Janus (2006-2010) Anno 8 Numero 21 gennaio 2007
Cosi' l’uomo senz’ombra o il bove e il diavolo dipinto,
In un accesso di silenzio arrecano il danno mortale:
Il naturale parallelo
Dylan Thomas, I, in "My intricate image"
Atto Primo. Nel buio di un teatro parigino, durante i primi giorni della Terza Repubblica, fra lo stupore e l’eccitamento del pubblico, l’immagine di una deliziosa fanciulla lentamente inizia a materializzarsi in una nuvola di fumo luminosa. E’ viva perchè muove le braccia, ma e' una presenza cosi evanescente, così impalpabile che, attraverso il suo corpo, si possono vedere gli oggetti sullo sfondo. Quando poi scompare d’incanto, i presenti ricordano, rabbrividendo, ma con sottile piacere, gli spettri che apparivano e scomparivano nei romanzi neri dell’epoca, scritti da Ann Radcliffe, Charles Robert Maturin e da The'ophile Gautier. Attraverso l’insolito e il fantastico, il sinistro e il meraviglioso, il sogno e la follia, si cercava di fuggire la realtà, anche se per poche ore, di evadere dai valori e dalle fiducie borghesi ñ progresso, solido realismo, sicurezza . Valori che, sebbene in crisi, erano usciti indenni e anzi rafforzati dai roghi della Comune, e continuavano a determinare il gusto del pubblico medio. Nella seconda metà dell’Ottocento, all’apparenza razionale e positivista, ogni forma di racconto popolare e' ancora inserita nel contesto del Romanticismo e unisce, mescola insieme, l’ispirazione religiosa, i miti, le leggende, le interpretazioni metapsichiche, quelle esoteriche, i viaggi in Oriente e la cultura scientifico-naturalista. Nonostante l’inizio di un periodo di grande benessere economico (da cui resta esclusa la classe operaia), ci si oppone alla realtà in tutti i modi: cambiandola, attraverso le scoperte della scienza, o dimenticandola, attraverso romanzi, feuilleton, opere liriche, operette e grand-guignol teatrali.
Come opposizione al positivismo, si afferma anche lo spiritismo, quel sistema mistico-religioso fondato sulla base dell’interpretazione di fenomeni medianici e paranormali, che, nato in America alla fine del 1840, si era poi diffuso in Europa. Sara' paradossalmente proprio la fotografia, la piu' importante delle invenzioni scientifiche coeve, testimone privilegiata dell’esistenza del mondo reale, a comprovare l’esistenza dell’invisibile legame che si puo' stabilire fra i vivi e le anime dei morti. Fotografie di fantasmi, ectoplasmi e fluidi emanati dai medium, prove tangibili dell’avvenuta comunicazione con i morti, comparvero allora sulle lastre fotografiche, soprattutto dopo la fine della guerra civile americana e della Comune in Francia (e in quello successivo alla fine della Prima Guerra Mondiale), quando migliaia (e forse milioni) di morti venivano evocati ogni giorno dai familiari che desideravano rincontrarli. Edouard Isidore Buguet, il primo fotografo francese di fantasmi, inizia nel 1873, dieci anni dopo un suo collega americano, ad accogliere nel suo atelier, non a caso vicino al popolare Théatre des varietés, una clientela eterogenea e credulona che desidera un ritratto con l’immagine dello spirito del defunto. Muovendosi in uno stato di trance ipnotico di gran suggestione per i presenti, il fotografo, completamente padrone della situazione, utilizza una serie di trucchi, dalla doppia esposizione ñ quasi sconosciuta all’epoca - ad un sistema di specchi semiriflettenti che nei teatri venivano già usati in gran segreto dagli illusionisti. Materializza, vicino alla persona ritratta, manichini coperti di un lenzuolo bianco e il viso dalle sembianze umane. Ma dopo appena due anni, le sue fotografie - per alcuni prova evidentissima dell’esistenza dell’invisibile, per altri possibile spiegazione scientifica dell’occulto, ma per i piu' raggiro e truffa - lo portano ad un sensazionale processo per frode e millantato credito.
Buguet ammette - con la vanità dell’attore che si toglie la maschera alla fine dello spettacolo - di essere un impostore come scienziato, ma un artista come fotografo, e diventa così l’eroe di una Parigi dell’immaginario, una città simile ad una complicata Babele, inesistente all’apparenza, ma pur reale, dove dietro ogni luogo ñ manicomio, ghigliottina, tribunale, boulevard, fogne, parchi e piazze - si nascondono superstizioni, favole e racconti fantastici, che compongono la reale e intricatissima identità dei suoi abitanti. Da questo momento le numerose fotografie di fantasmi vendute agli angoli delle strade, nelle librerie e pubblicate su innumerevoli testi, diventeranno una forma di spettacolo a part entière simile a quelli che da li' a poco saranno messi in scena da Georges Méliés.
Se all’epoca, nell’ambiente puritano dei paesi giudaico-cristiani, la spettacolarizzazione dell’invisibile (della vita ultraterrena) era tollerata, la sua componente erotica era invece severamente proibita: era molto azzardato confondere il sacro con il profano. Solo agli Arabi era consentito un Paradiso popolato da voluttuose vergini disponibili.
Ciononostante, una delle prime e rarissime fotografie di fantasma nudo, venne scattata a Glasgow, nel 1896, da Andrew Glendinning e David Duguid, due fotografi inglesi. Uno spirito femminile, piuttosto seducente, con tanto di collier al collo, si materializza mostrando il seno nudo, in una fotografia sfumata, elegante e bella, che ricorda una di quelle del nascente movimento del “pittorialismo”. Una forma di sottile erotismo, molto vittoriano per pruderie e riferimenti iconografici, e' presente nel libro The coming of the Fairies (1922), dove lo scrittore Arthur Conan Doyle - creatore di Sherlock Holmes, il detective che si serve solo della ragione per risolvere i casi più inspiegabili - agnostico da giovane, ma poi fervente seguace dei movimenti spiritisti assai diffusi in Inghilterra, cade vittima di un clamoroso raggiro, scambiando per vere delle fate, truccate e pettinate all’ultima moda, apparse su alcune fotografie amatoriali, scattate, nell’estate del 1917 e del 1920, da due cuginette adolescenti. Nelle immagini le fatine giocano fra di loro, volteggiando, leggere come farfalle, intorno alle graziose ragazze. Lo scrittore - nipote non per altro di Richard Doyle, celebre disegnatore di fate - dopo aver fatto esaminare attentamente le lastre originali dal più famoso esperto dei processi di stampa dell’epoca, giunge alla conclusione che le foto erano vere, e, attraverso il suo libro, le divulga negli ambienti teosofici ed esoterici di tutto il mondo. Ma l’ingenuità di Conan Doyle, non e' poi così innocente, e con il suo libro risveglia l’immaginario erotico dell’epoca. Nell’iconografia vittoriana, la bambina/l’adolescente e' l’eroina della “Curiosità”, ossia dell’azione scatenata, estroversa e disinibita. Come tale, e' una perfetta libertina, pronta a infrangere ogni sorta di tabù. Le due adolescenti con le loro fatine sono pronte a vivere un’eccitante, fantastica (ed erotica) avventura, come l’Alice di Lewis Carroll, quando le appare davanti il coniglio bianco con gli occhi rosa, o la giovanissima Fanny Hill di John Cleveland, loro lontana ascendente, decisa a risvegliare la sua sessualità in un bordello immaginario. Il meraviglioso che si credeva destinato alla fine, era piu' vivo che mai: e' l’inizio del Decadentismo. Si cominciano a riscrivere le favole di Charles Perrault (e a svelarne i suoi numerosi sottintesi sessuali), per un pubblico adulto. Nel 1909, a Vienna, un editore ha l’idea di interpretare in chiave sessuale le favole dei fratelli Grimm, trasformandole in Erotische Marchen. Se una volta le favole erano insegnamenti morali perchè suggerivano che, soltanto affrontando con coraggio il mondo reale, ci si potesse realizzare come uomini, ora, al contrario, sembra suggeriscano che e' bello sfuggirlo. Nei racconti di Jean Lorrain, uno fra i più popolari scrittori di fine secolo, i fantasmi affiorano dagli abissi dell’anima, le fate sono femme fatale che portano alla perdizione; la scienza si arrende a sortilegi, magie, fatti orribili, deliri erotici.
Atto secondo. Ora che il meraviglioso si e' trasformato in perverso e poetico, la fotografia trascendentale, finalmente, può diventare erotica. Alla fine del 1913, esce a Monaco, la mecca di tutti i fermenti artistici, destando un certo scalpore, Materialisations-Phaenomene, dove il tedesco Albert von Schrenck-Notzing, un medico pioniere nella moderna scienza della sessuologia, con l’aiuto della fotografa Juliette Alexandre-Bisson, documenta alcune eccentriche materializzazioni della famosa medium Marthe Beraud, in arte Eva C. Durante alcune sedute, la giovane medium, in uno stato di trance accompagnato da grida e convulsioni, materializza sostanze vischiose e sottili simili alla tela di un ragno. In una fotografia, la medium completamente nuda, e dunque nell’impossibilita' di nascondere qualsiasi trucco sotto le vesti, in presenza della sola fotografa, materializza, come se stesse partorendo, un ectoplasma filamentoso che uscendo dalla vagina, alla fine si trasforma in un fantasma. In un’altra, il suo corpo nudo e' attraversato da un ectoplasma sottile, che, uscito questa volta dall’ombelico, striscia sinuoso sul corpo, sino a materializzarsi come una ragnatela a forma di mutandina, attaccandosi ai capezzoli. Nell’iconografia popolare ed erotica dell’epoca, la tela del ragno era un simbolo sessuale. Il ragno rappresentava la mere-terrible, e l’amante doveva distruggere la sua tela per liberare l’amata da pregiudizi morali e inibizioni, e finalmente avere con lei un rapporto sessuale. E’ probabile che la medium si fosse ispirata sfogliando le numerose pubblicazioni illustrate dell’epoca che ritraevano ballerine seducenti al centro di una tela di ragno negli spettacoli di music-hall come Les Folies Bergére.
Durante la perversa Repubblica di Weimar, uscirono numerose pubblicazioni fotografiche, appena tollerate dal governo socialdemocratico, dove l’occulto era diventato ormai un tema ricorrente dalle esplicite valenze erotiche. Nelle fotografie pubblicate in Leib, Weib und Satan (1927), del famigerato editore e pornografo Ernst Schertel, le donne, sempre nude, reggono fra le mani un teschio, si muovono sicure con movenze complicate e criptiche come sacerdotesse di culti esoterici, o si sdoppiano come fantasmi. Sono donne depravate e dal desiderio impudico, come quelle che appaiono al cinema, basti pensare a Theda Bara e a Louise Brooks. Solo ora che le donne rivendicano un’avvenuta emancipazione sessuale, nel turbine immorale degli anni Venti, la spettacolarizzazione dell’unione bizzarra fra invisibile ed elemento erotico e' pienamente possibile.
Atto Terzo. Cinquant’anni dopo, alcuni fotografi si ispirano al tema dell’invisibile per creare opere erotiche, sospese fra sogno, allucinazione e irrealtà. Nel fotolibro Vrais Reves (1976), l’americano Duane Michals mette in scena storie di fantasmi per spiegare i significati nascosti delle nostre azioni quotidiane. In una sequenza di otto fotografie, una fanciulla dormiente e' in attesa di un uomo che si materializza come un angelo evanescente. Durante il rapporto sessuale, l’angelo perde progressivamente le ali (l’elemento sacrale), diventando un comune mortale, e non sopportando la sua condizione, disperato e spaventato, fugge via. In uníaltra sequenza, lo spirito di un giovane uomo nudo, apparentemente morto e adagiato su un letto, abbandona il corpo, per affrontare una nuova vita. L’uruguaiana Diana Blok e l’olandese Marlo Broekmans, nel fotolibro Invisible Forces (1983), usano il tema dellíocculto per esplorare la (misteriosa) libidine femminile presente in alcuni perversi rapporti sessuali In Fantasies (1978), lo svizzero René Groebli, riallacciandosi alla componente fantastica del decadentismo, come nelle opere pittoriche di Odilon Redon, spalanca le porte del sovrannaturale. Nei suoi fotomontaggi erotici, dalla forte valenza onirica, si materializzano, deflagrando i confini tra mondo reale e irreale, ricordi, fantasie e desideri femminili.