Galleria Grazia Neri
Milano
via Maroncelli 14
02 625271 FAX 02 6597839
WEB
James Whitlow Delano
dal 30/11/2008 al 15/1/2009
Lun-Ven 9-13 e 14-18 sab 10-12.30 e 15-17.30

Segnalato da

Paola Riccardi



approfondimenti

James Whitlow Delano



 
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30/11/2008

James Whitlow Delano

Galleria Grazia Neri, Milano

Sulle orme di Tiziano Terzani. "La fotografia di James Delano e' piena di ombre in cui sfumano i contorni di paesaggi e persone alludendo forse a uno stato d'animo che non e' solo di chi fotografa, ma anche di chi e' fotografato. In mezzo ai nuovi scenari l'uomo si muove a tentoni, guarda davanti a se' smarrito, come se la vita nella sua precipitosa fuga in avanti lo avesse lasciato solo sul bordo della strada". (A.Terzani)


comunicato stampa

Questa non è l'Asia di Tiziano Terzani, è l'Asia di James W. Delano. Ma è anche l'Asia di due uomini che in quell'immenso continente hanno fatto un cammino parallelo, intimamente simile, alla ricerca del suo fascino antico, della sua vita straordinariamente ricca e varia che cento anni fa c'era ancora e oggi, dopo millenni di lenta evoluzione, di colpo scompare.

Intorno al 1994, quando Tiziano finiva di descrivere l'Asia da giornalista e fotografo, Delano, senza sapere di lui, cominciò a fotografarla da poeta e artista. Il tocco dei due è diverso, ma c'è in entrambi lo stesso stupore davanti ai resti di civiltà grandiose, subito seguito dal dolore, dominante in Delano, per l'avanzare delle ruspe.

Fu quando Tiziano non si fidò più delle nuove soluzioni politiche, economiche o sociali trovate agli antichi mali che buttò l'occhio sul passato dell'Asia e ci trovò la ragione di amarla ancora. Un decennio dopo Delano si metteva sulla stessa strada e tante belle rovine, tanti bei paesaggi è stato l'ultimo a fotografarli. In una sua immagine della Cina, un viandante s'incammina per il vecchio sentiero che costeggia le mitiche rapide dello Yangzi, evocate nei secoli da dipinti e ballate, oggi soppiantate dalla più grande diga del mondo con le sue le turbine idroelettriche.

Il viaggio dei fotografi in Oriente era cominciato alla fine dell'Ottocento e, fra una guerra e una rivoluzione, è stato per forza di breve durata. Le prime foto, scattate con apparecchi ingombranti, avventurosamente trasportati per nave e poi montati su tavoli piazzati in mezzo a terre ancora immerse nel medioevo, ci mostrano quel che altrimenti non avremmo fatto in tempo a vedere mai: città, muraglie, monasteri di una grandiosità impressionante, anche se prossimi a crollare. L'uomo che ci guarda da quelle foto era povero e consunto, malato e schiavo, ma era maestosamente a casa là dove viveva, come l'uccello è a casa nel proprio nido.

Oggi, di quella magnifica decadenza in cui l'Oriente sonnecchiava da secoli non resta quasi più niente. La Cina si è impegnata in un nuovo Grande balzo in avanti teso alla conquista della modernità. Per riuscirci ha lanciato una sfida totale alla natura, allo spirito e alla tradizione. Non ha più paura di niente e di nessuno, si fida completamente della tecnologia e del danaro. Che l'uomo, questo piccolo, complesso microcosmo al quale per 2500 anni Confucio aveva organizzato la vita, si arrangi da solo con l'aiuto di quelle due nuove armi. E così, forte degli strumenti tecnologici importati dall'Occidente, la modernità invade le vecchie città della Cina, minaccia i suoi romantici paesaggi. Delano vede un antico torrione contrapporsi con spavalderia all'avanzare di una falange di casermoni nuovi. Ma la partita è persa. Lo è dovunque, anche in Indonesia. Non lontani da una barca che solca tranquilla un bel fiume in mezzo alla foresta equatoriale, o dal tiratore di un risciò che si riposa in una strada che sembra uscita da un racconto di Joseph Conrad, camion – i famosi camion dell'Asia ornati di dèi e amuleti, sovraccarichi di gente e di roba – partono traballando sotto il peso di grossi tronchi appena tagliati.

Qualcuno resiste. Specie nei paesi in cui regna ancora una religione qualcuno tiene duro, si attiene al modo di vivere al quale lo avevano educato i suoi padri. Nei grandi spazi fotografati da Delano e attraversati a piedi dai monaci del Tibet o della Birmania, fra i nomadi buddisti della Mongolia coi loro cavalli, nell'Afghanistan dei musulmani, sopravvive ancora qualcosa di libero e di sconfinato che ricorda le avventure di Tiziano.

Anche l'India è più cauta della Cina, forse perché non è stata toccata da una precedente rivoluzione marxista. Delano vede come perfino a Bombay, oggi chiamata Mumbay e già fortemente toccata dalla modernità, l'indiano, tranquillamente seduto ovunque si trovi, in mezzo al traffico urbano o sui binari dei treni, vive sempre fra uomini e bestie, sempre nella certezza di un aldilà che gli è così familiare che già di qua gli tiene compagnia. Per quanto povero, l'uomo in India si tiene bene, si sente ancora un re; la sua donna, che con una pesante cesta in testa si muove aggraziata fra i mille odori di incensi, escrementi, spezie e fiori, è ancora agghindata come una regina. L'India lascia la vita nel suo naturale caos e in queste foto appare ancora bella, vivibile, a misura d'uomo.

La fotografia di James Delano è piena di ombre in cui sfumano i contorni di paesaggi e persone alludendo forse a uno stato d'animo che non è solo di chi fotografa, ma anche di chi è fotografato. In mezzo ai nuovi scenari l'uomo si muove a tentoni, guarda davanti a sé smarrito, come se la vita nella sua precipitosa fuga in avanti lo avesse lasciato solo sul bordo della strada. In Giappone, dove la modernizzazione è cosa fatta, dove nessuno è più lanciato alla riscossa, lo si ritrova, perso e triste, fra le ombre delle proprie percezioni. E' diventato un profugo, un senza terra. La sfida è stata così nuova e così grande che solo pochi sono riusciti a coglierla.

L'uomo, pare dica l'obiettivo di Delano, visto che è dell'uomo che pur sempre si tratta, vive meglio là dove non lo si coinvolge in ciclopiche sfide e innovamenti radicali, dove non gli si fanno grandi promesse, dove la sola via d'uscita rimane quella che porta in su - «upar, upar» - come già aveva concluso Tiziano.

Gli itinerari di James Delano finiscono dove finivano quelli di Tiziano Terzani, a Orsigna.
Una valle solitaria, un Buddha pazientemente seduto dietro una ragnatela...
Quel buddha era di Tiziano.
«Non lo incontrerò mai», dice Delano, «ma è presente come un'ombra».

testo di Angela Terzani Staude
Firenze, gennaio 2008

Inaugurazione lunedi' 1 dicembre 2008 ore 18.30

Galleria Grazia Neri
Via Maroncelli 14 Milano
mostra chiusa la domenica e dal 24 dicembre al 7 gennaio
orari: Lu-Ve 9-13 e 14-18
sabato 10 - 12.30 e 15 - 17.30
ingresso libero

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