Galleria Lanterna Magica
Palermo
via Goethe, 43
091 584193 FAX 091 584193
WEB
La Scuola di Yokohama
dal 7/12/2009 al 28/1/2010
martedi -sabato 9.30-13 e 16.30-19.30, lunedi' 16.30-19.30

Segnalato da

Lanterna Magica




 
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7/12/2009

La Scuola di Yokohama

Galleria Lanterna Magica, Palermo

Fotografi in Giappone 1863-1900. In mostra 60 immagini delle prime sperimentazioni con la fotografia in Oriente, tecnica che si sviluppo' piu' tardi rispetto alle principali nazioni occidentali a causa dell'isolamento politico e culturale in cui versava il Paese.


comunicato stampa

La grande mostra di sessanta immagini originali all’albumina che Lanterna Magica inaugura a Palermo l’otto dicembre, il cui nucleo principale è costituito dai fotografi della Scuola di Yokohama (Beato, Stillfried, Farsari, Kusakabe), vuole essere un contributo alla conoscenza di un universo fotografico ancora oggi sottovalutato, che merita attenzione e, sicuramente, un posto di primissimo piano nella storia della fotografia delle origini. Nonostante la bellezza delle immagini e la bravura degli autori, gli studi specifici in questo settore sono veramente pochi e inconsistenti. Manca un apparato critico che parli dello stile dei singoli autori e delle opere, e che soprattutto riconosca in esse le qualità dell’arte.

La fotografia in Giappone si sviluppò più tardi rispetto alle principali nazioni occidentali, a causa dell’isolamento politico e culturale in cui versava il paese. Sarà il veneziano Felice Beato (1834-1907 ca.) arrivato a Yokohama nel 1863, a dare il contributo più importante all’affermazione della fotografia nel paese del Sol Levante. Beato, che aveva già praticato con successo la fotografia assieme al fratello Antonio e al cognato James Robertson in Egitto ed India, intuì le grandi possibilità che offriva la documentazione di una nazione ancora sconosciuta agli occidentali. Aprì inizialmente uno studio in società col fotografo inglese Charles Wirgman, incominciando anche a colorare le fotografie. Molti bravi pittori di modeste pretese economiche erano a portata di mano, e l’intraprendente veneziano ne assoldò diversi. L’unico ed esclusivo compito di questi artisti locali all’interno della ditta era quello di colorare le fotografie. Lavoravano con grande professionalità, precisione e sensibilità, e la colorazione delle immagini era quanto di meglio si potesse ottenere in quel periodo. Per una buona colorazione di una fotografia occorreva quasi mezza giornata di lavoro.

Con l’insediamento nel 1868 dell’imperatore Meji, il Giappone abbandonò completamente la struttura feudale diventando uno stato moderno a vocazione commerciale e industriale. L’apertura all’Occidente fu da questo momento completa e definitiva. Lo studio Beato cominciò a prosperare e la sua fama si diffuse anche all’estero. Nel 1877 Felice Beato vendette il suo studio con tutte le lastre negative al barone austriaco Raimund Von Stillfried (1839-1911) che già lavorava come fotografo a Yokohama dal 1871. Stillfried continuò a stampare e commercializzare le fotografie di Beato apportando delle piccolissime modifiche agli originali, accentuando per esempio la sfumatura dei bordi fino a cancellare, nelle scene con persone, molti particolari dell’ambiente e del paesaggio circostante.

La produzione più importante di Stillfried è costituita dai ritratti, eseguiti su sfondi neutri per concentrare l’attenzione sui modelli dei quali riusciamo a cogliere i tratti caratteriali e psicologici. Anche i suoi nudi non hanno uguali in tutta la fotografia giapponese dell’Ottocentoe, a ragione, l’austriaco è annoverato tra i più grandi fotografi delle origini. Nel 1885 lo studio di Stillfried venne rilevato con gran parte delle negative rimaste, da Adolfo Farsari (1841-1898), Italiano di Vicenza. Fu una figura straordinaria ed eclettica di viaggiatore, imprenditore e lavoratore che non si rassegnò mai alla fortuna avversa, sempre pronto a ricominciare, e fiero delle sue lontane origini italiane. Si stabilì a Yokohama nel 1875 e, dopo aver tentato varie imprese commerciali nei campi più disparati, aprì un negozio di libri stampando anche piccole guide per stranieri, e cominciò a vendere fotografie e album di altri professionisti, fino a diventare fotografo lui stesso. Nel 1886 un grande incendio distrusse il suo studio, con tutte le lastre negative di Beato e Stillfried. Farsari fu costretto a intraprendere un lungo viaggio per tutto il Giappone per ricostituire l’archivio fotografico. La fortuna tornò a girare presto dalla sua parte, grazie alla grande qualità della colorazione delle fotografie (Farsari vantava per le sue immagini il primato della migliore colorazione di tutto il Giappone.), e alla fine degli anni Ottanta il fotografo aveva alle sue dipendenze 31 assistenti. Nel 1888, dopo vent’anni di silenzio, iniziò una fitta corrispondenza con la famiglia, che lo porterà ad intraprendere un viaggio in Italia nel 1890. Vi morirà nel 1898 senza essere riuscito a ritornare in Giappone per la sistemazione definitiva dei suoi affari.

Kusakabe Kimbei (1841-1934) è l’ultimo grandissimo fotografo di quella che possiamo definire la Scuola di Yokohama. Proseguì il lavoro di Beato e Stillfried - dei quali tra l’altro era stato l’allievo più promettente - continuando e perfezionando la tecnica della colorazione manuale delle fotografie. Aveva iniziato giovanissimo alle dipendenze di Beato come pittore colorista, ma ben presto era diventato lui stesso fotografo. Avendo avuto la fortuna di lavorare sia con Beato che con Von Stillfried, il suo stile ne venne influenzato da entrambi. Da Beato apprese l’arte del reportage e della veduta, mentre da Stillfried imparò l’approccio psicologico al ritratto. Si ritirò dall’attività nel 1914 e passò i suoi ultimi anni a dipingere. Intorno agli anni Novanta dell’Ottocento esistevano già molti studi fotografici in tutte le grandi città giapponesi. Tutti producevano e vendevano quasi esclusivamente fotografie colorate a mano.

Alcuni studi ebbero uno sviluppo industriale, come quello di Tamamura Kozaburo (Edo, 1856 - data di morte sconosciuta) che aprì uno studio a Yokohama nel 1883 e un altro a Kobe nel 1899. Si specializzò in album di vedute e costumi per turisti facoltosi, dalle lussuose copertine in lacca con inserti in avorio, madreperla e foglia d’oro, che riportavano tipici motivi pittorici tratti dalla tradizione del giappone, come il monte Fuji, le jinrikishas (le classiche portantine giapponesi) e le geishe.

Di altissimo livello, infine, l’opera di Ogawa Kazumasa (1860-1929), un fotografo che realmente ricercava per le sue immagini il massimo della qualità tecnica e creativa. Perseguiva un ideale assoluto di bellezza ed equilibrio, espresso attraverso immagini che si distinguono nettamente dal resto della produzione della fine degli anni Novanta. La donna assume per la prima volta nelle sue foto un ruolo autonomo e di primo piano, come custode di positivi valori tradizionali della società giapponese, quali bellezza, forza, serenità ed equilibrio. Le stesse qualità presenti nelle foto di paesaggio di Ogawa e nei giardini. Usò una colorazione nuova e funzionale all’espressività delle singole foto, mettendo in risalto particolari stati d’animo o peculiarità della vegetazione e delle diverse stagioni. Il tutto in un’atmosfera rarefatta e sognante che rende uniche le sue immagini e affascina l’osservatore. Fu anche un grande tecnico e sperimentatore. Si recò giovanissimo negli Stati Uniti per imparare il più possibile sulla fotografia e sulle tecniche incisorie. Negli ultimi anni della sua carriera si dedicò quasi esclusivamente alla collotipia e all’editoria, pubblicando una gran quantità di libri illustrati da collotipi, oggi molto ricercati dai collezionisti. I suoi collotipi colorati sono tra i più belli mai ottenuti con questa tecnica. Prevedevano fino a 15 passaggi di lastre, una per ogni pigmento impiegato, mentre in quel periodo in tutto il resto del mondo i collotipi colorati venivano prodotti solo con tre o quattro lastre sfruttando il principio dei colori fondamentali.
Dalla presentazione di Vincenzo Mirisola.

Immagine: Raimund Von Stillfried, Notabile che legge il giornale e suo servitore con ventaglio. Fotografia originale all’albumina colorata a mano, 1875 ca.

Inaugurazione 8 dicembre ore 18.30

Lanterna Magica
via Goethe 43, Palermo
da Martedì a Sabato 9:30-13:00 e 16:30-19:30. Lunedì 16:30-19:30
Ingresso libero

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