Attraversare le contingenze allargando le prospettive

06/05/2008
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ARGOMENTI

L'orizzonte alla prova
Janus e' una rivista fondata da Jan Fabre che lui stesso ha affidato ad una nuova redazione nel 2005 per ringiovanirne l'orizzonte, cosi' la staffetta e' passata a Nicola Setari e ad oggi la redazione e' composta da curatori e teorici italiani e belgi. Di partenza la rivista esce dai confini della critica d'arte cercando di far dialogare contesti di ricerca molto diversi, e, secondo Setari, non e' radicata territorialmente, infatti: "Janus e' il dio dell'ubiquita'". Ogni numero ha un epicentro differente e una sezione dedicata alla citta' che in quel caso e' partner; gli artisti coinvolti sono "costretti" a uscire dal loro contesto abituale e mettere alla prova il loro orizzonte visivo; ogni testo pubblicato ha una versione in inglese ed una nella lingua madre dell'autore. Insomma: dov'e' Janus? "Milano, Bruxelles, ma anche Parigi, Monaco di Baviera, prossimamente Londra, oppure in Costiera Amalfitana a Praiano..."











Intervista a Nicola Setari
Direttore di Janus - anywhere, anytime, here, now


a cura di Silvia Maria Rossi

Da chi e come nasce l'idea di riproporre il progetto Janus di Jan Fabre?

Nel settembre del 2005 Jan Fabre decise di interrompere la pubblicazione della rivista. Ricordo molto bene la telefonata dell'allora editor in chief Hendrik Tratsaert che mi comunicò la triste notizia. All'epoca ero consulting editor di Janus. La mia collaborazione era iniziata nel 2003 in occasione della Biennale di Venezia e in particolare grazie ad un progetto comune tra Radio Arte Mobile e Janus per Utopia Station.
A dicembre Fabre mi telefonò e mi disse che voleva affidare la rivista ad una giovane redazione che potesse rilanciarla, ridarle nuova vita, allargare i confini e l'orizzonte delle persone coinvolte, e soprattutto ringiovanire questo orizzonte. Mi colse completamente impreparato quando aggiunse che aveva pensato a me per questo compito.
Se avessi accettato avrei dovuto assumermi l'intera responsabilità del progetto, sarei dovuto diventarne anche l'editore, un vero e proprio passaggio di proprietà. L'unica cosa che mi chiedeva era di rispettare la tradizionale copertina bifronte e di specificare nel colofon che lui e Dirk Imschoot avevano fondato la rivista.
Ancora oggi non so se mi avrebbe affidato questo compito se pochi mesi prima non mi fossi sposato con Charlotte Bonduel, fiamminga come Fabre, che era già stata redattrice di Janus e quindi conosceva bene il funzionamento concreto della rivista. Insieme abbiamo pensato di coinvolgere intorno al progetto una redazione composta da curatori e teorici per metà italiani e per metà belgi: Luigi Di Corato, Giovanni Iovane, Francesca di Nardo e Frank Maes.

Quando avete preso la direzione di questo progetto editoriale, cosa vi sembrava mancasse nel panorama editoriale contemporaneo delle riviste d'arte quando avete iniziato?

Provenendo sia io che Charlotte da studi filosofici, sentivamo l'esigenza di raccontare l'arte contemporanea in una cornice interdisciplinare che fosse particolarmente attenta alla ricerca filosofica. Janus si contraddistingueva già in precedenza per questo tipo d'approccio, ma l'interesse di Fabre era rivolto soprattutto alla relazione tra arte e scienza.
In qualche modo Janus non è una rivista d'arte, è una rivista tematica e sperimentale che cerca di far dialogare contesti di ricerca molto diversi. Ha ovviamente un radicamento molto forte nell'ambito dell'arte contemporanea, ma si muove in altre direzioni di ricerca grazie alla consapevolezza dell'esaurimento di certi modi consumati di raccontare l'arte.
Oltre ad essere tematica, la rivista ha anche una sezione speciale dedicata specificamente all'arte contemporanea, la sezione 'Aristi-curatori' in cui cinque curatori in ogni numero vengono invitati a presentare in uno spazio di circa dieci pagine un artista con il/la quale hanno lavorato recentemente, proponendo così delle micro-monografie. Nella sezione tematica gli artisti vengono invece coinvolti sulla base della pertinenza della loro ricerca rispetto al tema proposto.
In un momento in cui l'editoria cartacea vede il moltiplicarsi delle pubblicazioni gratuite, considerate come la soluzione più efficace per resistere all'impatto di Internet, noi abbiamo scelto di creare un oggetto di valore artistico, in cui la copertina stessa è un'opera d'arte, concepita dall'artista (finora sono stati invitati Michelangelo Pistoletto, Alberto Garutti, Liam Gillick e Olafur Eliasson) espressamente per Janus.
La sfida che abbiamo scelto di affrontare e a cui altre riviste hanno rinunciato è quella della permanenza in un momento in cui la produzione culturale sembra tutta orientata all'impermanenza. In questo forse siamo un po' reazionari.

Quali sono i fattori che possono influenzare l'orientamento di un Magazine? O cosa limita in qualche modo la liberta' di scelta di una rivista?

Ci sono tutta una serie di paletti e di crocevia con i quali ogni rivista deve confrontarsi.
In primo luogo è fondamentale capire se s'intende o meno essere una rivista commerciale e sostenersi attraverso forme di profitto di diverso genere.
Noi non abbiamo sostegni istituzionali o finanziamenti pubblici e questo ci impedisce di avere il tipo di libertà che ne consegue.
Allo stesso tempo, però, non direi che perchè ricorriamo alla pubblicità e alle inserzioni di gallerie, ne siamo dipendenti, chi apre Janus non credo percepisca questo. È un vero esercizio essere sensibili alla storia che i galleristi portano, alle idee e alle proposte che fanno e non cadere nella dinamica delle richieste. La maggior parte dei galleristi apprezza questo modo di lavorare.
Noi poi puntiamo sempre ad avere una partnership con un comune di una città europea alla quale dedicare una delle tre sezioni di un numero, quando questo avviene possiamo essere ancora più sereni rispetto alle nostre scelte.
Un altro fattore decisivo è la lingua, il Janus di Fabre era pubblicato in inglese, francese e nerlandese, una vera e propria impresa, che però riduceva la quantità di contributi in ogni numero. Noi abbiamo scelto di pubblicare per ogni testo una versione in inglese ed una nella lingua madre dell'autore, una piccola rivoluzione. In Janus 22 c'era, ad esempio, un testo in bulgaro dedicato al padiglione bulgaro dell'ultima Biennale di Venezia.

Ricordo che nella presentazione del primo numero, quello dedicato a Milano appunto, dicesti 'speriamo che funzioni'. Ha funzionato?

Ci stiamo tenendo sul confine tra il riuscirci e il non riuscirci con una certa stabilità, nel senso che non si riesce mai ancora ad avere una certezza per il futuro però riusciamo ad avere certezze sul presente e questo è già un gran risultato.
L'ultimo numero è appena uscito, è in distribuzione, abbiamo aumentato la tiratura ci sono delle cifre che sono positive e ci confortano, ma la vera soddisfazione è vedere la nostra rivista viaggiare e arrivare in luoghi inaspettati. Credo che sia una delle poche riviste con testi in italiano che viene venduta alla Tate Modern a Londra.
Piccole cose di questo genere ci confortano molto. È difficile definirsi internazionali, molti lo fanno e pensano che sia soprattutto una questione di distribuzione o di corrispondenti. Noi abbiamo risolto il problema evitando di essere radicati territorialmente, una redazione mobile e ubiqua, Janus è il dio dell'ubiquità, un concept che altri ci copiano.

A proposito di territorio, qual è il rapporto con il territorio, ma in questo caso sarebbe più corretto dire con i territori, su cui operate?

La considerazione che facevo prima sull'idea di dedicare ogni numero ad una città corrispondeva all'idea di un radicamento dinamico in cui ogni numero ha un epicentro diverso che genera il terremoto chiamato Janus.
Abbiamo una politica di presentazioni molto avventurosa. Ci piace presentare la rivista in quanti più luoghi possibili: Milano, Bruxelles, ma anche Parigi, Monaco di Baviera, prossimamente anche Londra.
Oppure in Costiera Amalfitana a Praiano dove ogni anno organizziamo un simposio. Ci ritroviamo lì con la redazione e con ospiti della redazione per pensare il nuovo numero e questa è una dimensione che tende al radicamento, in un luogo totalmente imprevisto rispetto al contesto normale dell'arte contemporanea, ma anche fortemente artistico perchè è la sede della fondazione LeWitt in Italia. Noi realizziamo questo evento insieme alla DENA Foundation di Parigi.

In che modo una rivista può porsi come strumento di critica e riflessione?

Il tema della critica è molto controverso nel senso che possiamo affermare che un certo esaurimento della critica d'arte si è consumato.
Noi con Janus non facciamo critica nel senso di critica di una mostra o critica di un'artista e del suo percorso artistico. Il tipo di critica che operiamo è quella di costringere gli artisti a uscire dal loro contesto protetto e di mettere alla prova il loro orizzonte visivo, le loro esperienze estetiche con contesti di produzione d'immagine, apparentemente lontani come la scienza, la filosofia e la religione.
Esigere dagli artisti che si mettano alla prova e si confrontino con questo tipo di realtà, è una forma di critica.
Esplicativa di questo tipo di approccio, è la ricerca di Bruno Latour, e Peter Weibel, che hanno realizzato nel 2002 una mostra molto importante, Iconoclash, in cui l'intento era proprio quello di mettere a confronto la produzione di immagini dell'arte con contesti diversi come la scienza e la religione.
Vedere come invece di essere contesti che si criticano a vicenda, o che si ignorano volutamente a vicenda, fosse possibile realizzare dei cortocircuiti in cui emergevano dei punti di incontro, dei punti di interrogazione reciproca positiva.
Credo che paradossalmente la critica di oggi sia molto positiva, e questo è una controtendenza rispetto allo spirito critico decostruttivo che abbiamo incontrato nel pensiero postmoderno.

Può una rivista arrivare addirittura ad influenzare il sistema dell'arte?

Io credo di no!
O meglio, una rivista sana no e spiego perchè: il sistema dell'arte è un sistema complesso, che rispettiamo pienamente senza pregiudizi negativi, però è un sistema che è un altro mondo rispetto a quello di una rivista come la nostra. Quando una rivista interagisce con questo sistema immancabilmente diventa funzionale e strumentale, quindi più che modificarlo diventa una forma di rappresentazione del sistema.
Ci sono riviste che lavorano in quel senso e si possono permettere di vivere in tranquillità, garantendo un futuro alla propria pubblicazione.
Credo che la presunzione di modificare il sistema non ci appartenga. Ci interessa invece coinvolgere gli artisti in altri tipi di esperienze, in un tipo di esperienza estetica che è fuori dal sistema, che non fa parte della rete dei musei, gallerie, etc. e che però allo stesso tempo paradossalmente riesce a trovare il sostegno di realtà interne al sistema, che sentono il bisogno di un luogo come Janus.

E' importante per voi riuscire a raggiungere anche un pubblico di non addetti ai lavori?

Il fatto che Janus non sia diretto solo al pubblico dell'arte deriva dal fatto che da sempre pubblica interventi di autori che appartengono all'ambito della filosofia e della ricerca scientifica. Ha una tiratura relativamente limitata (2000 copie) rispetto ad altre riviste d'arte, questo testimonia del fatto che non è un progetto divulgativo, inevitabilmente ha una sua dimensione elitaria, però senza alcun tipo di snobismo.

E cosa comporta essere entrati nella community di UnDo.Net con Magazines?

E' molto utile perchè noi abitualmente non pubblichiamo i contenuti interni della rivista sul nostro sito.
Il progetto Magazines ci permette di guardare con maggiore attenzione anche quello che le altre riviste fanno. Mi rendo conto che il rischio di rinchiudersi nella propria esperienza editoriale e di percepirla come unica, giusta e autonoma è una situazione che va assolutamente evitata e tutti quegli strumenti che ti consentono di evitarlo, che siano i simposi delle riviste in cui si è costretti a confrontarsi o, come nel vostro caso, progetti che invitano ad una lettura delle diverse pubblicazioni è molto utile e poi è un'esperienza divertente vedere stili così eterogenei, ti accorgi subito degli stili di scrittura e di modi di parlare dell'arte totalmente diversi.

Come valutate la vostra partecipazione a Magazines? Cosa vi ha spinto a partecipare? Qual'è l'aspetto più interessante di questa collaborazione?

Da un punto di vista quantitativo quando appare un contributo in Magazines, notiamo che molti visitatori provenienti da Undo arrivano al nostro sito. Al di là di questo aspetto quantitativo, qualitativamente è molto positivo per le ragioni a cui ho già accennato, il confronto e la messa in prospettiva della propria ricerca editoriale.

Qual'e' la domanda che ti piacerebbe di piu' sentirti fare, e naturalmente poi quale sarebbe la risposta?

Come fa Janus ad apparire nel bookstore del Centre Pompidou con a fianco da un lato ArtForum e dall'altro Frieze? È un mistero.

Immagini:
Cover di Janus n. 22, giugno-dicembre 2007.
Edward L. Gardner, Book of Real Fairies, London, Theosophical, 1945. Tratta da Janus n. 21
Diana Blok - Mario Broekmans, Invisibles Forces, Amsterdam, 1983. Da Janus n.21
Cover di Janus n. 20, giugno-dicembre 2006
Luca Vitone, L'ultimo viaggio, 2005. Foto di Fulvio Richetto, courtesy Franco Soffiantino. Da Janus n.20
Luca Vitone, Eppur si muove, 2003. Courtesy Galleria Emi Fontana. Da Janus n.20
Mark Wallinger, Ecce Homo, Foto (c) Claudio Abate. Da Janus n.20
Bert Theis, Untilted/Untitled, light. Tratta da Janus n.20
Foto di Giancarlo Brunetti tratta da Janus n.20
Cover del N.23, Afterimage experiment, progetto speciale di Olafur Eliasson

Una selezione degli articoli di Janus che puoi leggere in Magazines:
The Biennale Syndrome, di Carolyn-Christov Bakargiev su Janus n.22, giugno-dicembre 2007
Fotografie erotiche di fantasmi, fate e presenze invisibili, di Alessandro Bertolotti su Janus n.21, gennaio-giugno 2007
20100, Milano, di Francesca Di Nardo su Janus n.20, giugno-dicembre 2006
Geografie immateriali, intervista a Luca Vitone a cura di Giovanni Iovane su Janus n.20, giugno-dicembre 200

La scheda della rivista

Questa intervista in formato PDF da stampare

Interviste precedenti:
Tiziana Villani, Direttrice di Millepiani
Alessio Ascari, co-direttore di Mousse
Roberto Maggiori - Around Photography
Rosanna Gangemi, Direttore responsabile di DROME magazine
Roberto Lambarelli, direttore di Arte e Critica


Silvia Maria Rossi è laureata in Scienze dei beni culturali, indirizzo storico artistico, all'Università di Brescia, specializzata in Comunicazione e organizzazione dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle arti di Brera. Ha collaborato con i servizi educativi della GAMeC di Bergamo e con l'archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia. Dal 2006 collabora con UnDo.Net come curatrice del progetto Magazines.

staff@undo.net



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