Gianni Gianasso espone le opere dell'ultimo ciclo pittorico dell'artista, intitolato 'Stati Alchemici'. Mozart Guerra, con freccette e bersagli, sottolinea la crudelta' del mondo verso gli animali.
Gianni Gianasso
a cura di Edoardo Di Mauro
In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene, ad onta di quanto sostengono alcuni irriducibili detrattori, una posizione centrale per la sua capacità di rinnovarsi da un punto vista sia iconografico che iconologico. Il rinnovamento formale figlio dei tempi in evoluzione non fa venir meno il concetto originario di “teknè”, da interpretare come tirocinio artigianale che può trasmutare in una dimensione di sublimazione spirituale dell’azione artistica, a cui si abbina la capacità di osservare con occhio partecipe ma anche saggiamente disincantato l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per elevarlo alla dimensione del simbolo.
La pittura è da sempre la casa di tutte le tecniche e di tutti i progetti, luogo eletto da cui traggono origine le manifestazioni sensibili dell’arte, ed è per questa sua inarrivabile natura che ha saputo attraversare le epoche della storia mantenendo sempre, nei casi migliori, la sua carica di espressività. Chi scrive ha sempre guardato con occhio il più possibile attento l’evoluzione fenomenologica delle arti, arrivando alla convinzione che il progresso della tecnologia gioca da sempre un ruolo centrale in quello che è l’adeguarsi del linguaggio a nuove impostazioni formali. Così come la modernità venne contrassegnata in origine dall’elaborazione della prospettiva come metodo di inquadramento spaziale, dove l’opera veniva delimitata nel recinto bidimensionale della tela, all’interno della quale l’artista dava sfogo alla sua inventiva in relazione al rapporto intercorrente tra figura ed ambiente circostante, che troverà piena applicazione con la profondità spaziale ed il gioco di luci ed ombre tipico dell’arte barocca, di pari la contemporaneità non può essere interpretabile od addirittura concepibile senza tenere presente la rivoluzione scatenata dall’avvento delle tecnologie fondate sull’elettromagnetismo.
Una poetica fortemente caratterizzata dall’uso dello strumento pittorico anche se integrato da altri elementi che si incastonano armonicamente nel corpo dell’opera come quella di Gianni Gianasso trova il suo inquadramento nella stagione attuale, all’interno di cui è in grado di offrire un contributo assolutamente originale. Quello pittorico è strumento consono a coloro che lo impiegano come viatico per una narrazione in presa diretta degli stereotipi che affollano la nostra quotidianità metropolitana, gettando nuova luce su squarci ed inquadrature di angoli riposti e trascurati della post modernità, o ad altri che, all’opposto, tendono a demistificare con ironia le sfavillanti ed effimere icone mediatiche da cui siamo circondati od ancora, come nel caso di Gianasso offrono uno stimolante cortocircuito tra archetipo primigenio ed attualità estrema evitando sempre un facile appiattimento sul reale in virtù del privilegio concesso all’immaginazione ed al surnaturalismo, concetto sapientemente stigmatizzato da Baudelaire in pagine a tutt’oggi attuali.
Per inquadrare il lavoro di Gianni Gianasso non si può prescindere dalla sua formazione professionale in ambito pubblicitario, iniziata per strana combinazione in un anno fortemente emblematico come il 1968, dove gli ultimi residui dell’industrialismo subiscono un definitivo scacco che genera l’ingresso nella società tecnologica. La pubblicità ha sempre più o meno consciamente sottratto idee all’arte offrendo in cambio a questa un ottimo pretesto per allargare la sua sfera di influenza al di fuori del recinto tradizionale nel tentativo di creare una società estetica che effettivamente ora si manifesta in pieno, seppure tra molte contraddizioni.
Gianasso ha sapientemente giocato di sponda tra i due ambiti con eccellenti risultati che lo hanno imposto come pubblicitario affermato in una scena notoriamente competitiva come quella torinese. Ma Gianasso è da sempre stato un artista abile ed attivo ed ora sta dispiegando tutte le sue notevoli potenzialità in questo ambito con alle spalle un percorso già lungo e sedimentato. Lo stile di Gianasso, dotato di una evidente cifra personale, può comunque apparentarsi elettivamente a quella interessante e non ancora pienamente valutata linea surrealista piemontese nota sotto il nome di Surfanta. Questa corrente, sulla scia delle esperienze metafisiche della prima metà del Novecento quali quelle di Felice Casorati ed Italo Cremona, matura a Torino negli anni tragici dell’occupazione nazista, dove il clima di violenza viene esorcizzato appellandosi al mondo sotterraneo del mistero con varie persone che si radunano presso la Soffitta Macabra creata da Lorenzo Alessandri.
Negli anni successivi al termine del conflitto questi artisti si avventurano per i meandri della città narrandone fatti e personaggi, privilegiando la marginalità e creando un mix di surrealismo e fantasia (da qui Surfanta) contrapposto ad un realismo e ad un astrattismo vissuti come stili talvolta di maniera. Oltre al già citato Alessandri in questa corrente mo ciclo pittorico dell'artista, quello degli 'Stati Alchemici', ciclofigurano, tra gli altri, Molinari, Abacuc, Colombotto Rosso, Macciotta e Pontecorvo.
I lavori di Gianasso dal 1993 ad oggi si sviluppano in cicli caratterizzati da alcune varianti inserite all’interna di una vena unitaria dove la pittura, sempre di qualità alta senza mai sfociare in un virtuosismo fine a se stesso, talvolta si abbina ad inserti materici e tridimensionali.
Nella serie “Stati di attesa” abbiamo la prevalenza di ritratti metafisici sulla scia dechirichiana dove viene operata una sorta di cortocircuito tra passato e presente e dove prevale un clima di sospensione e di mistero che evidenzia anche lievi ascendenze provenienti dalla poetica di Magritte. La successiva “Stati di luce” vede la presenza di paesaggi intrisi di magia, boschi in cui alberi dai fusti allungati si protendono verso la luce in un afflato di vita che richiama la suprema armonia tra cielo e terra predicata da un filosofo fondamentale per la storia del’estetica come Plotino. Con “Stati di replica” abbiamo la ricomparsa della figura umana.
Rappresentata con demistificante ironia in una condizione spersonalizzata che denuncia la sostanziale alienazione tra il sé ed il mondo. In “Anatomie mediali” la figura inizia a cedere il passo alla costruzione aniconica dell’immagine, spesso ispirata a temi orientaleggianti. Sulle tele si dispone una sorta di disseminazione cosmica di segni e simboli la cui fitta rete tende a squarciarsi per gettare uno sguardo sulla realtà. Linea che tendenzialmente prosegue nelle “Immagini sonore” dove abbiamo una prima comparsa di installazioni tridimensionali legate alla poetica dell’oggetto. In “Stati di consapevolezza” Gianasso propone opere di surrealismo puro caratterizzate da uno stile vorticista che sottende l’evocazione di una curvatura spazio-temporale intuibile in uno stato di quiete ed ascesi mentale.
Nell’ultima serie di lavori, oggetto insieme ad una selezione dei precedenti di questa personale presso i locali espositivi di Ikebò a Torino, Gianasso, sempre in coerenza con il suo percorso, sembra voler operare, in un momento positivo della sua carriera artistica, una sintesi efficace di tutti gli spunti formali illustrati in precedenza. Abbiamo quindi la proposta di opere tutte caratterizzate dal fondale nero dove balenano con un ritmo spiroidale volti ed icone zoomorfe, porzioni anatomiche e profondità virtuali evocanti mondi lontanissimi, simboli archetipi ed allegorie del quotidiano in una dimensione visiva che si pone sempre con perfetta equità tra figura ed astrazione con un’ispirazione che, anche quando si espande nel sito dell’installazione, fonde il motivo dell’ancestralità con l’immanenza del presente, badando a non rendere esclusivo e misterico il suo linguaggio con l’evidente ricorso, in diverse composizioni, ad una corroborante dose di ironia..
Edoardo Di Mauro
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Mozart Guerra
Nato a Recife in Brasile nel 1962, ha completato gli studi in architettura all’Università Federale del Pernambuco diplomandosi nel 1986. Ha lavorato come scenografo per il teatro, cinema e televisione in Brasile e parallelamente ha sviluppato il suo lavoro come scultore. Vive e lavora come tale a Parigi dal 1992. Ha partecipato a numerose esposizioni individuali e collettive nei saloni d’arte e gallerie in Brasile, Francia, Canada, Belgio, Portogallo, Spagna, Lussemburgo, Giappone ed Italia.
Mozart Guerra ama i suoi animali, ama tutti i suoi soggetti: li ritiene degni di rispetto ed ammirazione e in questo senso li propone. Con le sue freccette e i suoi bersagli, sottolinea provocatoriamente la crudeltà del resto del mondo verso di loro. Le sue opere sono realizzate in materiali inconsueti come polistirene, cordame, schiuma espansa, spilli, resina, fil di ferro, carta, pittura acrilica. Saranno esposte alcune delle opere maggiormente rappresentative della sua ultima ricerca artistica scultorea.
Inaugurazione giovedì 18 marzo 2010, ore 18
IKEBO'
Piazza Cavour, 2, Torino
dal martedì al sabato dalle 16 alle 19
Ingresso libero