La Generazione delle Immagini


6 - 1999/00 - Atmosfere metropolitane


Clive Kellner



Questa mostra dedicata a Johannesburg ha per oggetto la trasformazione del Sudafrica in società democratica. Oltre ai Bailey's African History Archives, la mostra presenta i lavori di Fernando Alvim, Willem Boshoff, Kendell Geers, Antje Krog e Ronelle Loots, Moshekwa Langa, Zwelethu Mthethwa, Minette Vari e Sue Williamson, una selezione di rumori e suoni di Johannesburg a cura di Joachim Schonfeldt.
Il punto di partenza di Johannesburg, Johannesburg è un testo di Nat Nakasa scritto nel 1966 per il volume The Classic: 'La gente che si diverte di più a Johannesburg sono i visitatori. Quelli che si fermano per un mese o due e poi volano via verso le loro case d'oltreoceano, con un bagaglio di sole memorie a legarli alla città. Li ho visti guardare con disprezzo e stupore all'opulenza dei quartieri settentrionali dove vivono i bianchi. Questi uomini, di solito corrispondenti esteri di giornali stranieri, riescono persino a trovare calore nello squallore delle baraccopoli nere. Guardano Johannesburg da tutti gli angoli, più o meno nello stesso modo in cui cingerebbero d'assedio un celebre statista a una conferenza stampa. Pongono domande cruciali senza farsi coinvolgere dai problemi locali.
Volendo individuare un momento specifico della transizione del Sudafrica verso la democrazia nelle udienze della Commissione per la Verità e la Riconciliazione (TRC), si scopre una nazione in pieno mutamento, che cerca di stabilire un proprio senso identitario, configurato da definizioni quali'Unità nella diversità' e 'Nazione arcobaleno'. Johannesburg è un organismo essenziale per comprendere i complessi livelli della società sudafricana, che evidenzia la necessità di 'inventare' una nazione attraverso un corollario di quesiti sui temi della cittadinanza e dell'identità. Stabilendo che l'apartheid non è più un'autorità attiva, la nuova legislazione suggerisce temi imperiosi come verità, narrazione, senso di colpa e ricostruzione.

La sede dell'Openspace funge da archivio, riunendo opere fondate su testi letterari, video e CD Rom interattivi, ispirate al racconto del post-apartheid. La narrazione è un veicolo efficace per esplorare la relazione tra verità e finzione, e la fatica di creare immagini in una realtà assurda.
La mostra nello spazio Venti Correnti accoglie numerosi video, installazioni e fotografie che esaminano tematiche quali l'urbanesimo, il crimine, la mappatura di geografie differenti e la nozione di cittadinanza ' elementi cruciali dell'identità di Johannesburg come metropoli moderna, e quindi rappresentati da lavori specifici, selezionati ad hoc. Associando immagini e narrazioni, la mostra evidenzia l'emergere di un nuovo momento estetico, successivo all'apartheid.

Drum Magazine: una breve storia
Secondo il suo primo editore e proprietario Robert Crisp, The African Drum (Il Tamburo africano) fu fondato per offrire un mezzo di espressione alle aspirazioni artistico-letterarie degli Africani, con l'intento di evitare ogni commento politico. Nel corso di buona parte del suo primo anno di vita, Drum non fece altro che pubblicare articoli sull'arte tribale, la musica, le usanze, le fiabe africane e la poesia (talvolta tradotta dallo Xhosa e dallo Zulu).
Tuttavia, lo scarso successo di vendite provò ben presto che una rivista indirizzata ai Sudafricani neri urbanizzati che si ostinasse a occuparsi di tradizioni tribali, non era né interessante né redditizia. Gli abitanti di Johannesburg, relativamente sofisticati e necessariamente 'moderni', si erano allontanati geograficamente e filosoficamente dalla vita tribale.
Al suo rientro in Sudafrica, J.R.A Bailey, pilota della Seconda Guerra mondiale e della Battaglia d'Inghilterra, fu contattato da uno dei migliori avvocati sudafricani, Robin Stratford, che gli chiese di aiutarlo a sostenere Robert J. Crisp, un ex-giocatore di cricket dello Springkbok che aveva creato una rivista vendibile in tutto il continente africano. Quattro mesi più tardi, Stratford fece ritorno in Inghilterra da pensionato, e Bailey prese il suo posto.
Jim Bailey convocò un suo vecchio amico di Oxford, Anthony Sampson, che aveva lavorato alla Richard Clay Press in Suffolk, con un particolare interesse per la tipografia elisabettiana. Bailey ne parla così: 'Come caporedattore, mi sembrava meglio avere un uomo che non conosceva il mondo africano e ne era consapevole, anziché un Sudafricano bianco, che non conosceva comunque il mondo africano, ma che in compenso era convinto del contrario, non potendo quindi imparare nulla'.
E ancora: 'Sono entrato nell'editoria per caso e ci sono rimasto per convinzione: in parte, perché avevo amici con cui stavo a meraviglia, e sostanzialmente perché sentivo che, in un momento critico della storia africana, potevo dare un contributo. Perché molto di quello che succedeva ' e sta succedendo ' in Africa era motivo di protesta.
Fu chiaro fin dall'inizio che stavo producendo un veicolo, non una voce. E che quel veicolo doveva diffondere valide opinioni nere, non le mie, né quelle bianche in generale'. Henry Nxumalo fu il primo giornalista africano a entrare nella redazione di Drum e diventò ben presto il più importante e autorevole giornalista dell'Africa, segnalandosi con le coraggiose inchieste pubblicate sulle colonne della rivista. Nxumalo fu ribattezzato 'Mr. Drum', e compì le sue ricerche sotto lo pseudonimo di George Magwanza.
La scoperta da parte del pubblico che 'Mr. Drum' era nero ebbe un'importanza capitale nel garantire la credibilità e il futuro di Drum nella brulicante attività delle township. Nel giro di due o tre anni, nella redazione di Drum entrò una pletora di scrittori e fotografi neri ora celebri: Can Themba, Nat Nakasa, Dan Chocho, Todd Matshikiza, Arthur Maimane, Bob Gosani, Jurgen Scadeberg e Ezekiel Mphahlele, nei primi anni; in seguito, Wiliam 'Bloke' Modisane, Peter Magubane, Casey Motsisi, Ranjith Kally e George R. Naidoo.

BAHA: Bailey's African History Archives (Archivi di Storia Africana di Bailey)
Drum fu un agente di cambiamento sociale. Gli Archivi di Storia Africana di Bailey (BAHA) riuniscono un quarantennio di materiali tratti dalle edizioni di Drum e delle pubblicazioni sorelle: Golden City Post, Trust, True Love e City Press. Comprendono un'ampia messe di informazioni sulle politiche, le culture e le complessità delle numerose nazioni anglofone africane.
Il sogno del vecchio Drum era di portare il grande giornalismo in tutto il continente. Oggi gli Archivi sono animati da un'analoga speranza, quella di rendere disponibile al pubblico un vivace racconto del nostro passato.
Drum è come un forziere traboccante di tesori della storia africana. Per un memorabile trentennio dell'Africa, la rivista è rimasta sulla cresta dell'onda, cogliendo il momento di prosperità. Le lacrime di dolore o di gioia dei lettori, le loro ambizioni e frustrazioni, la loro rassegnazione e violenza dovevano essere raccontate da persone dello stesso popolo, nel proprio stile. Inoltre, Drum era riuscita a sviluppare una prosa molto piacevoe, audacemente colloquiale, impertinente, jazzata e galoppante. Voleva essere una rivista reale, vivace e coraggiosa ' e ci era riuscita, imponendo una prospettiva realmente africana in contrasto con le norme stabilite della stampa di orientamento occidentale. Drum era il frutto della cultura urbana degli anni Cinquanta, del tempo in cui le famiglie africane iniziavano a educare i propri figli a svolgere lavori d'ufficio, la gente aveva soldi per le riviste e i dischi da grammofono, e macchine sportive, fotomodelle e nightclub stavano diventando di moda. Un'epoca in cui gli Africani avevano scoperto l'impatto dei media, che portavano con sé stelle e stelline, astri dello sport e dibattiti a non finire sulla cultura e la modernizzazione. Storie interminabili su quello che stava facendo la gente in altre parti del paese. E tutti volevano finire sulle pagine di Drum.
Per via del suo evidente sostegno alla causa africana, la rivista godeva della fiducia dei leader neri, indipendentemente dalle divisioni politiche in atto in ogni paese, che guardavano a Drum come a un potente strumento per la crescita e le ambizioni dell'Africa.

Fernando Alvim
I Miss You (dalla serie Warning Life, a Life Situation, 1995-2000) - film (26 minuti) ll film I Miss You (Mi manchi) è una narrazione commossa di esperienze personali dell'autore in Angola (1995, 1997), in Sudafrica (1997), in Belgio (1999) e ancora in Sudafrica (2000). Attraverso una sorta di 'ecografia' personale, il film cerca di esorcizzare la guerra tra Sudafrica e Angola (1975 ' 1988).

Willem Boshoff
Shredded Evidence (Brandelli di prova), 1998. - Installazione.
Shredded Evidence è un monumento al tradimento e al crollo delle basi di un triste passato sudafricano. Il lavoro richiama il cenotafio al centro del Monumento Voortrekker alle porte della città di Pretoria.

The Purple Shall Govern (Potere al Viola), 1998. -installazione.
Gli spettacolari cambiamenti politici che hanno trasformato il Sudafrica negli anni '90 hanno prodotto un mutamento nell'enfasi della retorica sociale del paese. Molte vecchie leggi e convenzioni sono state improvvisamente eliminate. La 'lotta' ha inventato un proprio linguaggio di protesta. L'African Freedom Charter dichiara: 'The people shall govern' (Potere al popolo). Il gioco di parole fra people (popolo) e purple (viola) allude a un incidente verificatosi in Sudafrica, quando alcuni manifestanti, impossessatisi dello spray viola utilizzato dalla polizia, lo hanno spruzzato addosso agli stessi agenti.

Kendell Geers
48 hrs (48 ore), 2000 - installazione
Courtesy: Stephen Friedman Gallery (London)
Il titolo dell'opera si riferisce a una selezione di notizie reali tratte dai quotidiani di Johannesburg, riguardanti un lasso di 48 ore.

Antjie Krog & Ronelle Loots
The unfolding of sky (Il cielo si schiude), 1999 - documentario video
Il video è incentrato sul dialogo tra due donne, un'Africana e un'Afrikaner [denominazione che identifica la parte bianca della popolazione d'origine olandese, N.d.T.]. Una è stata vittima del sistema dell'apartheid, l'altra ha deposto in una seduta della Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Insieme analizzano il concetto di riconciliazione e il suo significato per ciascuna.

Zwelethu Mthethwa
Dalla serie Sacred Homes series, 1999 - fotografia
Courtesy: Hans Bogatzke Collection for Contemporary African Art
Dal 1996 Zwelethu Mthethwa fotografa le persone sullo sfondo dei loro interni domestici a Crossroads [una township vicino a Città del Capo] e in altri agglomerati temporanei nei dintorni di Città del Capo. Mthethwa rispetta l'integrità dei suoi soggetti, evidenziandone il senso di dignità.

Tracey Rose
Untitled (Senza titolo), 2000 - installazione sonora
Il lavoro di Tracey Rose rivela racconti e vicende personali legati alla sua esperienza di donna cresciuta a Johannesburg in una comunità mista (coloured). L'artista pone direttamente a confronto le problematiche associate alla sua identità femminile, e un ambiente socio-politico in rapida evoluzione.

Joachim Schonfeldt
Johannesburg, 1997 ' 2000 - calendario
E' un progetto in progress dell'artista, che ha selezionato una serie recente di fotografie d'incidenti a Johannesburg, presentandole in forma di calendario il cui inizio coincide con l'inaugurazione della mostra. Le scene riportate illustrano la realtà quotidiana nelle strade di Johannesburg.

Minnette Vari
Oracle (Oracolo), 1999 - videoproiezione
Oracle si riferisce al celebre 'dipinto nero' di Goya in cui Saturno divora i propri figli. La maggior parte dei filmati utilizzati riguarda avvenimenti accaduti in Sudafrica alle soglie del ventesimo secolo, in un tempo di previsioni quasi apocalittiche, in cui la gente aspettava di assistere e di partecipare a grandi momenti storici. Come scrisse Osvaldo de Andrade: 'Viviamo in un tempo oracolare'. Nel corso della realizzazione del video, l'artista ha preso coscienza delle profonde tensioni che intercorrono tra queste antiche mitologie 'occidentali' e le leggende e storie africane.

Sue Williamson
Can't forget, can't remember (Impossibile dimenticare, impossibile ricordare), 1999 proiezione da CD Rom interattivo
Courtesy: Goodman Gallery, Johannesburg
In questo CD Rom interattivo, Sue Williamson esamina due momenti del lavoro della Commissione della Verità e Riconciliazione. Le registrazioni delle sedute si sovrappongono a testi e immagini in flashback di due faccia a faccia tra vittima e accusato.