Fabbri.Ca Contemporary Art
Milano
via Stoppani, 15/C
348 7474286 FAX 02 91477463
WEB
Tomas Rajlich
dal 17/2/2010 al 3/4/2010
martedi' - venerdi' 10.30-13 e 16-19.30, sabato su appuntamento

Segnalato da

Fabbri Contemporary Art




 
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17/2/2010

Tomas Rajlich

Fabbri.Ca Contemporary Art, Milano

Toccare la luce. L'artista, fuoriuscito dalla Cecoslovacchia nel 1969 in seguito all'invasione sovietica, e' vissuto sino ad oggi in Olanda, dove e' diventato un importante pittore astrattista. Sin dalle prime fasi della sua ricerca, le tele di Rajlich mostrano il "fondamento" della pittura, non diversamente dai lavori contemporanei dei pittori minimalisti americani. La mostra si concentra sulle opere dagli anni '90 ad oggi e presenta circa 20 lavori, tra cui due installazioni costituite da varie tele.


comunicato stampa

La prima mostra che la galleria Fabbri Contemporary Art inaugura nel 2010 è dedicata a un grande dell’astrattismo: l’artista Tomas Rajlich, fuoriuscito dalla Cecoslovacchia nel 1969, in seguito all’invasione dell’esercito sovietico, e vissuto sino ad oggi in Olanda, dove è diventato forse il più importante pittore astrattista operativo in questo paese negli ultimi decenni. La mostra – che verrà inaugurata giovedì 18 febbraio alle ore 18.30 e sarà aperta al pubblico fino al 4 aprile 2010 – prelude a una personale di Rajlich che si terrà al Museo Michetti di Francavilla al Mare (Chieti) a partire da fine marzo di quest’anno.

Negli anni ’60 del secolo scorso, Tomas Rajlich diventa una delle figure di riferimento di quella corrente pittorica che si muove in direzione di un’analisi ultima del linguaggio pittorico e di un processo di scomposizione dello stesso per isolarne gli elementi costitutivi, in consonanza con le esperienze della minimal e del concettualismo, ed anche sulla scia della sferzata radicalmente dissolutoria e letteralmente "azzerante" di esperienze come Azimut, Zero, Nul, quindi di artisti come Manzoni e Klein. Le espressioni più diffuse coniate per descrivere tale corrente sono "pittura analitica" e "pittura-pittura". Si tratta comunque di una "pittura fondamentale" (R. Dippel), volta a indagare la morfologia e il senso dei propri fondamenti. Rajlich ne è dunque uno dei protagonisti, e incrocia nell’ambito delle grandi mostre dell’epoca altre figure forti del panorama europeo e americano, da Robert Ryman a Gerhard Richter, da Alan Charlton a Agnes Martin.

Sin dalle prime fasi della sua ricerca, le tele di Rajlich mostrano il "fondamento" della pittura, non diversamente dai lavori contemporanei dei pittori minimalisti americani. I suoi primi dipinti sono caratterizzati da una qualità modulare – la griglia, la quadrettatura, che costituisce una sorta di suo "marchio di fabbrica" – mentre le opere del Rajlich più maturo mostrano un più complesso modo di risolvere l’idea-chiave che la pittura sia un’entità autoriflessiva. I suoi monocromi più recenti - dagli anni ’90 ad oggi - esplorano la combinazione dell’impersonale, del gestuale e della forza creativa della luce; sono variazioni sull’intensità, la luminosità e la consistenza della pittura. La sensibilità dell’artista emana dalla sottile modulazione della pittura sulla tela, ma ad essere enfatizzati sono soprattutto il colore e la luce, che muta perennemente la superficie dipinta.

Rajlich crea sensibilissime texture di materia-colore, che la luce sembra impregnare della sua stessa linfa vitale, sino a cancellare il confine tra vista e tatto, creando una suggestiva coincidenza tra di essi: come se il nostro sguardo potesse toccare le superfici di queste tele, e insieme il potenziale tocco delle nostre mani ci permettesse di percepirne l’immagine.

Proprio sulle opere dagli anni ’90 ad oggi si concentra la mostra "Toccare la luce" presso la galleria Fabbri Contemporary Art, che presenta circa venti lavori di Rajlich, tra cui due installazioni costituite da varie tele. A collegare i lavori degli ultimi decenni con le loro radici storiche, due dipinti: uno della fine degli anni ’60 e uno della metà degli anni ’80.

Dopo i maestosi panorami desertici di Nul, il nobile gelo di Robert Morris e Carl Andre, il concettualismo architettonico bidimensionale dei Wall Drawings di Sol LeWitt, il lavoro di Rajlich afferma l’ineludibile suggestione di un "fare" pittorico che rinvia a Kazimir Malevich, a Piet Mondrian, a Ad Reinhardt, in cui il rigore "concettuale" e strutturale non esclude un’apertura raffinata e calibrata al mondo dei sensi e della percezione.

La superficie è ciò che meglio definisce e caratterizza l'azione pittorica di Rajlich: la sua ricerca si articola proprio sulla superficie, un luogo in cui l'azione del dipingere trova il più ampio movimento. L'impianto pittorico appare segnato in particolare da due elementi: l’illusoria plasticità del colore, con le sue profondità simulate e i falsi piani percettivi, e la dinamica, sottile eleganza del segno, unita al forte temperamento della pennellata. Tutto questo mette in luce la contraddizione tra la staticità tendenzialmente connaturata al monocromo e l'energia guizzante e mutevole della luce e del colore.

Per Rajlich dunque, la pittura è un'attività metamorfica, che continuamente trasforma se stessa, chi la pratica, chi la guarda : permette all'uomo di creare un gioco dialettico dove il sapere e il fare – il vedere e il toccare – si uniscono per dare origine a una dimensione artistica non mistica né metafisica, eppure animata da una forte tensione conoscitiva ed emotiva.

Nota biografica

Tomas Rajlich nasce nel 1940 e si forma nell’ambito delle arti visive, prima alla Scuola di Arti Decorative, poi all’Accademia di Belle Arti a Praga. Si dedica inizialmente alla scultura, e ben presto sceglie il filone astratto-geometrico. Nel 1966, insieme ad altri fonda il "Klub Konkretistů" - l’equivalente ceco dei gruppi "Nul" o "Zero"- procurandosi così la fama a livello nazionale. Circa due anni dopo, il mondo internazionale dell’arte scopre il suo lavoro al Museo Rodin di Parigi, nell’ambito di una mostra collettiva dedicata alla Scultura Cecoslovacca. Nel 1969, Rajlich decide di lasciare il suo paese a causa dell’occupazione sovietica, ed emigra in Olanda, dove viene nominato Professore alla Vrije Academie, e nello stesso tempo scopre la sua vocazione di pittore.

Rappresentato dalla Galleria Art & Project di Amsterdam, dalla Galleria Yvonne Lambert di Parigi e dalla Galleria Françoise Lambert di Milano, il suo lavoro inizia presto ad essere apprezzato su scala internazionale, e Rajlich è invitato a partecipare a grandi esposizioni profondamente innovative, come Fundamental Painting (1975) allo Stedelijk Museum di Amsterdam. La prima retrospettiva di Rajlich si è tenuta al Palazzo Martinengo di Brescia nel 1993.

La sua nazione adottiva, l’Olanda, ha conferito all’artista il prestigioso Premio Ouborg per la carriera, nel 1994, e in questa occasione il Gemeentemuseum di L’Aia ha ospitato la sua seconda retrospettiva. Nel 2006, in occasione del suo 65° compleanno, presso lo stesso Museo si è tenuta una retrospettiva dei lavori su carta di Rajlich. Nella nativa Repubblica Ceca, il Dům Uměni Města di Brno gli ha dedicato una retrospettiva nel 1998 e la Galleria Nazionale di Praga nel 2008.

I lavori di Rajlich fanno parte di prestigiose collezioni internazionali, e l’artista ha ricevuto parecchi commissioni per la realizzazione di opere monumentali, come l’installazione costituita da sei grandi tele per il Raad van State di L’Aia (Olanda).
Dal 1999 al 2002 Rajlich è stato uno degli artisti in residenza presso il Centre Georges Pompidou a Parigi.
Oggi vive e lavora fra L’Aia, Praga e Parigi.

Immagine: Acrilico su cotone, 1969, 135 x 135 cm

Catalogo con testo di Silvia Pegoraro

Inaugurazione giovedì 18 febbraio ore 18.30

Fabbri Contemporary Art
via Antonio Stoppani, 15/c Milano
Orario: da martedì a venerdì 10.30/13.00 e 16.00/19.30, sabato su appuntamento

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