In mostra 25/30 opere, acrilici su tela e tavola di dimensioni variabili, realizzati negli ultimi anni e dedicati ad una ricerca astratta sul rapporto tra segno e colore. Una pittura informale, in cui prevalgono poche, accese tinte e la forza del tratto nero.
a cura di Francesca Brandes
L'esposizione dal titolo Etimologie, opere di Bonizza Modolo, a cura di Francesca Brandes, consta di 25/30 opere, acrilici su tela e tavola di dimensioni variabili (da 190 x 150 a 90 x 90). Si tratta di quadri realizzati negli ultimi anni e dedicati dall'artista ad una ricerca astratta sul rapporto tra segno e colore. Una pittura informale, in cui prevalgono poche, accese tinte (l'azzurro, il rosso, il giallo) e la forza del tratto nero. Bonizza Modolo, con Etimologie, indaga in modo particolare il concetto del confine (ideale e formale allo stesso tempo, oltre che etico): paradigma del nostro tempo, spesso inquietante, che l'artista rende attraversabile con la propria arte. Quasi a dirci, nella comune etimologia dei sentimenti portati nel quadro, che ogni segno può essere condiviso.
Con questi presupposti, l'esposizione si pone come testimonianza di scambio reciproco tra culture ed esperienze diverse, in nome di un comune destino: atto più che mai necessario oggi, che quei confini è doveroso abbattere.
Per Modolo ciò che conta è l'orizzonte della composizione. Guardare al di là ed attraverso - sostiene l'artista - è un atto necessario. Qualche volta lo sguardo spaventa, in altri casi affascina. Tuttavia, solo così facendo, attraverso la pittura e la riflessione sul proprio agire, si possono incontrare il mondo, l'altro da sé, la vita stessa.
Etimologie (testo critico)
C'è un tempo per ciascuno, in cui l'urgenza del rispondere anticipa le parole, il senso di una chiamata. Si è, improvvisamente, pronti. Sono passi fatti d'impulso, ma pieni d'integrità, come il manifestarsi di una ragione sensibile e preveggente, come albero che regali prima il frutto e poi il fiore. Faremo e ascolteremo , promettono gli Ebrei nel deserto all'imperativo divino.
Prima l'empito del fare, il segno agito; poi, la magica misura dell'attesa, in silenzio: Bonizza Modolo è maestra di questa ragione radicata nel reale; turbine che, pur essendo prossimo alla vita quotidiana, è nondimeno pensiero che si muove impetuoso. Talora, in quest'artista solitaria e pura, dalle chiarezze adamantine, la pertinenza tra gli elementi della realtà fenomenica non è definita una volta per tutte. Lo evidenziano la luce, cangiante e mutevole; l'impercettibile variare dei pesi sulla tela; l'andamento strutturale, in queste ultime opere per lo più ascendente. La relazione non è mai di tipo sintagmantico, quanto sostitutivo, perché i vari segni non sono altro che manifestazioni diverse di uno stesso e fondamentale significato.
La parte, in Bonizza, non è frazione del tutto, ma suo simbolo. Di più: gli elementi ontologicamente primari ed ineliminabili di questa pittura - coerente nel suo sviluppo storico, ma sempre inerente al mutamento (o, meglio, alla sua analisi) - non consistono nei corpi materiali, negli spazi definiti a velature sovrapposte o a campiture più dense. Appartengono piuttosto alla qualità della materia, alla sostanza dell'agire. Così facendo, l'artista trascende ogni dualismo, in favore di una visione olistica del costruire: tra sfondo e segno, tra immanente e trascendente. Il suo rifiuto non concerne solo un'ipotetica divisione concettuale del mondo, ma riguarda anche ogni discriminazione percettiva.
Modolo fa, poi ascolta. La fame di vento che la agita si compone in ordinata attesa, come il celebrarsi di una libera obbedienza. Lo stile - quella cifra rigorosa ed impervia che la rende subito distinguibile - è in lei la capacità poetica di ridurre il mondo all'essenziale e di dominarlo in una laconica unità di significato. Senza indulgere in nostalgie, lo disciplina. Nondimeno, la carica emotiva della sua pittura non ne risulta affatto sminuita.
Bonizza ha il merito, conquistato sul campo, di sapersi dare all'alterità e sostenerla con lucido affetto. La visione si dinamizza, scaricando gli eccessi lungo percorsi elicoidali. Laddove, in precedenza, l'artista andava a far combaciare i confini - formali, filosofici - in possibili convivenze, ora s'intravvede una rinnovata propensione al rischio, allo sradicamento. E non sembra esistere ritorno.
In questo ciclo di opere polite e chiare, che usano con misura cromìe assolute, come cuori pulsanti, pare avvenuto un mutamento di paradigma: in intima coerenza con il pensiero, si evidenzia in Modolo il primato dell'azione, dell'impegno coinvolgente e ruvido all'interno di un mondo privo di certezze e di consolazioni. L'arte non può, non deve evitare la frammentazione del reale. La pittura vi abita, in orizzontale ed in verticale, ed il sentimento del tempo - perso, guadagnato, denso di memorie e di speranze - ordinandosi in misura, si fa in Bonizza sentimento dello spazio, senso di avventura, costituzione strutturale di un “verso dove” che non lascia spazio all'incertezza: …ma ho fiducia che l'azione / sia preghiera anch'essa pel futuro recitano i versi di Luzi, e non è un caso che Modolo ami la forma poetica nel suo cuore di fede e di prassi.
È l'istante della potenza e dello slancio che anima questi lavori. Attraverso un'instancabile ed ostinata perlustrazione, Bonizza penetra da sempre nelle crepe che percorrono la provvisoria unità dell'io individuale. Ora il suo titanico, pervicace tentativo di arrivare all'osso del nostro giorno, diviene ancora più intenso, si allarga ai moti delle storie, alle essenze generatrici dell'aria. L'artista ci restituisce l'esistente prima del pensiero, prima della riflessione, nel suo nucleo di carità e di condivisione. La trasformazione isomorfica delle tinte e delle griglie compositive mantiene l'informazione originaria: così la ragione con radici di Bonizza risale, inesorabilmente, al senso etimologico dell'agire poetico, alle costituenti fondamentali. Luce e forma. Segno su segno, e misura.
L'etimologia è la mappa, la causa vitale, il carisma dell'operare di Modolo. La coscienza delle origini e la responsabilità della via, ecco ciò che connota il lavoro di questa artista meticolosa ed appassionata ad un tempo. L'impulso di farsi vita trova senso nell'aspirazione della materia ad illuminarsi e nella regola che Bonizza impone allo slancio. In questo modo i suoi fuochi - orchestrati ritmicamente sulla superficie dell'opera, attraverso meditati interventi del colore, quasi agisse con paste vitree sulla trasparenza dell'acqua, o con sabbie marcate come profondi graffi - crescono dal profondo di una vicenda, familiare e culturale, importante. Sacra bottega, cristallini ricordi di vite dedicate al fare arte.
La necessità della figurazione si riassesta nell'urgenza di rivelare, di porre voce. C'è l'amore del verso - con un pudore scabro - nei suoi grigi, di volta in volta perla di cielo, opaca intensità di muro. Altrettanto, nei rossi di Bonizza, volutamente integrali o appena oscurati, ci sono tutti i rossi della sua storia. Non la percorre alcun intento razionalistico; piuttosto, il suo simbolo per il tutto appoggia - appunto etimologicamente - su un'antica scienza innata, il senso dello studio e della pratica quotidiana. È anche pazienza, questa pittura faticata come il pane che lievita, la goccia che scorre e lascia traccia. L'io e l'oggetto godono in essa di un rapporto di risonanza che trascende i fenomeni ottici. Un po' alla volta, esattamente, impariamo a vedere oltre la facciata, ad afferrare la radice. Con pazienza, appunto, ci rispecchiamo. Francesca Brandes
Catalogo in mostra, a cura di Francesca Brandes
Ufficio stampa: Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica
istiorga@tin.it
Inaugurazione 10 marzo 2010, 18.30
Istituto Romeno di Cultura - Palazzo Correr
Cannaregio, 2214 (Palazzo Correr) - Venezia
Orari di apertura: tutti i giorni, 10-12 / 16-19
Ingresso libero