga. Il colore, in questi dipinti, brucia la forma e ne restituisce la memoria del senso: “Ormai”, osserva Treccani, “non dipingo quasi più davanti al soggetto, sento il bisogno di chiudermi in una stanza per dipingere. L’osservazione lunga, intensa, precede sempre il dipingere, ma poi per governare pittoricamente quello che ho visto ho bisogno di prendere le distanze. [...] Nella Crocifissione mi sembra di cogliere l’estremo tormento della solitudine, ma nello stesso tempo di apertura agli altri: le braccia spalancate.”
Inaugurazione: sabato 21 novembre ore 17
Fondazione Attilio Granata - Franco Braghieri Onlus
piazza Garibaldi (Vicolo Chiuso, 6) - Imbersago (LC)
Orari di apertura: giovedì: 14.30 - 18.30, sabato e domenica: 10.00 - 12.00 / 14.30 - 18.30, Natale e Capodanno: chiuso, altri giorni su appuntamento
Ingresso libero