"La pittura urlata dell'artista, la sua tavolozza violenta e senza filtri, e' piuttosto metafora del verso sussurrato, poetica del frammento perduto e invano ricercato, eco remota di esiti lontani nel tempo e non piu' raggiungibili". (F. Strano)
Caleidoscopica visione, pirotecnica nell’esplosione dei toni caldi, dei
rossi decisi delle grandi bocche, aperte in sorrisi silenziosi e come
affogati nel mare tempestoso dei ritagli colorati.
Così si presenta Andrea Ambrogio, nello stile che gli è più congeniale e che
suscita sempre, alla vista, un senso di piacevole caos emotivo, certamente
non casuale.
Sono lacerti di esistenza, selezionati con amorevole cura e ricomposti in
forme di vita diverse, possibili anche se inedite, a tratti riconoscibili
secondo le linee spezzate di una memoria personalissima che tuttavia ci
accomuna, nel senso di vuoto che ogni ricordo porta con sé.
Atleti raggelati nel gesto che li connota, spezzoni di trame narrate o
ascoltate, spiragli di orizzonti e zolle di natura si affastellano nelle
sagome imposte dai percorsi della ragione, ma pienamente libere di non
essere, di affermare un altro da sé che è energia compressa, parola in
libertà, pensiero intimo e segreto.
Perché la pittura urlata di Ambrogio, la sua tavolozza violenta e senza
filtri, è piuttosto metafora del verso sussurrato, poetica del frammento
perduto e invano ricercato, eco remota di esiti lontani nel tempo e non più
raggiungibili.
E’ malinconica presenza in un divenire caotico che tutto tracima fuorché il
sentimento, riposto con cura in piccole scaglie di luce che la memoria
trattiene e preserva, fuori del tempo.
Racchiuso per caso in una scatola di puzzle. Fulvia Strano
Inaugurazione venerdi' 12 febbraio 2010, 18:30-22
Creative Room
via Tommaso Campanella, 36 Roma
ingresso libero