Il titolo in dialetto significa 'radici'. La mostra racconta il mistero di un mondo antico che sta scomparendo, attraverso i volti e i corpi di donne dell'entroterra sardo, assorte nella propria dimensione quotidiana, che sembrano aver attraversato i secoli. Immagini in bianco e nero, che portano il segno della poetica pasoliniana e dello stile granitico di Salvatore Niffoi.
Secondo appuntamento della stagione espositiva del 2010 INSIDE ART
a cura di Christian Omodeo per NUfactory
La mostra Radici di Sveva Taverna, presentata per la prima volta nell'ambito di FotoGrafia Festival Internazionale di Roma, ed aggiornata di nuove foto e di nuove angolazioni interpretative (da cui il nuovo titolo in dialetto sardo ARRAICA, che significa appunto radici), racconta il mistero di un piccolo mondo antico che sta scomparendo, attraverso i volti e i corpi di donne dell'entroterra sardo, assorte nella propria dimensione quotidiana, che paiono esser giunte sino a noi dopo aver attraversato i secoli. Immagini in bianco e nero, che portano il segno della poetica pasoliniana e dello stile granitico di Salvatore Niffoi.
"A me la gente piace guardarla in faccia,
entrargli dentro come un fulmine a bocca aperta."
Salvatore Niffoi, "La vedova scalza".
Esiste una normalità che sta scomparendo.
È la normalità di un mondo contadino, arcaico, ancestrale,
per il quale si è battuto strenuamente il nostro 'vate di carne' del Novecento, Pier Paolo Pasolini,
e che ancora sopravvive, nonostante le violente maree di un tempo in ebollizione.
La mostra vuole essere il racconto delle potenzialità umane
che questo universo ha saputo esprimere e fa parte di un progetto di ampio respiro
teso a documentare le ultime tracce dei popoli 'vinti' dalla Storia.
Terra di elezione: la Sardegna aspra e selvaggia dell'entroterra,
ritratta attraverso i volti e i corpi delle sue donne, assorte nella propria dimensione quotidiana,
che paiono esser giunte sino a noi dopo aver attraversato i secoli.
Susan Sontag ha illuminato il senso della fotografia
come arte in grado di dar voce a questa realtà affermando:
"Ogni fotografia è un memento mori.
Fare una fotografia significa partecipare della mortalità,
della vulnerabilità e della mutabilità di un'altra persona."
Le immagini scelte aspirano a rendere visibili frammenti di verità che attraversano i nostri giorni come lampi improvvisi e che, senza la fotografia, si perderebbero nel nulla.
Sveva Taverna ha 29 anni, è romana, si è laureata con lode in Lettere , indirizzo Storia dell'arte moderna (vecchio ordinamento) all'Università RomaTre con una tesi su Pasolini: Tra sacro e profano: Pier Paolo Pasolini e le arti figurative.
Ha collaborato ai Toscana Photographic Workshop come assistente di fotografi di fama internazionale tra i quali Michael Ackerman (Vu), David Alan Harvey (Magnum) e Michael Yamashita (National Geographic).
Ha lavorato come fotografa di scena per il Teatro Palladium e le sue foto sono state pubblicate dall'Università RomeTre. Suoi lavori fotografici sono apparsi sui mensili "Archeo" e "PrimaFila".
Ha partecipato alla mostra itinerante e collettiva: "Sardegna. Un altro pianeta" con Franco Fontana e Paolo Bianchi, a cura di Cristiana Collu (Direttore del MaN, Museo d'arte di Nuoro), sponsorizzata dalla Regione Sardegna (2008-2009).
Già inserita in FotoGrafia, Festival Internazionale di Roma, la mostra Radici curata da Arturo Mazzarella, (Presidente del DAMS RomaTre) è stata recensita da Cecilia Cirenei (La Repubblica), Renato Minore (Il Messaggero), Rossana Calbi (MarteLive).
Vernissage 22 febbraio 2010, dalle h 18.00
Teatro Palladium
piazza Bartolomeo Romano 8, Roma
Ingresso gratuito su prenotazione