Sono opere in senso lato societarie, quelle realizzate da D'Oora. Sono dipinti in cui l'associazione di elementi formali e intuizioni cognitive persegue, in modo dettagliatamente programmato, un ben preciso scopo: quello di suscitare un antico - sebbene espresso in un linguaggio estetico moderno - senso di bellezza.
Sono opere in senso lato societarie, quelle realizzate da D'Oora.
Sono dipinti in cui l'associazione di elementi formali e intuizioni cognitive persegue, in modo dettagliatamente programmato, un ben preciso scopo: quello di suscitare un antico - sebbene espresso in un linguaggio estetico moderno - senso di bellezza.
Adopero questo sostantivo pur essendo consapevole della diffidenza che esso suscita in molti artisti contemporanei. Un fraintendimento terminologico generalizzato, infatti, stabilisce che la bellezza sia sinonimo di gradevolezza, virtuosismo formale, stucchevole compiacimento dei sensi: ovvero di caratteristiche che vengono giustamente considerate pleonastiche, se non addirittura dannose, per un'opera d'arte. L'accezione antica di questo termine - formulata, ad esempio, dall'estetica rinascimentale e in seguito rielaborata dalla più recente speculazione filosofica - lo fa invece consistere in una peculiare forma di conoscenza veicolata dall'attività sensoriale.
D'Oora intende la bellezza proprio in quest'ottica cognitiva e sensitiva insieme.
Risulta chiaro, di conseguenza, che le sue opere possiedono una doppia finalità societaria.
La prima, di natura esterna, consiste appunto nella bellezza, ottenuta associando conoscenza e sensibilità .
La seconda, di ordine interno, nell'opera stessa, che scaturisce dall'ormai inedito assemblaggio di arte e bellezza.
Tra le diverse forme societarie esistenti, quella scelta ed attuata da D'Oora rappresenta una versione parecchio eterodossa - in quanto esasperatamente letterale - della società per azioni.
Il congiungimento di sensi e conoscenza, così come quello di arte e bellezza, infatti, avviene compiendo delle azioni, dei gesti che sono inerenti alla realizzazione dell'opera d'arte. Ecco di seguito quali.
Mettere in posizione.
Per chi, come D'Oora, dipinge unicamente delle forme geometriche di puro colore, la collocazione di tali forme nello spazio ha un'importanza capitale. Le diverse posizioni delle figure basilari vanno in tal modo a costituire una sorta di linguaggio cifrato che, nel corso del tempo, subisce un processo di sintesi evolutiva.
Le forme, nei dipinti di D'Oora, tendono progressivamente a semplificarsi e, in parallelo, ad arricchirsi al proprio interno.
Il nostro artista, insomma, tende ad usare un linguaggio di posizioni sempre più esiguo, sempre meno ricco di varianti significative, a cui fa da riscontro, tuttavia, un alto grado di allusività del singolo elemento linguistico.
Velare.
Un verbo di heideggeriana memoria che chiama in causa il problema del fare chiarezza.
D'Oora, anche in questo caso, intende l'espressione in termini letterali.
Le sue velature, infatti, generano un effetto di massima trasparenza che non svela affatto, però, l'essenza dell'opera.
Il cuore dell'immagine, la sua intima necessità formale, insomma, invece che essere svelata dal chiarore cromatico, è rivelata - anche qui, nel senso letterale di ulteriormente nascosta.
E', quindi, espressa attraverso il suo nascondimento, celata dalla sua ostentazione, dalla sua trasparenza.
Un connubio di azioni contrastanti, ma perfettamente e reciprocamente programmate, che dà ragione a chi intende l'opera d'arte come un felice paradosso.
Guidare lo sguardo.
Le opere di D'Oora permettono al loro fruitore di compiere una sorta di indagine cognitiva della dimensione dello spazio attraverso l'uso del colore.
Per questa ragione sono strutturate secondo un preciso percorso dello sguardo, che viene incanalato in zone luminose e rarefatte, in cui la bellezza si manifesta nello splendore della propria conoscenza.
Roberto Borghi
Nella Foto: ' Untitled ',cm 60x60, tecnica mista su carta 1997
Libreria Tikkun
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Milano