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Vegetali Ignoti (2003 - 2004) Anno 8 Numero 19 estate 2002



La necessita' di dimenticare

Raffaele Gavarro



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''Tokyo non ci vuole piu' bene'' Ray Loriga

2001 Odissea nello spazio. Regia Stanley Kubrik

Memento. Regia Cristopher Nolan

"Sono un calcolatore Hal 9000, esemplare numero tre. Sono diventato operativo nelle fabbriche Hal di Urbana, Illinois, il 2 gennaio 1997. La fulminea volpe bruna salta addosso al pigro cane. In Spagna piove principalmente sulle pianure. Dave sei ancora li'?"

Siamo in uno dei momenti centrali di "2001: Odissea nello spazio", David Bowman sta estraendo i blocchi di memoria del calcolatore, come dice lui stesso sta eseguendo la lobotomia di Hal.
Il film proprio in questi giorni torna restaurato sui grandi schermi. 2001 nel 2001. Dopo 33 anni era un appuntamento inevitabile. Per la verità, la prima versione del racconto di 4000 parole, che Arthur C. Clarke aveva intitolato "La Sentinella", ne conta ben 53, intendo di anni. Ma quello di cui voglio parlarvi non ha a che fare con il mitico viaggio, quanto con la memoria.
In modo del tutto casuale, proprio di recente, mi è infatti capitato di vedere uno strano film sull'argomento dal titolo "Memento", per la regia di Cristopher Nolan, mentre finivo di leggere un libro altrettanto strano, "Tokyo non ci vuole più bene", di Ray Loriga. Entrambi hanno a che fare con la perdita della memoria, causata (probabilmente) da un'aggressione nel
film, e debitamente procurata da apposite droghe nel libro. Le conseguenze di questa mancanza, nello specifico della memoria a breve termine, sono per entrambi i protagonisti piuttosto pesanti. Né il mantenimento di quella a lungo termine li aiuterà in maniera determinante a risolvere i problemi causati dall'handicap.
A proposito di queste due tipologie della memoria, ho scoperto che mentre quella a breve termine, relativa a secondi e minuti, sembra essere dovuta a cambiamenti temporanei e reversibili a livello sinaptico, la memoria a lungo termine, che è invece regolata sulla misura delle ore, dei giorni e degli anni, comporta modificazioni stabili nell¹attività neuronale, che includono anche l¹espressione di nuovi geni. Esistono infatti dei geni della memoria, la cui presenza è fondamentale tanto per i ricordi che immagazziniamo grazie alle esperienze che facciamo nell¹ambiente esterno attraverso i diversi canali percettivi (memoria visiva, olfattiva, auditiva, spaziale, fattuale o emotiva), quanto per i processi biochimici di regolazione cellulare che si basano sulla creazione e il mantenimento delle memorie apprese.
Ora che l'uomo è riuscito a mappare completamente i 3 miliardi di nucleotidi che costituiscono il corredo genetico umano e si sta per passare alla fase della loro mappatura funzionale, tra le molte possibilità manipolatorie che s'intravedono c'è anche quella di agire sui geni della memoria. Provate ad immaginare le possibilità che si aprono: alimentare fino all'inverosimile le potenzialità di memoria, come ridurle drasticamente tanto da produrre un uomo che si senta nuovo ogni giorno, senza il peso della storia collettiva e personale.
Questa storia della mappatura genetica ci rende senza dubbio più simili al buon Hal di quanto Clarke e Kubrick non avessero mai osato immaginare e c'è da constatare che un altro desiderio-profezia di Andy Warhol, quel suo "voglio essere una macchina", sia oggi del tutto congruente alla realtà. Ma l'aspetto più interessante è la relazione che c¹è tra tempo e memoria. La stessa psicologia sperimentale, confortata per una volta dalla neurobiologia, parla di due tipi di memorie in base ad una suddivisione temporale. In un ambito meno scientifico e più intuitivo, è possibile aumentare almeno di una tipologia questa scalettatura temporale della memoria, inserendo tra quella a breve e quella a lungo termine, una di tipo medio, che tenga conto di dati appunto medi (giorni, mesi e pochi anni), permettendoci così una migliore adesione, teorica ed interpretativa, tra tempo e memoria.
Ma prima di tutto, per non sottovalutare gli innumerevoli segnali di una certa disponibilità a dimenticare che ci sta indubbiamente caratterizzando nei vari ambiti di attività, quale di queste memorie ci manca, e di fianco, quale tempo? Contrariamente a quello che accadeva ai protagonisti del film di Nolan e del libro di Loriga, non si tratta di quella a breve termine. Questo tipo di memoria ha infatti a che fare con il presente e in una certa misura con il futuro che diviene presente, e potremo definirla dotata della caratteristica della praticità. Non a caso è quella che utilizziamo di continuo in un quotidiano basato sullo scambio veloce tanto delle informazioni che del loro utilizzo, secondo un modello che ricalca appunto quello temporaneo e reversibile degli scambi sinaptici. Di contro, quella a lungo termine è definibile come di tipo sentimentale. Riguarda eventi lontani, che per le caratteristiche del nostro stile di vita, non sono quasi mai utilizzabili e riconducibili al presente. La memoria a lungo termine non ci manca, solo che di fatto è resa inutile dalla contingenza. È sentimentale proprio per questo suo darsi libera dalle esigenze pratiche. Rimane quella a medio termine. Deriva dal presente, ma non è più ad esso collegata, come del resto non è ancora sentimentale, pur potendolo diventare. Di fatto è ad essa che ci rivolgiamo appena possiamo liberarci dagli standard sui quali operiamo e siamo regolati, anche se non la riconosciamo come tale. È infatti andata perduta, sacrificata dalle necessità della memoria a breve termine, o meglio dalle urgenze del presente. Questo accade tanto nella vita privata del soggetto, quanto in quella politica e pubblica, e naturalmente in maniera emblematica nella comunicazione mediatica come in quelle attività artistiche che le sono fisiologicamente connesse.
Ma qual è la causa di questo dimenticare quanto accaduto in una zona temporale intermedia? E soprattutto siamo in grado di valutarne le conseguenze? Assolutamente no, a proposito del secondo quesito, almeno non oltre gli effetti più immediati. Per quanto concerne la causa, determinante appare l'attuale dinamica del flusso temporale, il nostro modo di intenderlo e di viverlo. L¹accelerazione che è determinata e regolata dall'attuale habitat tecnologico in cui siamo, se da una parte ha accorciato la nostra prospettiva di futuro, dall¹altra sta agendo nel senso di un annullamento dei tempi medi.
La sensazione-condizione di essere in un presente ininterrotto, accompagnata da un dimensionamento spaziale di tipo orizzontale, tende infatti ad assorbire tutta la nostra capacità di attenzione e di azione in questa frazione temporale che si presenta senza soluzione di continuità. Il futuro è così assunto come una logica evoluzione di quello che percepiamo come presente, avendo verso di esso aspettative concrete che sappiamo con certezza che saranno realizzate. Il passato remoto, di contro risulta escluso da questa dinamica, essendo separato irrimediabilmente dal presente dal diverso ritmo evolutivo. In esso riconosciamo un generico precedente, ma che valutiamo piuttosto attraverso le differenze. Il passato a noi più prossimo, invece, di fatto collassa nel presente, nel senso che è integrato e superato dal procedere rapido e incalzante del flusso temporale. Gli eventi che al suo interno si sono sviluppati sono sfumati dalla prossimità con quelli dell¹attualità: se sono simili subiscono una perfetta sovrapposizione mimetica, mentre se sono differenti sono semplicemente abbandonati. In ognuno dei due casi l¹effetto è quello di una perdita di memoria localizzata in quest'ambito temporale medio. Si tratta di un procedere pragmatico basato sul concetto di utilità, a cui evidentemente ricorre il nostro antico e fedele istinto di sopravvivenza. Com'è noto, nella sfera individuale, c'è tanto un'utilità del ricordo che un'utilità del dimenticare. La questione è cosa implica un'applicazione sistematica ed estesa all'ambito socio-culturale di quest'ultima.
Raffaele Gavarro