Avviso ai naviganti 2003. Un battello porterebbe l'opera 'Avviso ai naviganti' in localita' suggestive del mediterraneo, in siti che si distinguano per la bellezza del paesaggio o, al contrario, per il degrado in cui versano. In ogni luogo toccato dall'imbarcazione Fermariello intenderebbe lasciare traccia del passaggio del viaggio, posizionando in maniera definitiva un mulino a vento: lo stesso che l'artista presenta oggi a Palermo insieme ai suoi bianchi 'naufraghi'.
Presentazione del progetto
AVVISO AI NAVIGANTI 2003
Telimar, Palermo
A cura di Marco Izzolino
"Organizzazione Ass. Cult. Exagono, Palermo, in collaborazione con mimmo scognamiglio artecontemporanea, Napoli"
Venerdì 25 - Sabato 26 - Domenica 27
Settembre 2003
Giornalisti, critici, artisti, appassionati o semplici curiosi sono
invitati a partecipare alla presentazione di questo progetto ambizioso,
ma molto curioso, che tenta di aprire all'arte contemporanea territori
da essa fino ad ora ben poco esplorati, le acque marine.
Presentazione ufficiale: sabato 26 - ore 12,00 al Telimar di Palermo.
LA SOSTA D'UN LUNGO VIAGGIO
Questa manifestazione del 2003 a Palermo continua il viaggio ch'ebbe
inizio nel 1999. Questa volta, però, Fermariello intende presentare un
progetto più ambizioso: un vero e proprio viaggio della sua opera lungo
le coste del mediterraneo.
Un battello porterebbe l'opera 'Avviso ai naviganti' in localitÃ
suggestive del mediterraneo, in siti che si distinguano per la bellezza
del paesaggio o, al contrario, per il degrado in cui versano. In ogni
luogo toccato dall'imbarcazione Fermariello intenderebbe lasciare
traccia del passaggio del viaggio, posizionando in maniera definitiva
un mulino a vento: lo stesso che l'artista presenta oggi a Palermo
insieme ai sui bianchi 'naufraghi'.
Il mulino, opera recente di Fermariello (2003) è costituito da una
struttura girevole ad azionamento eolico che ha la forma di una
chiocciola ellittica. Le sue eliche rappresentano busti di antenati:
quegli uomini, la cui influenza psicologica e culturale ha una
rilevanza crescente nello sviluppo di ogni civiltà - come crescente è
la loro dimensione sulle eliche del mulino -, attraverso il ricordo
delle gesta da loro compiute e l'esempio di ciò che materialmente hanno
lasciato ai posteri.
I bianchi 'naufraghi' di Fermariello non narrano soltanto del viaggio
materiale che, oggi come in passato, moltitudini di uomini hanno
intrapreso e intraprendono, alla ricerca di fortuna o per necessità di
sopravvivenza, ma racconta del viaggio inteso come necessaria
condizione umana: necessità di scoperta, di scambio, d'incontro, di
novità , di rigenerazione...
Se 'Avviso ai naviganti' si rivolge all'elemento dinamico del viaggio -
quel mare che più che una barriera costituisce un ponte di scambio tra
civiltà profondamente diverse - la terra, in cui i 'naufraghi'
approdano ed in cui viene piantato il mulino, costituisce una sosta, e,
il vento indica una direzione di spostamento.
Marco Izzolino
MEDITERRANEO - LE STAZIONI DEL CANTO
Sponda di mare, fragile confine, acqua e terra: ai suoi, la storia. Si
alza una pietra,si sposta un pò di sabbia: dal passato riaffiorano
frammenti, memorie, che il vaso del tempo infrangendosi sulla terra ha
disperso in mille cocci. Su di uno di questi, dipinta, la scena di u
naufragio: uomini e pesci che galleggiano sulla ceramica. Accanto, su
un frammento di cratere, in alfabeto calcidico leggiamo: '... Da questa
coppa gusterai le delizie di Afrodite...'. E' ancora il riaffiorante di
un Eros sepolto tra strati di ceneri vulcaniche e mirto, la nostalgia
per una sopita mitezza dell'anima, l'immagine dell'infanzia lontana. Le
figure dei naufraghi 'fanno il morto', come per gioco, sembrerebbero
uomini immersi in un liquido inebriante che sospende la vita e allenta
i legami della terra.
Ma dove ci troviamo: su di un'isola, Ischia, l'antica, Pithecusa;
l'America per quei coloni che un giorno vi si insediarono. Cercavano
materie prime, quei Greci, soprattutto ferro, e con quel metallo
volevano redimere questioni che li avevano spinti a risolvere il
problema altrove. Erano troppi nelle loro case, sulla terra erano di
troppo; anche gli dei lo sapevano, ed erano stanchi di quella soluzione
satura, pronta a precipitare. Gli dei litigavano e presto anche gli
uomini, che di questi non tanto si fidavano. Erano stati loro che,
qualche volta, per alleggerire la terra avevano mandato la guerra e, un
qualcosa che da essa non era da distinguere, la malattia che contagia.
Solo l'esodo, il lungo navigare lontano, poteva riabilitare l'onore di
quegli uomini nutriti e istigati dal canto di un poeta cieco. Finiva un
ordine, ne nasceva un altro. Così erano partiti, e solo il lancio
minaccioso di pietre li avrebbe riaccolti nelle case; inoltre, si
portavano dentro l'angoscia di aver trascurato un obbligo che oggi a
stento riusciamo ad intravedere: la cura dei morti. Gli antenati a
volte sono più lamentosi e viziati dei vivi, non amano lasciare il
suolo, né tantomeno essere trascurati e per chi partiva il suono
sinistro del Meltemi, forte vento greco, doveva farglielo ricordare.
Rimaneva il canto da trasferire con sé e disseminare come le spore in
tutti gli approdi, le isole, con fragili vele, proprio con l'aiuto del
vento, come accade alle piante.
In un'altra parte del mondo, popolazioni australi spostavano sconfinati
orizzonti, nella loro marcia, munite di repertori di canti, di
mappe-spartito che permettevano loro 'come' di srotolare il paesaggio.
Nelle zone limite, di confine con altri simili, erano abituate a
barattarlo, scambiandoselo.
L'autentico canto corale in occidente potrebbe nascere da una pratica
analoga. Cantando si evocano gli antenati che dall'invisibile indicano
la strada che a noi mortali non è data vedere. In seguito quella lunga
strada, scorrendo nel buio come una vena, sotterranea e incerta, doveva
rotolare fino a noi che ne raccogliamo i cocci, dopo tanto tempo,
sparsi.
Oggi faremo nostro uno di questi frammenti, con il motivo dei pesci e
degli uomini che 'fanno il morto'.
Ora che la terra è tornata satura, gli uomini sono di nuovo di troppo e
gli dei sono diventati malattie, è tempo di ripartire. Sentiamo la
necessità di riprendere il cammino sul mare e disseminare come spore,
il nostro naufragio, il nostro canto.
Sergio Fermariello
Telimar, Palermo